giovedì 29 aprile 2010

I pensieri con cui ti addormenti.

I pensieri con cui ti addormenti, al risveglio, sono come la giacca che qualcuno, da dietro. ti porge da indossare.
Sei di spalle e c'è quell'attimo in cui, senza vedere, muovi il braccio in uno spazio immaginario e cerchi la manica da infilare.
Dura un'istante, un momento in cui ti senti scomposto.
Poi il tuo braccio scivola nella manica, prima uno e poi l'altro, e ti stupisci che la giacca aderisca perfettamente al tuo corpo.

mercoledì 21 aprile 2010

Egli invece non pensa…

Che poi la questione principale del Renzo Bossi su Vanity Fair non è questa robetta di droga, culattoni e cacca sulla pancia.
E nemmeno che Il Trota dichiari "Per me il tricolore identifica un sentimento di cinquanta anni fa" (quando non c'era nemmeno la Playstation, aggiungerei io).

È invece che – apriti cielo – in Italia ha osato dire che ai prossimi mondiali lui non tiferà Italia.

E chi si sente in dovere di rispondergli?
Walter Veltroni!

"Si fa sempre il tifo per la nazionale e il proprio paese. È assurdo che una persona eletta pronunci queste frasi. Purtroppo non c'è da meravigliarsi visto che viene dall'esponente di un partito che continua ad insultare l'unità italiana e la sua bandiera."

Ma com'è che Wally ci cade sempre?

Ma allora… EGLI PENSA!

Intervistato dal prestigioso rotocalco Vanity Fair, also sprach Renzo Bossi:

"Nella vita penso si debba provare tutto tranne due cose: i culattoni e la droga".

Il che, per ricordare le celebri parole di una mia amica ai tempi dell'ISIA, non mi pare escluda, che so?, farsi fare la cacca sulla pancia.

Vai Renzo!

lunedì 19 aprile 2010

Al 100% americano e fottutamente geniale.



Ex Machina di Brian K. Vaughan e Tony Harris è una delle serie a fumetti più divertenti in circolazione e, per come la vedo io, sicuramente tra le meglio scritte nel panorama del fumetto seriale americano.

Finora in Italia ne sono usciti 8 volumi pubblicati da Magic Press, tutti belli da leggere dal primo all'ultimo. L'ottavo me lo sono appena finito seduto su una panchina, bello spaparanzo al sole di Aprile.
Un bel fumetto con il ritmo delle migliori serie tv americane, una panchina e il sole di aprile.
Che volere di più?

Per i miei 5 lettori e 1/2, QUI sono tutti ordinabili.

venerdì 16 aprile 2010

Un germoglio di sentimento.


Lo so, vi dovrei parlare di tante cose.

Tipo che sono usciti dal cilindro i primi nomi degli autori che quest'anno parteciperanno alla terza edizione del Picnic! Festival (li trovate QUI) o che probabilmente durante la prossima Napoli Comicon si incontreranno su uno stesso ring il sottoscritto, tovarisch Ruggiero, Alessandro Bilotta e Carmine Di Giandomenico per parlare del traguardo raggiunto con l'essere tutti sopravvissuti alla pubblicazione del quarto volume de La Dottrina (ma siamo ancora in attesa che Don King confermi luogo, data e ora dell'evento).
Oppure che, con l'arrivo della Disney in casa Marvel, sembra che la nostrana Panini abbia appena perso lo ius primae noctis che aveva da tempo sul licensing internazionale di Spidey & co. (e che, come è stato rivelato con sgùp dal Botterone nazionale QUI, avrebbe pure taglieggiato la Marvel – alla canna del gas ai tempi della stipula del contratto di esclusiva – strappandogli la possibilità di non pagare una roba da due lire come i diritti di esclusiva).
O anche che Marco Rizzo (già padroncino di Comicus e impiegato a mezzo servizio in casa BD) ora siede sulla panchina lunga degli editor Panini (che poi, che il vero significato della parola "editor" in un casa editrice e il ruolo che a Modena intendono con questa parola siano due cose completamente diverse, sarebbe di scarsa importanza ai fini del racconto).

Ma è una così bella giornata di sole fuori dalla finestra e, quindi, a chi volete che interessino queste facezie? Non di certo a me.

