lunedì 31 agosto 2009

Ridiculous boy.


Chi si professa anti-berlusconiano e poi pubblica i suoi libri per Mondadori sbaglia e, perciò, è pubblicamente sfanculabile?
Sì, certamente. E per me la cosa si chiude lì. Il dibattito un'altra volta.
Un applauso ad ED!: la sua striscia Bonny-Ed migliora col tempo.

(vi siete fatti ingannare dal faccione di D'Alema? Ma no, che il post non è su di lui…)

mercoledì 26 agosto 2009

Io se fossi emmemmelle.


Mentre giro per la rete, mi cade l'occhio sul blog di Marco Marcello Lupoi in cui l'autore racconta che ha appena finito di leggere Colui che gli dei vogliono distruggere (Guanda), l'ultimo romanzo di Gianluca Morozzi. E sottolinea che il libro gli è piaciuto.

MML è il direttore editoriale del gruppo Panini e, oltre a questo, è una persona che si muove da oltre 20 anni nel mondo dell'editoria a fumetti italiana con un talento e una competenza che molti (me compreso) gli invidiano. Perché, a parte tutto, Lupoi nel suo lavoro ci sa fare e quello che è oggi Panini, in larga parte lo è per merito suo.
Se un giorno MML decidesse di dichiarare chiusa la sua collaborazione con Panini e di dedicarsi ad altri nuovi progetti editoriali, quello sarebbe un grande giorno per l'editoria a fumetti del nostro paese.

Morozzi invece, oltre ad essere un'implacabile macchina sforna romanzi (oltre che racconti, sceneggiature, saggi, articoli e –sospetto– anche bugiardini per medicinali), è quello che svetta sulla copertina di Wired di questo mese mentre è alle prese con la sperimentazione domestica del Ritalin. Insomma, non proprio uno sconosciuto.

Ok, ricordate quel post di qualche tempo fa sull'italico costume di sprecare?
Bene, unitelo alla mia caratteristica di non farmi mai i cazzi miei e otterrete il succo di questo post che, in sostanza è qui per dire a MML questo: se sei tu quello che decide che cosa viene pubblicato in una delle più importanti casi editrici italiane di fumetto supererositico (Panini è comodamente sinonimo di Marvel Comics, cioè supereroi), perché non appena hai finito di leggere un bel romanzo che ti è piaciuto (perché prima di tutto Morozzi è bravo a scrivere) e che ha a che fare con quello che pubblica la tua casa editrice (la storia di Colui che gli dei… è una storia di supereroi con un'intuizione geniale: nell'universo in cui è ambientata la storia i villain sono le rockstar che tutti conosciamo, ovvero gente come David Bowie e Lou Reed) non alzi il telefono e non chiami Guanda per produrne un adattamento a fumetti da far pubblicare alla tua casa editrice?

Di più: perché non tiri dentro lo stesso Morozzi per sceneggiarlo visto che, con Il vangelo del Coyote e Factory, ha già ampliamente dimostrato di avercela nelle corde la sceneggiatura a fumetti?

Panini è fatta in modo tale che, se vuoi, hai la possibilità di pubblicare la stessa cosa in Italia, in Francia e in Germania (più in qualche altra parte del mondo), il che, tradotto, significa poter fare quello che in pochissimi, tra chi oggi produce fumetti in Italia, può fare: minimizzare i costi di produzione.
E quando parlo di produzione non intendo certo quella di un singolo adattamento (un one-shot fa poca cassa) ma, piuttosto, quella di una serie tratta dal romanzo di Morozzi che, alla fine, quello del libro è un universo in cui ci puoi ambientare tutte le storie che vuoi e, se gli dai il la, devi sparargli a Morozzi per farlo smettere di scriverle.

Che il succo del discorso è proprio questo: in Italia sembra proprio che abbiamo perso la capacità di massimizzare quello che produciamo, sembra che siamo in mano a imprenditori (e loro amministratori) che non hanno più nessuna spinta a produrre qualcosa partendo dai vari talenti che, quotidianamente, gli transitano sotto gli occhi.
Di più: sembra che ci sia costantemente uno scollamento tra ciò che piace (e si ritiene di valore) e ciò che, invece, si decide di mettere al centro del proprio business.
Tutti vogliono la hit di vendita pronta e incartata e, lungi dallo sbattersi per provare a crearla (magari per tirarci fuori anche qualche soldo dal venderla poi all'estero), sono pronti solo ad acquistarla da qualcuno che, dall'altro capo del mondo, ha fatto tutto il lavoro che qui nessuno sembra più capace di fare.

