venerdì 30 ottobre 2009

Fumettisti non è gente.


"Fumettisti non è gente" amava dire Tiziano Sclavi. E chiunque abbia frequentato anche solo di striscio un fumettista (nell'accezione più ampia del termine) sa bene che nelle parole di Sclavi si nasconde una verità. Quale? Come sempre sta a ognuno di noi trovare la propria.

Fatto sta che per chi "non è gente" la vita non deve essere per niente facile.
Infatti, per usare parole non mie ma che citerò senza accreditare "Quello del fumettista, di suo, è un lavoro incerto. L’insicurezza permea l’esistenza del giovane autore e del pur famoso professionista. Pochi lo ammettono, ma è frequente l’incubo che tiene desto sia il nostro giovane autore – “ dove sarò pubblicato?"– oppure quello che nasce per il serio professionista dopo la nuova ristampa – "ed ora?" –. Allo stesso modo editori e redattori soffrono spesso di complessi di insicurezza, paranoia e ansia di prestazione, specie in questi tempi di crisi economica e di precariato cronico. In questa dimensione di incerta percorrenza ecco che appare sullo sfondo, all’orizzonte dei bisogni del disegnatore, un duo di supporto terapeutico a chi vive nel mondo delle nuvole".

E allora, se le cose stanno così, che fare?
Semplice: come tutti rivolgersi a un buon aiuto psichiatrico specialistico.
Come ad esempio quello del Dott. Bonfatti Massimo e del Dott. Cossi Paolo anche'essi fumettisti ma, soprattutto, inventori del celeberrimo Psychiatric Help for Cartoonist, un prestigioso gabinetto terapeutico nomade nato proprio per aiutare i poveri fumettisti in ambasce.

Ma come funziona questo "aiuto psichiatrico per fumettisti"?
Come spiegano gli stessi Bonfa & Cossi "dall’alto della nostra esperienza, attraverso un collaudato meccanismo fatto di finto ascolto e di elaborazione teorica sublimata in puro cazzeggio, dispensiamo consigli e ricette agli addetti ai lavori per curarli dalle turbe e dai complessi che, notoriamente, li affliggono. L’approccio ironico terapeutico ha dimostrato di essere uno strumento vincente per illudere i pazienti di poter guarire (o al limite di poter convivere con le proprie turbe) e soprattutto un ottimo pretesto per incontrare amici e colleghi".

Quest'anno il prestigioso gabinetto terapeutico dei Drott. Bonfa & Cossi verrà allestito all'interno di Lucca Comics & Games presso lo stand di Lavieri editore nel padiglione in piazza Napoleone. Le sedute si terranno dalle ore 18,00 alle ore 19,00 di sabato 31 ottobre. Dato il tempo estremamente limitato e la quantità di professionisti bisognosi di cure si consiglia di prenotare per tempo la visita presso lo stand. La tariffa è popolare nonchè simbolica.

Naturalmente non c'è bisogno di ricordare che si tratta solo di un gioco (ma nel gioco, come si sa, si nasconde sempre la verità. Quale? Uff, ancora… Ognuno deve trovare la propria!).

lunedì 19 ottobre 2009

Carriera criminale di Clelia C.


Segnalo volentieri che martedì, a Reggio Emilia, Luigi Bernardi e Grazia Lobaccaro presentano la loro nuova e (da me) attesissima opera a fumetti, Carriera Criminale di Clelia C.

Dalla prefazione al volume di Luigi Bernardi: "Carriera criminale di Clelia C. è una storia di camorra. Ho raccontato il sogno camorrista di una donna che si trova per caso dentro il teatro degli avvenimenti, perché figlia di un uomo che di crimine ha sempre vissuto, fino a morirne. Carriera criminale di Clelia C. è una storia di fantasia, anche se un ruolo importante giocano vicende storiche che hanno riguardato la criminalità napoletana: nel primo capitolo il terremoto, il rapimento Cirillo, la guerra fra la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e la Nuova Famiglia; nel secondo la lotta intestina fra i clan della Nuova Famiglia; nel terzo la guerra fra l’Alleanza di Secondigliano e i clan Misso, Mazzarella e Sarno. Sullo sfondo di vicende che hanno scosso la storia di Napoli, ma anche sul filo del progressivo imbarbarimento dei costumi nazionali, ho inseguito il sogno, la rabbia e la determinazione di una donna che apprende da subito le nuove direttrici criminali. Oltre le logiche guerriere dei clan, ho raccontato gli aspetti che raramente ottengono i titoli dei giornali, ovvero come la criminalità faccia presto a ripulire il denaro, investendolo in lucrosi affari immobiliari e nell’altrettanto remunerativo impiego borsistico.
Questo libro contiene i primi tre capitoli, riassunti nel titolo L’ascesa. Negli altrettanti e conclusivi capitoli del secondo volume, Il trionfo, si capirà meglio perché ho scritto questa storia, e come Carriera criminale di Clelia C. faccia parte di un progetto più ampio inteso a raccontare il passato recente ma anche il futuro prossimo di una nazione che non sa più identificare i propri nemici, perché ha scelto di chiudere di occhi e nutrirsi di consolazione."