Vi racconto allora che dentro di me si nasconde un traduttore inespresso (in buona compagnia di tante altre cose inespresse).
È quello che fa sì che, come editor (oh sì, che bello! Anche io editor, anche io!), scassi le balle fino all'inverosimile al buon Tosco quando traduce Liberty Meadows o PvP. Ma mica perché lo traduce male. Anzi. E solo che il Tosco è uno che sta al gioco, forse perché anche lui si diverte a cercare il virtuosismo di traduzione. O forse perché sa che lo devo ancora pagare… Anche il Maestro Voglino credo che ne sappia qualcosa della mia puntigliosità per le traduzioni (però la bella cavalcata che abbiamo fatto insieme per Casanova, anche se il pubblico italiano quel libro non l'ha capito per un cazzo, è qualcosa di cui, come editore, sono davvero orgoglioso).
È sempre il traduttore inespresso che c'ho nascosto dentro quello che ci gode un sacco quando, a una parola inglese che non conoscevo, riesco ad associarne una di quelle poco usate dall'italiano medio e che invece fanno così bella la nostra lingua.
Tipo, l'altro giorno "ammennicoli" (o "gingilli") per "trinkets".

Tutto questo per dire che cosa?

Due cose.

La prima è che se, per caso, aprendo L'annuario 2010 di Fumo di china vi imbatteste in questo "premio Oscar alla minchiata in un'intervista" (di non mi ricordo chi a Giacomo Bevilacqua, autore di "A Panda piace…"):

(domanda): A Panda piace. E a Giacomo Bevilacqua?
(risposta): Pure.

e decideste di lasciare in edicola la rivista, fareste male perché così facendo vi perdereste un bel pezzo di Leonardo Rizzi sul… problema dei traduttori (che mi ha fatto pensare che, in giro, ce ne dovrebbero essere di più di pezzi così).

La seconda invece è che, come forse buona parte di voi miei attentissimi 5 lettori e 1/2 si è già accorta, questo mese mi sono preso la balla per gli Eels.

Così l'altro giorno, guidando verso casa, stavo traducendo mentalmente il testo di una loro canzone, "Fresh feeling" (molto bella, sia perché inizia con una banalità gratuita di archi, sia perché finisce con un gioioso e liberatorio pestare sui piatti della batteria).

Ero lì che ascoltavo e mi dicevo: "Mmm, sentimento fresco sa di pubblicità per mentine. Nuovo sentimento? Bah, c'ha la stessa forza del pugno di Vicky il Vichingo. E poi c'è già il sentimento nuevo di Battiato. No no, qui un bravo traduttore per renderlo dovrebbe avere una botta di pensiero laterale".

E allora mi è venuto in mente che "fresh" può essere la caratteristica di qualcosa che è nuovo, qualcosa di vivo e appena spuntato.
Qualcosa di fresco sì, ma come un frutto (o una verdura).
Qualcosa di pieno di vita come… un germoglio.

E così l'aggettivo difficilmente traducibile (non tanto per il senso quanto per… il sapore) diventa sostantivo.
Fresh feeling. Un germoglio di sentimento, appunto.

E, mentre pensavo a questa cosa del germoglio, mi è venuta anche in mente la cipolla che la settimana scorsa mi è germogliata nella dispensa: il giorno prima stava lì senza particolari entusiasmi e quello dopo, zac!, sembrava la Pianta de La Piccola Bottega degli Orrori che allungava i suoi tentacoli per conquistare il mondo.
Fateci caso: quando aprite la dispensa e trovate una cipolla germogliata (o anche una patata), avete sempre la sensazione che i tentacoli verdi si siano bloccati nell'esatto momento in cui avete aperto lo sportello della dispensa e che l'alliacea (o il tubero) se ne stiano immobili solo perché sperano che, così facendo, voi non vi accorgiate di loro e dei loro subdoli piani di invasione.
Una cipolla o una patata germogliate ci chiariscono definitivamente la natura aliena delle verdure.
Come i funghi o i broccoli, quelli standard o, pure peggio, quelli advanced – tipo quello che avete trovato in apertura di articolo e che vi domandavate cosa cacchio c'entrasse con ciò che stavate leggendo – che possono solo essere usciti da un sogno bagnato partorito dalla mente di Benoit Mandelbrot).