Avete presente uno di quelli che oggi negli USA tiene su la baracca Marvel Comics?
Sì, J. Michael Straczynski.
Bene, se alla Marvel qualcuno non avesse deciso di dargli fiducia (ok, dopo che gliela aveva già data la Top Cow), probabilmente oggi sarebbe ancora a sceneggiare per la tv e nelle casse della compagnia di Joe Quesada oggi ci sarebbero molti dollari in meno.

Insomma, cosa serve essere nella posizione di poter decidere se poi non si è in grado di prendere decisioni di questo tipo?

(ovviamente sperando di sbagliarmi e che la stessa idea sia già venuta in mente anche a MML e che l'abbia già messa in pratica).

venerdì 21 agosto 2009

"This is great!"



"This is great!". Queste sono le uniche parole che vengono pronunciate nel trailer di Avatar, il film di James Cameron di cui si sono potute vedere le prime immagini ieri dopo un'attesa durata dieci anni.
Il resto è solo musica, colore (quello degli alieni Na'vi in contrapposizione al grigio spento degli umani, quello del loro ambiente di vita contrapposto al metallo medico/militare) e quell'azione che è l'anima stessa del cinema.

Cameron, più che farci vedere il futuro del cinema, ha sempre avuto il merito di condensare in un'esperienza di un paio di ore il presente della tecnica cinematografica, un presente descritto in modo talmente denso e preciso da divenire immediatamente arte.
Le storie, nel cinema di Cameron, sono narrazione classica, racconto solido che deve molto alla tradizione americana Fordiana. Sono l'impalcatura sicura da cui guardare lo spettacolo visivo (ma poi fintamente sicura: il senso del disturbante percorre e contamina in realtà tutto il cinema di Cameron, comunicando a chi guarda un continuo senso di instabilità del proprio punto di vista e, quindi, in definitiva, della propria opinione).

Insomma, da un trailer è sempre difficile (e sbagliato) giudicare una pellicola però, per adesso, il mio pollice è su per l'onesta scelta nel far vedere senza giocare su un approccio a teaser che, ora, non avrebbe avuto senso, per l'onesta nel mostrare lo svolgimento della trama senza alludere a chissà quali rivelazioni: è una storia d'amore e di guerra.
Cinema onesto. Cinema grande. Finalmente.

Il trailer di Avatar (oltre che qui sopra: doppio clicca –che l'impaginazione del blog taglia sempre via una fetta di immagine– e settatelo sul HD) è visibile QUI mentre, per vedere il film al cinema, bisognerà aspettare il 18 dicembre.
In ogni caso, per quello che riguarda me, se oggi fossi dalle parti Rimini (unico posto in Italia per scelta della 20th Fox, probabilmente temendo le città svuotate dall'italico esodo balneare), mi fionderei sicuramente al cinema per partecipare all'Avatar Day e vedermi in anteprima 15 minuti del film in 3D.

(poi, se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul fatto che, dal punto di vista dell'industria culturale, ormai l'Italia è considerato da tutti "terzo mondo", è sufficiente provare a cercare notizie sull'Avatar Day all'interno del sito italiano di 20th century fox. Buona fortuna.)

mercoledì 19 agosto 2009

Hi, my name is David Lynch.


Il mio eroe di oggi sia chiama Chris Dotson e, per chi è troppo pigro per cercarlo su Google, ho fatto in modo che, cliccando sul suo nome, raggiungiate il suo sito.

Chris ha fatto la sua fortuna con un'imitazione/parodia di David Lynch che è praticamente perfetta, dalla parlata nasale fino ad arrivare alla manina che si muove in continuazione.