Martedì 2o ottobre
ore 21
Paguro Caffè Letterario
Via Montezermone 3/A
Reggio Emilia

Imbarazzo perplesso.

Qualche giorno fa Checco Zalone canta questa canzoncina in prima serata su Canale 5:


Una boiata, spero concorderete.
Una roba imbarazzante dal punto di vista di quella che dovrebbe essere la comicità del pezzo, ma resa ancor più imbarazzante dal minuetto con la conduttrice accanto a Zalone.

Ma è così imbarazzante questo pezzo (lo ripeto: QUESTO pezzo, che altri di Zalone mi hanno fatto ridere parecchio) che, il giorno dopo, Pierluigi Battista su Il Corriere della Sera si sente in dovere di sperticarsi in lodi per l'arte di Zalone, mettendosi quindi sulla scia del dibattito su quanta libertà di parola esista oggi in Italia.

Ora non ci vuole un genio per capire che Canale 5 che, nel picco di audience della rete, fa cantare Zalone una canzone che prende in giro il mignotta-gate del Premier è lì per un ben preciso motivo: dimostrare che chi dice che in Italia è a rischio la libertà di parola dice delle cazzate.
E il pezzo di Battista del giorno dopo serve solo a ribadirlo: in Italia si può dire quello che si vuole e Mediaset è talmente libera che in prima serata può addirittura far mettere in imbarazzo il suo padrone da un ritrovato Giovenale.

Ma Zalone non è Giovenale e quella canzone è imbarazzante soltanto per la sua banalità di costruzione ("aridatece Stefano Nosei"). Peggio. Ascoltatelo il testo di quella canzone: non fa che confermare al grande pubblico, con un linguaggio che è in grado di capire, l'immagine che Berlusconi vuole dare di sè.
Altroché satira: quello di Zalone è un panegirico.

Ma allora, se è tutto così chiaro, perché caderci ogni volta? Perché prestargli attenzione e delegargli il compito di denuncia nei confronti della pochezza del Potere?
Sarà mica così difficile rimandare al mittente tutta questa spazzatura? Dirgli "Queste cagate non le vogliamo più. E non le vogliamo più proprio perché è roba vostra, è il vostro modo di raccontare il mondo e quello che stiamo dicendo è che la censura non è sulle cose che si possono dire come cercate di farla passare voi, ma sul modo in cui tutto viene annacquato nella minchionata fino a farlo scomparire, spento nel chiacchiericcio che siete bravissimi ad appiccicare sopra a qualsiasi cosa. Le vostre cazzate, dalla canzoncina di Zalone in su, fateci il piacere e tenetevele per voi."

Renan's bulletin of the week.


Nuovo aggiornamento del bollettino settimanale stilato e inviatomi dal curioso Renan.
Mio solo il compito di copiarlo e incollarlo. Vostro quello di appuntarvi gli eventi culturali che più vi interessano.

================================

Ieri notte a Bologna i Fuck Bottons si sono confermati i nuovi re del clubbing planetario. Ritmo, melodia e rumore in grande stile.

Bon, veniamo a noi, che questa settimana mi sa che sia l'ultima piena di robe segnate. Se avete tempo e voglia di cercarne voi, magare segnalatele. Dunque:


- 19 (lun) Rosebud, Reggio Emilia biglietto unico: Takeshi Kitano: h 20,30: Il silenzio sul mare + Lo fanno tutti? (Getting any?)