Detto ciò, ecco qua il testo della canzone degli Eels:

You don't have a clue / What it is like / To be next to you
I'm here to tell you / That it is good / That it is true
Birds singing a song / Old paint is peeling / This is that fresh / That fresh feeling
Words can't be that strong / My heart is realing / This is that fresh / That fresh feeling
Try / Try to forget / What's in the past / Tomorrow is here
Love / Orange sky above / Lighting your way/ There's nothing to fear
Birds singing a song / Old paint is peeling / This is that fresh / That fresh feeling
Words can't be that strong / My heart is realing / This is that fresh / That fresh feeling
Some people are good / Babe in the 'hood / So pure and so free
I make a safe bet / You're gonna get / Whatever you need
Birds singing a song / Old paint is peeling / This is that fresh / That fresh feeling
Words can't be that strong / My heart is realing / This is that fresh / That fresh feeling
That fresh feeling / This is that fresh feeling


Qui sotto invece un video in cui la canzone compare (dedicato al Tosco che dai tempi delle Medie mi sopporta e che, come fan di Scrubbs, conosce tutte le canzoni della serie a memoria):



(comunque, cari i miei 5 lettori e 1/2, "Gingilli inutili"Useless Trinkets – è il titolo di una corposissima raccolta di b-sides degli Eels che trovate ben recensita QUI).

mercoledì 14 aprile 2010

Dio, se per caso esiste, vi stramaledica!

"La Chiesa Cattolica giudica suo dovere predicare l'annuncio del Vangelo a Radio Maria. «Maria, Stella dell'Evangelizzazione, cammina con noi! Guida Radio Maria e sii la sua protettrice». Lo ha detto Giovanni Paolo II.


"La Madre di Dio non ha mai pensato che un giorno avrebbe parlato per mezzo della Radio Maria". Lo ha detto Giovanni Paolo II.


"Radio Maria è bellissima",

da "Programmi settimanali di… Radio Maria (senza scadenza) - Missione cittadina" infilato nella mia cassetta delle lettere (e subito appiccicato qui in studio in bacheca nell'angolo della memoria infame).

Maledetti retrogradi, già intasatori dell'etere, ora pure delle cassette postali!

"I'm Moby Dick and they're after me".


Un post agile (e doveroso, visto che QUI se ne era già parlato) per annunciare che, a otto anni dall'uscita del primo volume, alla fine di questo mese (e in occasione della prossima Napoli Comicon) vedrà finalmente la luce il quarto e ultimo volume de La Dottrina.

La Dottrina è semplicemente un grande fumetto, uno dei più grandi fumetti mai apparsi in Italia.
E "grande" significa tutto insieme "bello, complesso, stratificato, colto, pieno di echi e rimandi alla storia dell'arte e alla letteratura, appassionato, coinvolgente, consapevole del medium e, soprattutto, destinato a imprimere senza mezzi termini al fumetto un percorso".
Grande, insomma.

Lo ha scritto Alessandro Bilotta e Carmine Di Giandomenico lo ha disegnato. Magic Press lo ha pubblicato e gruppo saldatori, in qualità di co-editore, ne ha curato l'editing, la grafica e il progetto di comunicazione.

Senza alcuna inutile modestia e tenendo da parte il discorso sul fumetto (che le chiacchiere stanno a zero: Alessandro e Carmine hanno realizzato un ca-po-la-vo-ro), mi sento di dire che quello che abbiamo fatto noi saldatori con la grafica de La Dottrina rappresenta un unicum nel panorama fumettistico italiano e che, volendo chiudere degnamente, con il quarto volume ci siamo spinti ancora un passo più avanti.
Giocare con la grafica dei regimi per portare alla luce l'immagine di un nuovo regime è stata un'esperienza entusiasmante: dopo Comunismo, Fascismo e Chiesa Cattolica, stavolta è il turno del culto del corpo proprio del Nazismo.

Ovviamente Nazismo a modo nostro.
Perché noi siamo Moby Dick e tutti gli altri possono solo starci alle calcagna.

Se volete guardarvi la copertina per intero (e sfidarvi a scoprire dove andranno a parare le vicende de La Dottrina: sapendo cosa leggere e dove leggerlo, sulla copertina c'è già tutto quello che vi serve a capire) cliccate QUI.

martedì 13 aprile 2010

Fuori Bersani, dentro Ringo Starr.