Ora Chris ha messo in piedi con Grispin Glover una serie web che, personalmente, non mancherò di seguire.
David Lynch & Crispin Glover's Big Box Office Blockbuster! è la parodia che ogni fan di David Lynch non può perdersi. Fosse solo per la segretaria mimo di David Lynch e lo sguardo stralunato di Crispin Glover (che, a dire il vero, aveva già fatto una comparsata nel Lynch-verso ai tempi di "Cuore selvaggio": era il cugino disadattato di Lula, gran consumatore di sandwich notturni e appassionato "estimatore" del mondo degli insetti), per non parlare del fatto che è molto più godibile di Inland Empire (che, ok, è bello, ma non proprio… immediato).

Ed ecco qui i primi due episodi della serie:







poi tutto il resto lo trovate nel canale dedicato di YouTube.

ps: e se vi domandate perché, nel primo episodio, David Lynch abbia un paio di slip in bocca, la risposta è qui.

lunedì 17 agosto 2009

I promessi sposi: un musical.

…però tutto in dieci minuti (tranne il capitolo di Azzeccagarbugli che non frega niente a nessuno).

Grandi Oblivion!


E il Digital Delivery, baby…

Dunque, si diceva, la Lucasarts sta per far uscire un remake di "The Secret of Monkey Island" che non è niente di più del capolavoro del 1990 con il parlato e una grafica migliorata (che dire HD fa ridere). Ci hanno appiccicato la dicitura "special edition" e tutti sono felici.
Ne abbiamo già parlato qui.

Ma se la notizia di cui sopra fa soprattutto sorridere a chi, come a me, l'edizione a 16-bit con i testi da leggere a video di QUEL gioco andava benissimo (ok George, continua sulla strada di Star Wars che stai andando da dio…), più interessante è quella che Telltalegames pubblicherà a puntate le nuove avventure di Guybrush Threpwood & co. con il titolo di Tales of Monkey Island.

Ecco qua il sito ufficiale e, qui sotto, il trailer:



Telltalegames è fatta di gente che le avventure grafiche le ama davvero: e infatti sono stati proprio loro a rilanciare qualche anno fa il brand Sam & Max con un'operazione finalmente coordinata e pensata. Senza contare che i fondatori Dan Connors e Kevin Bruner provengono proprio da LucasArts.
Insomma, persone di cui ci si può fidare e che, finalmente, ha capito che una nicchia, rapportata a tutto il mondo, è comunque una fetta di mercato interessante.

Anche per Monkey Island la struttura sarà la stessa di Sam & Max: 5 capitoli pubblicati uno al mese che, alla fine, a mo' di telefilm, andranno a comporre una stagione della serie.
I capitoli si scaricano a pagamento dal sito ($34.95 per tutti e 5) e sono giocabili su un PC.
Chi li vuole giocare sulla Wii, invece, se li scarica dal canale Wii Shop di Wii Ware.
Poi, chi ha pazienza, attende che esca il DVD che contiene la stagione completa.

La serie è già iniziata e il secondo episodio "va in onda" il prossimo 20 agosto (e se volete sapere che cosa vi succede, guardatevi il filmato esplicativo very low-file qui sotto).



(…oppure scaricatevi dal sito il demo giocabile del primo episodio).

venerdì 7 agosto 2009

Il mondo è un posto ingiusto.

Se vogliamo parlare di chi è riuscito a raccontare gli adolescenti, allora dobbiamo dedurne che l'universo è un posto ingiusto.
Altrimenti non si spiega che Federico Moccia continui a produrre puttanate mentre John Hughes è morto.
Da una parte Babi e Step e dall'altra Ferris Bueller.


In segno di lutto, stasera tutti con un reggiseno in testa.

mercoledì 5 agosto 2009

Un uber Big Whoop™ per il ragazzo!

Non sono assolutamente un fan delle avventure punta-e-clicca in 3D (anzi, credo che l'avvento del 3D le avventure punta-e-clicca le abbia proprio affossate) però, cavolo, Monkey Island mi manca un sacco…



ps: George, datti una mossa che in giro c'è un sacco di gente che questa storia la ama un sacco. E, tu meglio di altri, lo sai che l'amore deluso genera frustrazione e rabbia.
E sia ben chiaro: non questa cosa rimasticata:



Una storia nuova, George. E che sia assurdamente divertente come le prime due!

(su segnalazione del sempre attento Dave)

I francesi non buttano via niente.