(Il primo film è semplicemente un film bello. Ma io segnalo il secondo, con inizio circa alle 22. Quando lo girò, Kitano viveva un periodo di depressione e successivamente ha definito il film il suo "suicidio artistico". Un film genialmente brutto, un delirio comico anche oggi senza paragoni. Se desiderate sprecare il vostro tempo, questo film non lo scorderete più).


- 20 (mar) Raum, Via Cà Selvatica, 4/D, Bologna, h 22: Juan Dominguez / Amalia Fernandez: Shichimi Togarashi

(danza e performance, si mettono in scena i meccanismi di costruzione dell'idea e di interazione tra gli artisti).


- 20 (mar) Lenz Teatro, via Pasubio, 3, Parma: h 21,30 Pathosformel, Concerto per harmonium e città, durata ‘30

(Loro sono il più grande gruppo di danza che abbia mai visto. Per la verità non li mai visti danzare. Riescono sempre a eludere la fisicità con evocazioni e oggetti sorprendenti. In una metafica del corpo rigorosa e davvero suggestiva. Anche qui, visto il titolo, credo si seguirà questa linea. La serata comincia dalle 21, con un video in loop di 10').


- 21 (mer) Lenz Teatro, via Pasubio, 3, Parma: h 21 + h 23: MatteIngvartsen, Evaporated Landscapes, durata ‘40

(Danza fatta di luce, suono, bolle e schiuma, per suggerire l'evaporazione, lo scioglimento, la trasformazione).


- 22 (gio) Casa della Musica, Piazzale San Francesco, 1 - Parma, h 20,30, John Cage: Sexteen dances: flauto, tromba, 4 percussioni, violino, violoncello, durata 55’.


- 24-25 (sab-dom) Libriamodena, prima rassegna di editoria modenese: Sassuolo, centro storico

(Quanti di voi, il lunedì mattina, prima di andare al lavoro, si saranno detti: in questo momento mi ci vorrebbe proprio un libro di una piccola casa editrice modenese. Bon, ora siete accontentati).

giovedì 15 ottobre 2009

E casomai non vi rivedessi…


Per me una buona storia non deve lasciarti non tutte le soluzioni in mano. Un finale, per essere bello, deve riuscire a risolvere e, nello stesso tempo, a restare sospeso. Che tu sia lettore o spettatore, devi chiudere quella storia volendone sapere di più, domandandoti che cosa sarebbe successo poi se fosse andata ancora avanti.
Pensavo esattamente questo riguardando The Truman Show.

Truman Burbank davanti al nero della porta aperta, saluta e se ne va.
E poi? Chissà che cosa gli è successo dopo.
Mi sono domandato un sacco di volte che cosa avrà pensato Truman mentre scendeva le scale, mentre percorreva i corridoi dietro la struttura di quella scenografia che, fino a qual momento, aveva racchiuso la sua vita. Ci sarà stato qualcuno lì dietro? E che cosa si saranno detti? Lo avranno fermato oppure lo avranno lasciato andare? Truman sarà riuscito ad uscire all'aria aperta? Una volta fuori, qualcuno si sarà preso cura di lui? Sarà stato capace di adattarsi a un mondo senza loop? Oppure, ormai abituato a vederli, si sarà accorto di altri loop che noi nemmeno più vediamo? Come sarà stata la sua prima notte nel mondo esterno? Quanto ci avrà messo a capire, accettare e metabolizzare tutto quello che gli era successo? E, alla fine, davanti a tutto ciò, avrà avuto la forza di andare avanti?

Trovo che sia giusto che il film non racconti tutto questo. Lo rende ancora più bello. E rende la malinconia di Christof, il creatore del Truman Show, ancora più profonda.

martedì 13 ottobre 2009

Risplendere nella grandezza dell'odio.

Semplicemente, mi ci sono imbattuto (riguardando Romance & Cigarettes di John Turturro).
Roba vecchia, ma non l'avevo mai vista/sentita prima.
Un uomo uccide una donna, la affoga. Una donna canta della sua morte.
Testi bellissimi, musica splendida, entrambi di Nick Cave.
Voce meravigliosa di Ute Lemper.