Da Repubblica di oggi:

"Il Vaticano riabilita i Beatles. Ringo: «E chi se ne frega.»"

L'amore del senzamore.

"Ah, la pianola Hohner suonata attraverso un doppio amplificatore Fender giocattolo. Ci può essere una gioia più grande nella vita?" dice E.

Una canzone che mi fa venire voglia di camminare per strada con i pollici infilati nelle tasche davanti (e che mi ricorda che devo ancora finire di leggere Loveless di Azzarello).


Love of the loveless. Da Shoothenanny (1993)



Non ho molto tempo / E non me ne frega niente / Non dirmi cosa fare / L'uomo sono io / Se c'è un dio lassù / Qualcosa là sopra / Dio fai brillare la tua luce quaggiù / Fai brillare l'amore / L'amore del senzamore


Non ho molti amici / Non mi sono mai sentito a casa / Sempre per conto mio / Più o meno da solo / So come cavarmela / E quando ti senti alle strette / Ce l'ho io qualcosa che ti serve / Ho l'amore / L'amore del senzamore


Tutt'intorno a te / Gente che cammina / Cuori vuoti e voci che parlano / Che cercano / E non trovano / Niente


Non ho molto tempo / E in fondo non me ne importa / Non vendo nulla / I clienti sono avvertiti / Se c'è un dio lassù / Qualcosa là sopra / Dio fai brillare la tua luce quaggiù / Fai brillare l'amore / L'amore del senzamore


Non ho molto tempo / E non me ne frega niente / Non dirmi cosa fare / L'uomo sono io / L'amore del senzamore

lunedì 12 aprile 2010

Canzone per un giorno di tempesta.

"È una lunga storia, ma questa canzone è stata composta dopo tutto il resto dell'album Daisies of the Galaxy ed è stata la compagnia discografica a insistere perché nell'album ci fosse. Il problema era che io non riuscivo a inserirla da qualche parte senza che le sequenza dei brani venisse fatta a pezzi e così, alla fine, ci siamo accordati perché comparisse come bonus track. Quando ho detto al produttore Lenny Waronker qual era il titolo del brano lui ha mimato con le dita una pistola e me l'ha puntata in faccia. E dopo di ciò la mia idea di farne una traccia nascosta dell'album è sembrato a tutti che non fosse poi così male. Credo che Lenny volesse che il titolo fosse Beautiful day ma io sapevo che un paio d'anni dopo gli U2 avrebbero avuto bisogno di quel titolo".
(E parlando di "Mr. E's Beautiful Blues")

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The smokestack is spitting black soot into the sunny sky
The load on the road brings a tear to the Indian's eye
The Elephant won't forget what it's like inside his cage
The Ringmaster's Telecaster sings on an empty stage

God damn right it's a beautiful day Ahah
God damn right it's a beautiful day Ahah

The girl with the curls and the sweet big ribbon in her hair
She's crawled out the window 'cause her daddy just don't care
(Come on!)

God damn right it's a beautiful day Ahah
God damn right it's a beautiful day Ahah

The clown with the frown driving down to the sidewalk fair
Finger on the trigger I tell you he is quite a scare

God damn right it's a beautiful day Ahah
God damn right it's a beautiful day Ahah

The kids fit their lids when their heads hear that crazy sound
Their neighbour digs the flavour still he's moving to another town
(and i don't believe he'll come back)

God damn right it's a beautiful day Ahah
God damn right it's a beautiful day Ahah

And I don't know how you're taking all the shit you see
You don't believe anyone but most of all openly agree

God damn right it's a beautiful day Ahah
God damn right it's a beautiful day Ahah

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PS: Con grande giubilo del Tosco, il pezzo, come si evince dal video qui sotto, compare nella colonna sonora del film Road Trip (o era Euro Trip?)

venerdì 9 aprile 2010

Gamer.


In un mondo diverso (non necessariamente migliore o peggiore: solo diverso) Mark Neveldine e Brian Taylor sarebbero entrambi nome de plume di Ciro Ippolito e Gamer, con estremo sprezzo del pericolo di fronte alla palese violazione del copyright, si sarebbe intitolato Avatar 2: sulla terra.