I francesi non buttano via niente. A differenza nostra.
Per non parlare del solito Asterix, prendete Lucky Luke, il cowboy dei fumetti inventato da Morris (ma sicuramente lanciato da Goscinny): cartoni animati, una serie tv (sì, quella con Terence Hill) e ora un film.



Da noi invece, a parte un film su Tex negli anni '80 che nemmeno Giuliano Gemma vuole ricordare e un Dellamorte Dellamore che, in pratica, era un Dylan Dog non ufficiale, non si è mai riuscito a concretizzare –che so?- una serie tv su Lo Sconosciuto (altro che 24), un film tratto dalle storie di Alan Ford (e ci scommetto che, con i soldi giusti, Kusturica lo avrebbe girato all'istante) o, tanto per capitalizzare, un altro Diabolik dopo quello di Mario Bava del 1968.

L'industria italiana del fumetto purtroppo sembra capace solo di farsi scippare Dylan Dog dagli americani (e vedremo che sarà questo Dead of Night) e assolutamente non in grado di farsi tenere in considerazione da cinema e tv come serbatoio di storie potenzialmente filmabili.

Se poi penso allo schiaffo dato in faccia ad autori e lettori con la decisione dell'editore di chiudere con il numero 77 la serie John Doe (cioè, 5 numeri prima di quando gli autori avevano già deciso da tempo –e annunciato– di farla finire) mi convinco che, dalle nostre parti, resta davvero poco da salvare.

Sogno 001.

Cammino e ho un desiderio in mano.
Il desiderio è incartato con della carta di giornale e ha una forma sferica.
Sento che, a tenermelo in mano, questo desiderio mi è d'impiccio. Così decido di appoggiarlo su una mensola dove ci sono altri desideri incartati e di nasconderlo dietro un altro ricordo, così nessun'altro a parte me lo potrà trovare.
Per ritrovarlo, fisso nella mente una parola in francese che identifica il desiderio dietro cui è nascosto il mio.
Poco dopo non mi ricordo più quella parola e immediatamente provo un grande senso di perdita.

martedì 4 agosto 2009

Fucking Hell.


Su segnalazione di chi l'ha vista alla Biennale di Venezia di quest'anno e me l'ha raccontata (grazie Ren!), Fucking Hell, un'installazione di Jake e Dinos Chapman che definire strabordante e disturbante è dir poco e che, in una botta sola, ci riporta ai ricordi d'infanzia dei diorami con i soldatini e ce ne rivela la vera essenza.

Questi due giovani artisti concettuali inglesi, infatti, in due anni di lavoro, hanno messo in piedi una visione tridimensionale che deve molto alle "Cronache di guerra" di Goya (ma io ci aggiungo anche le visioni derivative di H.P. Lovercraft e della Games Workshop) nove terraria di tre metri l'uno disposti a forma di svastica che, esagerando, esasperando e non mediando rendono concreto l'incubo concepito da Hitler e dai suoi, rivelandone la struttura meccanica di progettata distruzione dolorosa della vita.

Cliccando QUI potete vedere il filmato che –ve lo dico a scanso di equivoci– è tanto affascinante quanto disturbante (e quindi peccato per la colonna sonora in stile finto elegiaco assolutamente fuori contesto.).
Ho passato una notte a immaginare che cosa significherebbe un film con persone in carne e ossa fatto esattamente così: una roba da fare impallidire (forse) Salò di Pasolini.

lunedì 3 agosto 2009

I grandi sono stupidi (senza offesa).

Giusto un post veloce per segnalare con grande piacere che fra qualche settimana (il 25 agosto) esce negli USA il libro di un'amica che ancora per un po' sembra che si porterà sulle spalle l'etichetta di "più giovane cartoonist professionista al mondo".

Lei è Alexa Kitchen, il suo libro (per Disney-Hyperion) s'intitola Grown-Ups are dumb! (no offense) e dai tempi della doppia candidatura all'Eisner e all'Harvey Award –all'età di 10 anni: oggi ne ha 12– il suo stile elegante e ironico non ha mai smesso di migliorare.

Se vi interessa sapere qualcosa in più di lei, la Flo l'ha intervistata nel 2008 per il salda-sitp (l'intervista la potete leggere QUI).