Under here, you just take my breath away
Under here, the water flows over my head
I can hear the little fishes

Under here whispering your most terrible name
Under here, they've given me starfish for eyes
And your head is a big red balloon

Under here, your huge hand is heavy on my chest
Ah, and under here, Sir, your lovely voice retreats
And yes, you take my breath away

Look at my hair, as it waves and waves
Sir, under here, I have such pretty hair
Silver, it is, and filled with silver bubbles

Ah, and under here, my blood will be a cloud
And under here my dreams are made of water
And, Sir, you just take my breath away

For under here, my pretty breasts are piled high
With stones and I cannot breathe
And tiny little fishes enter me

Under here, I am made ready
And under here, I am washed clean
And I glow with the greatness of my hate for you

lunedì 12 ottobre 2009

Renan's bullettin of the week.


Il mio amico Renan (il signore in poltrona nella foto qui sopra), mi manda ogni settimana via mail un bollettino in cui segnala gli eventi culturali secondo lui più interessanti che si svolgono nell'area tra Parma, Reggio Emilia, Modena a Bologna (e con qualche puntata anche fuori, come in questo caso Milano per l'inaugurazione della mostra di Edward Hopper).

Siccome gli costa fatica mettere in piedi un suo blog dedicato a me e agli altri che ricevono settimanalmente il suo bollettino, man mano che arriveranno i bollettini glieli pubblicherò io nel mio.
Tanto io quello che segnala Ren magari lo snobbo, ma lo condivido sempre e comunque, perché Ren (come Dave) è il mio eroe.

================================

Dopo l'incredibile Israel Galvan, con il suo flamenco contemporaneo nei sotterranei del castello di Vignola – una roba da brividi– vi segnalo altre cose che credo valga la pena vedere:


- Fino al 31/01/2010: Edward Hopper, Palazzo Reale

Piazza Duomo, 12, Milano, h 9,30 – 19,30, € 9

(la più grande mostra mai realizzata in Italia di Hopper, il pittore il cui lavoro ha anticipato ciò che Raymond Carver o John Fante faranno in letteratura. 160 opere).


- 12 (lun) Rosebud: Un maledetto imbroglio di Pietro Germi, h 21 (1959),

(tratto da Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana di Gadda, quindi è

obbligatorio vederlo).


- 14 (mer) Teatro Sotterraneo: Dies Irae

Teatro delle Passioni, Viale Carlo Sigonio, 382, h 21 – durata 1,15 - € 12

(Sono un gruppo di performer che fanno cose convincenti e con una cifra stilistica riconoscibile. Qui si rappresenta la morte insensata di una società insensata. Vista la quantità di sangue, i bambini vanno lasciati a casa).


- 14 (mer) Presentazione viaggi: Amazonas

sala congressi, viale peruzzi, 7

Carpi h 21 (imprescindibile).


- 14 (mer) Fuori Orario: cena e incontro con Furio Colombo

€ 12 (Ex direttore de L'Unità, editorialista del Fatto Quotidiano. Dedicato a chi pensa che Silvio dovesse vincere il Nobel per la Pace).


- 17 (sab) Fanny & Alexander, South, North, Teatro Comunale, MO, h 17, -

durata 2,40 - €12

(gruppo storico con un progetto di impatto sensoriale: grande buio o luce intensa, suoni, odori, deformazioni visive, per raccontare le vicissitudini dell'anima).


- 17 (sab) Orthographe: Controllo Remoto

Ponte Alto, Stradello Anesino 52/A, MO,

h 19, - durata 0,40 - € 12

(dedicato a chi ama il cinema come invenzione visiva, oltre gli stereotipi figurativi e narrativi dei film da sala cinematografica).


- 18 (dom) Fuck Buttons

h 22 € 10, Locomotive, Via Serlio 25, BO

per arrivarci: via Stalingrado poi a dx prima del cavalcavia

(lo scorso anno sono stati riconosciuti da alcune riviste internazionali come il gruppo che ha creato il disco più bello dell'anno. E forse è vero. Sono all'incrocio tra il noise intelligente e i Beatles. Ottima produzione per un gruppo che spacca davvero e che forse farà scuola).


Arivedres,

Renan.

venerdì 9 ottobre 2009

Indovina la topa.



Con questo post inauguro l'etichetta webberie (dedicata alle mie segnalazioni di siti/blog) e, per l'inaugurazione, vi racconto che ultimamente sono diventato tossico di questo blog dal meccanismo talmente semplice quanto, appunto, in grado di provocarmi vera e propria dipendenza: guess her muff, ossia, tradotto, "indovina come c'ha la topa".