La trama?
La RDA, fallito miseramente il bìsnis di Pandora e tornata a casa con le proverbiali pive cosmiche nel sacco, cerca di recuperare qualche soldino rivendendosi la tecnologia degli Avatar e creando così tutto l'ambaradano attraverso cui passeggia con poca convinzione il personaggio interpretato da un Gerard Butler che si vede lontano un miglio che pensa a Sparta con grande nostalgia.

Ma purtroppo non è un mondo diverso.

Però, se posso permettermi di dare un consiglio a George Lucas ("e che c'entra George Lucas con Gamer?", direte voi miei fedeli 5 lettori e 1/2. Ciccini, un attimo di pazienza, perdio!), gli direi di buttare via quell'idea di rimandare nei cinema Guerre Stellari con un paio di pezze 3D (dai George, lo sappiamo tutti che ci stai pensando) e di tenere presente l'attore Michael C. Hall (che in Gamer interpreta il cattivo fuori posto) per un bel film ONE-SHOT (basta trilogie George!) che racconti la giovinezza di Palpatine e di come è arrivato a farsi quel nome fetente lì.

Dai George, seriamente, chi se lo aspetterebbe un tuo film tutto dedicato a Palpatine?

giovedì 8 aprile 2010

Mai dire checca.

Ha del notevole il modo in cui la Lucky Red (o chi per lei) si è applicata nell'espungere ogni riferimento gay al lancio del nuovo film interpretato da Jim Carrey (in cui, appunto, lui si bacia un sacco con Ewan McGregor e tu ti domandi che cazzo si fossero fumati al marketing della casa di produzione quando hanno deciso di cacciare i soldi per mettere in piedi questo film. Che poi guardi i marchi dei produttori e capisci che tutti quelli ricchi & famosi devono averlo scansato come la peste 'sto film che invece, da quello che ho letto in giro, oltre ad essere il primo film come registi degli sceneggiatori di Babbo bastardo, è pure bello).

Partiamo dal titolo originale "I love you Philip Morris" che qui da noi diventa uno scialbo "Colpo di fulmine" (salvo poi accorgersi che magari, visto che gli attori principali sono due uomini, dal titolo qualcuno avrebbe potuto nasare lo stesso la gaytudine. E allora ci hanno aggiunto come sottotitolo un rassicurante e masculo "Il mago della truffa").

Passiamo alla locandina.
Questa quella francese:

Abbastanza gay.

Questa quella giapponese:


Completamente gay.

E questa quella italiana:


cioè quella di un film dove c'è un simpatico truffatore talmente bravo da prendere un sacco di identità, compresa quella di uno strano biondo platino in infradito che, chissà perché, se ne sta là in fondo (detto tra parentesi, chi realizza manifesti cinematografici in Italia andrebbe al 97% fucilato e appeso per i piedi. Anzi, tanto per stare sicuri, fosse per me li fucilerei e appenderei per i piedi tutti, che non vorrei mai che, per salvare quel 3% salvabile, ne scappasse qualcuno di quelli che fanno i manifesti di Pieraccioni.)

Comunque gli americani con questo film, per i motivi di cui sopra, devono avere avuto le loro belle gatte da pelare. E infatti ecco la locandina che hanno scelto:



Che cosa racconta? Che è un film con Jim Carrey.
Una roba degna di Occam e del suo celebre rasoio.

Chiudiamo degnamente con il trailer italiano del film che, a questo punto, cari i miei 5 lettori e 1/2, potete giudicare da soli quanto racconti di come il nostro Belpaese veda di buon occhio l'idea che due uomini (o due donne) si possano baciare un sacco (e infatti tutti gli uomini che si baciavano un sacco sono stati fatti accomodare fuori dal trailer insieme al povero Ewan "Philip Morris" McGregor).
E se qualcuno, vedendo questo trailer, pensa che, tra le varie truffe fatte dal protagonista ce ne sia anche una in cui lui si spaccia per gay, beh, e chi siamo noi per non lasciarglielo credere?



(tanto per intenderci, il trailer originale americano era quest'altro. Qualche dubbio qui che Carrey e McGregor durante il film abbiano uno storia?):



ps: comunque Jim Carrey, insieme a Matthew Broderick, aveva già interpretato uno dei film più cripto gay della storia recente del cinema USA: Il rompiscatole (The cable guy), un film che mi conferma che Ben Stiller regista è un grande (che scopro ora, mentre scrivo, che l'aveva diretto lui)
Rivedere per credere.

mercoledì 7 aprile 2010

Adorabili anguille.

