Questa cosa di
The Walking Dead, nel tempo, mi ha insegnato un sacco di cose.
Ad esempio è stato molto istruttivo il viaggio negli
States dello scorso anno per partecipare alla
ComiCon di San Diego, il modo più semplice e diretto per toccare con mano come si è trasformata l'industria del fumetto americano in questi anni in cui si sono accorti dell'esistenza del fumetto a Hollywood e a... c'è un equivalente videoludico di Hollywood?
Ovviamente, tornando a
The Walking Dead, una grande lezione (o, meglio, tante piccole lezioni) l'ho avuta dalla messa in onda della serie televisiva tratta dal fumetto creato da
Robert Kirkman.
The Walking Dead prodotto da
AMC è una serie televisiva di grande successo tratta da un fumetto di altrettanto grande successo.
Questa semplice verità è sempre in primo piano in tutta la comunicazione che, negli USA, viene fatta attorno al marchio
TWD, sia che si parli di televisione oppure di videogiochi, di romanzi, di giochi da tavolo e via dicendo: il fumetto è il centro di tutta l'operazione.
Da questo punto di vista di assoluto
comic pride, la serie televisiva ha prima tirato a bordo tutto il pubblico dei lettori del fumetto (che non ha tradito con una produzione furbetta di qualità mediocre come fanno in molti quando ci sono in ballo i fumetti: e quando leggerete il nostro
The Walking Dead Chronicles – già, quando? – capirete meglio di che cosa sto parlando) e poi tutti quelli che in una produzione televisiva cercano intrattenimento, trama, storia, tensione e possibilmente qualcosa che fino a quel momento non hanno ancora visto (tipo gli zombie).
Da lì il circolo virtuoso che, dalla tv, ha rimandato al fumetto, con sempre nuovi lettori – spesso nuovi lettori di fumetto
tout court – che, grazie alla serie tv di
AMC, scoprono la serie pubblicata mensilmente da
Image Comics.
L'equazione è tanto semplice quanto efficace: crescono gli spettatori, crescono i lettori.
Insomma, da un punto di vista di assoluta e orgogliosa onestà (quello che vedrete in tv è tratto da un fumetto, dichiara costantemente la produzione) l'operazione di
TWD si è rivelata un assoluto successo. Per capirlo basta il dato di domenica scorsa, quando negli States è andata in onda l'ottava puntata, ovvero quella della ripresa di stagione:
8 milioni di spettatori che, contando le repliche, sono arrivati a 10 milioni (la seconda stagione aveva debuttato a 7,2 milioni e si era fermata alla settima puntata a 6,6 milioni. In Italia, gli spettatori sono stati 330 mila, ovvero appena 30mila sotto il debutto del 2010 che era stato un vero e proprio record per
Sky).
Non male vero?
La cosa interessante, però, è anche che, subito dopo la puntata di
The Walking Dead, domenica
AMC ha mandato in onda la prima puntata di
Comic Book Men, una nuova serie prodotta da
Kevin Smith che racconta della varia umanità che ruota attorno a un negozio di fumetti. La puntata, grazie anche alla volata tiratagli da
The Walking Dead, ha totalizzato 2 milioni di spettatori.
Il punto è proprio che, pur con tanti problemi, di là dell'Oceano hanno capito non solo che il fumetto può diventare un tassello importante dell'industria dell'intrattenimento ma anche che, se si vuole che quel tassello funzioni (= generi introiti per gli investitori)
1. non deve essere celata la sua natura di fumetto (perché un fumetto che vende è comunque un prodotto editoriale che vende, ovvero qualcosa che porta soldi a librai, edicolanti, distributori, grafici, impaginatori, tipografi, produttori di carta e via dicendo;
2. si deve fare sistema attorno a quel prodotto, magari, come nel caso di
The Walking Dead/Comic Book Men, facendo seguire ad una serie di successo tratta da un fumetto un'altra serie che abbia al suo interno qualcosa di riconducibile al fumetto e che mantenga su quel canale tv i lettori/spettatori interessati all'argomento "fumetto".
La differenza con la realtà italiana salta all'occhio.
Qui da noi, tranne in alcuni casi illuminati di cui spero di potervi parlare presto (stiamo lavorando per voi... e per noi), che un prodotto X sia derivato da un fumetto non è assolutamente un valore aggiunto.
In generale, in una campagna di comunicazione per un prodotto di questo tipo, questa informazione bene che vada viene messa in secondo piano. Più spesso viene omessa proprio.
E non è un caso che proprio qui da noi si sia assistito al maggior grado di abuso del termine
graphic novel, salvo poi scoprire che quel termine disinfettante applicato al fumetto non è servito a vendere una copia in più di quelle pubblicazioni a fumetti che ce lo portavano appiccicato addosso, con ovvio malcontento di tutta la catena editoriale di cui sopra.
Eppure qui da noi, esattamente come negli USA (ma con numeri ovviamente più piccoli), i lettori del fumetto
TWD aumentano man mano che la serie tv prosegue e, man mano che i lettori del fumetto crescono, crescono gli spettatori della serie tv (quelli ufficiali di
Sky e quelli non ufficiali del popolo del
download). Ma, nonostante ciò, far dialogare questi due mondi portandoli a fare sistema pare impossibile, con il risultato che la programmazione tv e la pubblicazione del fumetto vanno ognuno per la propria strada.
Il problema è che, come si diceva nel post precedente a questo, è proprio il concetto di "fare sistema" che in Italia non è mai esistito.
In Italia esistono – e sono fortissime – la cultura che ognuno possa fare tutto per conto proprio e la tendenza monopolistica a considerare chi è più piccolo come un'inutile complicazione.
Non esiste minimamente la consapevolezza del fatto che fare sistema sposta da un sistema additivo a uno moltiplicativo.
Non sempre è così (e non è stato sempre così nel nostro caso, ci tengo a sottolinearlo), ma spesso sì.
E dal discorso generale, ritorno al fumetto.
Il fumetto oggi, in maniera assolutamente naturale, dialoga con il cinema, la televisione, i
videogame (ma anche con l'industria del
merchandising, dei giocattoli e della gadgetistica) e raggiunge una fascia di pubblico/consumatori dall'età molto ampia.
Roba che i reparti
marketing che studiano le possibili collocazioni e declinazioni di prodotto si sognano di notte, soprattutto in questo periodo di vacche più che magre direi tendenti all'anoressico.
Eppure, anche intorno al fumetto, zero sistema e – chiusura dolente – solo il macro esempio di
Repubblica che dopo centinaia di volumi passati al colore di
Tex non riesce ad azzardare niente di più di un'altra badilata di volumi di
Zagor passati al colore.
Esiste qualcosa di peggio di due realtà che non dialogano per fare sistema? Certo: due realtà che dialogano per non farlo.