Come funziona il blog?
Ti fanno vedere la foto di una donna (come ad esempio quella della sposa che apre questo post).
Tu la guardi e poi ti devi domandare: "ma come ce l'avrà la topa?".
Le varianti tra cui scegliere sono nature, rasata del tutto, rasata solo un pochino, alla brasiliana e poche altre.
A quel punto clicchi su "Guarda la risposta" e, quando il sito ti mostra la foto senza veli della signorina (o signora) di cui sopra, scopri se hai indovinato.
Semplice e diretto.

Ora, va detto che il meccanismo ludico è ampliamente migliorabile (se indovini o meno, non cambia assolutamente niente), che il sistema di rating è abbastanza inutile (oltre al fatto che non mi trovo per niente d'accordo con chi ha scelto le attuali occupanti del top della classifica), che le foto bonus aggiungono poco all'esperienza interattiva (a parte provare, in quei casi in cui nello scatto non sia visibile il volto del soggetto, l'inequivocabile appartenza della topa in questione al soggetto considerato) e che i commenti cafoneschi degli utenti fanno sembrare un comizio di Bossi una sessione straordinaria dell'assegnazione del Nobel per la poesia.
Cionostante, il sistema quasi lombrosiano con cui a ogni viso femminile più o meno inconsciamente noi maschietti assegniamo la topa corrispondente è quello che permette al blog di funzionare, oltre naturalmente al desiderio vouyeristico (anche qui, più o meno palese) di individuare in quel elenco di donne con la topa all'aria qualcuna che noi conosciamo.

Il pensiero successivo è che, a vedere questo elenco, non puoi non pensare che davvero aveva ragione Califano quando diceva che il successo della Polaroid stava tutto nelle coppie che si volevano fotografare nei momenti di initimità (e questo senza nulla togliere agli storici della fotografia che sostengono che quella erotica è stata il vero motore della diffusione globale della fotografia).

Ma, pur immaginando che parte delle foto pubblicate sul blog siano frutto della vendetta di qualche partner deluso, il pensiero più potente guardando queste immagini è quello di un mondo che vive il sesso allegramente, che considera il corpo una cosa tanto bella da volerselo fotografare a vicenda*, uomini e donne sparsi per il mondo che giocano per il piacere di farlo insieme e che, anche se adesso magari si fanno delle vigliaccate come pubblicare le foto private dell'altro (ma sono convinto che sul blog questi siano una minoranza), un tempo sono state felici e che quindi, in fondo, si sono desiderate.

Nota *: a vicenda fino a un certo punto. A dimostrazione che il mondo femminile è molto più vasto e interessante di quello maschile anche quando, come in questo caso, si parla solo di genitali, il corrispondente maschile di questo blog, inaugurato ad aprile, ad oggi non ha avuto nemmeno un post. Quando si dice "non avere un cazzo da dire"

PS. se vi state domandando come ce l'ha la signorina (anzi, signora, visto che nella foto stava firmando) della foto che apre il post, ecco svelato l'arcano:

(voi lo sapevate che nel servizio fotografico per il matrimonio si potesse chiedere al fotografo di fare anche delle foto così?)

mercoledì 7 ottobre 2009

Lo nostalgia non è più quella di una volta.

Ho sempre trovato tragiche trasmissioni come "Anima mia" e non sono mai riuscito a comprendere chi continua a versare una lacrimuccia ricordando Goldrake e Starsky & Hutch.
Se a questo aggiungete che mi sembrava strano che negli anni '50 avessero il mito degli anni '30 (e infatti non se lo sognavano nemmeno) e che tutta questa invasività della nostalgia per un mondo passato (meglio, nostalgia della rappresentazione di un mondo passato da parte dei media) mi è sempre puzzata di infantile narcisismo punzecchiato dal mercato che ci fa leva per rivendere le stesse cose, potrete ben capire come mi stia prendendo la lettura del libro "L'invenzione della nostalgia" di Emiliano Morreale (Donzelli Editore).

La tesi di Morreale è semplice: la nostalgia che impregna la nostra epoca viene dai media, esiste grazie ai media e per i media. Sono i mass media infatti i creatori, ancor prima che i propagatori su vasta scala, di questa emozione collettiva vissuta da noi tutti che siamo ormai soprattutto consumatori di merci e spettatori.
Come si può immaginare, una cosa del genere annichilisce l'idea di un passato storico e consegna al più forte, a quello con maggior capacità mitopoietica, la sedimentazione di ciò che siamo stati. E, in tutto ciò, se la nostalgia è "il desiderio doloroso di ritornare", meriterebbe una riflessione il fatto che il mercato ci fa desiderare di ritornare in un luogo che lui stesso, avendolo creato, controlla.