Ma quanto mi piacciono gli Eels?
Eoni fa mi imbattei in un loro video (Novocaine for the soul) che proveniva dritto dritto dal loro primo album (Beautiful Freak). Lo trasmetteva a manetta Carlo Massarini quando, in un'Italia assai diversa da questa, tornavi da scuola e, a pranzo, accendendo la tv ci trovavi Massarini che ti parlava di nuove tecnologie.
Bei tempi. Il programma tv era Mediamente (cliccate sul link per vedere chi ci bazzicava dentro e ditemi se oggi, all'ora di pranzo, qualcuno trasmette un'offerta simile).
Il video era questo:



Un po' l'apertura con gracchiare di vinile e batteria sciocca, un po' quegli archi che piombano all'inizio e ti fanno capire subito che si prenderà una strada insolita, un po' la band che vola (e il perfetto momento dello stop) e un po', ovviamente, l'intuizione che l'anima a volte abbia bisogno di un analgesico…beh, gli Eels da quel momento mi si sono ficcati in testa senza più cavarsene.

Pochi mesi dopo, sempre Mediamente, propone il video di Last stop: this town (dal secondo album Electro-shock Blues) in cui il cantante dona la sua faccia a una carota (e in cui, per la prima volta, ho pensato che Mark Everett, il cantante, assomigliasse in modo impressionante al mio amico dell'Isia Daniele Pampanelli, che tra parentesi, gli Eels li amava un sacco).
Questo video:



Non ho problemi ad ammettere che, se non ci fosse stato Novocaine for the soul, questo brano mi sarebbe comodamente scivolato addosso (somiglianza con Pampanelli a parte).
E invece sta dentro un album pieno di bellezza (e tristissimo nei suoi retroscena) che avrei apprezzato solo molti anni dopo (cioè oggi).

Sì, perché a parte Beautiful Freak, io di album degli Eels non ne avevo sentiti altri.
Avevo letto ovunque che Blinking Lights and other revelations era una capolavoro da ascoltare as-so-lu-ta-men-te, che gli Eels per la grafica dei loro album collaboravano più o meno con tutti i fumettisti USA che contano (tipo Seth, Daniel ClowesChester Brown e Adrian Tomine), che il cantante ora si faceva chiamare solo E e che si era fatto crescere una barba imperiale (la mia, in fondo, è un omaggio alla sua anche se credo che ora E la sua se la sia tagliata).
Però non avevo sentito altro degli Eels.
Perché? Credo che fosse una di quelle cose tipo i romanzi di Salinger o i film di Kieslowki: ti dici sempre che prima o poi, nella vita, arriverà quel momento in cui prenderai, ti metterai lì con la pazienza con cui i maschi annaffiano un'ossessione e li leggerai/vedrai tutti.
Non so a voi, ma a me funziona così.

E infatti, complice un lungo articolo di Pulp Libri che, recensendo l'autobiografia di E (Rock, amore, morte, follia e un paio d'altre sciocchezze che i nipotini dovrebbero sapere), elencava (e raccontava) la discografia degli Eels, ho deciso che quel momento era arrivato.
Così il mese scorso, in coincidenza con il mio compleanno, mi sono regalato la discografia degli Eels con cui ora sto martoriando il povero Martino qui in studio (Martino che già teme la metà di Aprile, quando, come già detto un paio di post fa, uscirà il nuovo album dei Gotan Project).

E com'è questa discografia?
Bella, molto bella.
Per adesso ho capito che c'è un primo periodo electro-blues che corrisponde più o meno ai primi tre album, poi un secondo più rock che gira intorno a Soul Jacker (che è un gioiello) e un terzo che più o meno arriva a oggi con End Times e che però non ho ancora affrontato seriamente (per adesso, tra lo studio e gli spostamenti in auto, sto metabolizzando i primi due).

Magari vi dico/scrivo meglio ad ascolto completato.
Per adesso vi rendo partecipi solo di questo pensiero che mi rendo conto che è bizzarro (e in buona parte suggerito dal titolo del loro terzo album, Daises of the galaxy): vorrei vedere un film di fantascienza con la colonna sonora degli Eeels. Fantascienza come quella del fumetto Lupus (e dico Lupus tanto per non intenderci visto che Lupus lo abbiamo letto in tre e, di quei tre, io non l'ho nemmeno finito).

Nel frattempo, se vi va, ascoltatevi la title track dal loro ultimo album.

martedì 6 aprile 2010

Bei tempi…


Ah, bei tempi quelli in cui Jiro Taniguchi lo pubblicava ancora Coconino e potevi leggertelo allo stesso prezzo con cui lo leggi oggi pubblicato da Rizzoli ma  –piccola differenza– stampato su una carta che non ti faceva vedere cosa c'era nella pagina dietro.

Nausea. Disgusto. Un pizzico di rabbia.

Gotan Project Tango 3.0.

Finalmente. Bentornati.
Anche se so che non sarà lo stesso, vi stavo aspettando.

QUI.

giovedì 1 aprile 2010

Tennenbaùscia.

È davvero difficile spiegare Happy Family di Gabriele Salvatores (e probabilmente non c'è nemmeno molto da spiegare. O forse sono io che ultimamente faccio sempre più fatica a seguire – e far seguire – il filo dei miei pensieri).

Comunque sia, che cosa si può dire di un regista che, per il suo ennesimo sbandamento (che tutta la carriera cinematografica di Salvatores in fondo è stato questo, una serie di sbandamenti per riprendersi di un Oscar arrivato troppo presto nella sua carriera) decide programmaticamente di girare un film alla Wes Anderson restando però solo alla superficie di pellicole come I Tennenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou o Un treno per Darjeeling?

Non bastano certo le lunghe carrellate, le carte da parati, i colori vintage e una certa fissità dei personaggi a fare di un film qualsiasi un film di Wes Anderson. E nemmeno condire tutto con la nostalgia delle canzoni di Simon & Garfunkel aiuta a far rivivere a Milano il contesto unico delle pellicole del giovane regista texano.

In Happy Family è tutto molto imbarazzante (l'apice dell'imbarazzo? Un ragazzino con gli occhiali spessi vestito da tennista anni '70, fascia in fronte compresa. Mmm, dove l'avrò già visto?), soprattutto quando ci si rende conto che, in fondo, l'operazione (furbetta?) di Salvatores funziona solo in presenza di un pubblico che si nutre di cinema commerciale o poco più e per il quale la pellicola che sta guardando è prima di tutto qualcosa di diverso dal piattume che si vede in giro.

Il cinema di Anderson però è fatto di personaggi che nascono come figurine ritagliate da un album e, proprio in base a questo, possiedono quella fragilità che le rende in grado di accogliere le nostre emozioni e diventarne perfetti contenitori.
Salvatores invece, per quanto lotti per distaccarsene, è figlio della commedia all'italiana che è tutta costruita sugli attori capaci di farsi maschera: Abatantuono sarà sempre il personaggio Abantantuono, così come Bentivoglio sarà sempre il personaggio Bentivoglio e Margherita Buy rimarrà comunque il personaggio Margherita Buy.
Uno è cinema di personaggi, l'altro cinema di attori. E uno con l'altro non c'entra assolutamente niente.

Detto questo, il film è brutto?
No, tolto il plagio malriuscito di Anderson, resta un film piacevole da vedere.
Si sorride qua e là grazie alla bravura degli attori, la messinscena è dignitosa e pensata (e nel cinema italiano non è sempre così) e il livello metafilmico (che credo derivi dal testo teatrale originale) è presente ma non disturba.
A metà del film Salvatores finge una conclusione con finale aperto ma poi purtroppo torna indietro. Ed è un peccato perché, da lì in poi, ci infila un paio di scivoloni (compresa la videoclippata glamour su Milano by night) e uno sviluppo di trama che normalizzano quel poco che aveva creato nella prima parte del film.
Chiaro, chiuderlo a metà avrebbe significato avere un film monco ma, almeno, l'adagio che prevede che un bel gioco debba durare poco sarebbe stato rispettato.

Sono sicuro che, nei prossimi giorni, vedremo Salvatores ospite di Fabio Fazio che ci spiegherà che il suo film in realtà è un omaggio a Wes Anderson.
Gabriele, una scatola di cioccolatini andava bene lo stesso.