Dentro il libro di Morreale si legge questa descrizione in punti di quella che Fred Davis nel suo libro Yearning for yesterday definisce "l'età del narcisismo":

1. mentre in precedenza il paesaggio della nostalgia collettiva era abitato per lo più da persone, luoghi ed eventi di carattere civile e politico, oggi esso è abitato sempre più e forse sempre più esclusivamente da creazioni, personalità e citazioni dei media (…)

2. poiché dalla nostalgia si possono ricavare dei soldi, i media sono giunti a divorare le loro creazioni passate a un livello sempre crescente. Una conseguenza è che il lasso di tempo tra l' "apparizione originale", diciamo, e il suo riciclaggio nostalgico si è ristretto a una frazione di quel che era in passato.

3. perfino quel che passa per essere privato e intimo nelle nostre memorie nostalgiche (tramonti, compleanni, riunioni di famiglia, amici e amori) a causa della pervasività dei mass media nelle nostre vite ha acquisito una qualità più comune, familiare e trasmissibile. Ciò è servito anche a sfumare e probabilmente a confondere quella che un tempo era una divisione interiore abbastanza ben tracciata tra pubblico e privato.

Leggere queste parole fa pensare a quanto fosse profetico il discorso che l'agente Deckard fa all'androide Rachel parlandole dei suoi ricordi made in Tyrrel Corporation.

martedì 6 ottobre 2009

SpazioTempo, by night.

SpazioTempo in versione serale (foto sempre di Fabrizio Orsi).

Dal che si evince chiaramente che tutta l'installazione è fatta per essere visitata dopo il tramonto.


SpazioTempo, by day.

SpazioTempo in versione diurna (foto di Fabrizio Orsi).

Nell'ultima foto, sullo sfondo, si può notare quella che è stata da me nerdisticamente ribattezzata "la poltrona di Concrete".

venerdì 2 ottobre 2009

Bellimbusto.

Ogni volta che sto per dimenticarmi che cos'è il piacere della creatività, tac!, ecco che Elio e le storie tese sfornano un nuovo progetto.
Chi l'ha detto che (in Italia) non c'è gusto ad essere intelligenti?

giovedì 1 ottobre 2009

SpazioTempo.


Gli ultimi mesi qui in studio sono stati dedicati a un bel progetto che ha assorbito buona parte del nostro tempo e delle nostre energie (e che ci ha fatto dire più volte "ma che cazzo ci siamo inventati stavolta?") e che, finalmente, ieri è stato annunciato alla stampa locale.

Il progetto, ideato e realizzato da Alisei (marchio nato dalla collaborazione tra Gruppo saldatori e Tecnosolution) in partnership con Fiere di Reggio Emilia, si intitola SPAZIOTEMPO e debutterà dopodomani all'interno della 21esima edizione di Casa & Tavola, l'appuntamento annuale per Reggio Emilia e provincia (ma anche Parma e Modena, che i corregionali limitrofi non mancano mai di farci una capatina) dedicato alle proposte per vivere la propria casa, arredarla e -perché no?- godersi qualcosa di buono da mangiare.
Lavoro di Alisei a parte, come Gruppo Saldatori, oltre della grafica di tutta l'area, ci siamo occupati dell'art direction, dell'impaginazione e del coordinamento editoriale della rivista/catalogo di 100 pagine dedicata al progetto (e agli espositori che vi partecipano) che verrà distribuita durante la Fiera.

SpazioTempo sarà un'area di circa 600 mq all'interno di Casa & Tavola dedicata esclusivamente ai modi in cui è possibile vivere il benessere nella propria casa, con una proposta delle migliori marche nel campo dell'arredamento, dell'elettronica, dell'hi-fi e dell'home-theatre, dell'illuminazione, della domotica e dei materiali da costruzione che, insieme e coordinati da 3 architetti, presenteranno al pubblico delle vere e proprie installazioni costruite attorno ai loro prodotti.

La novità di SpazioTempo, infatti, è proprio questa: gli espositori (una trentina) sono invitati a partecipare con un proprio prodotto che gli architetti e gli interior designer scelgono di collocare in uno spazio immaginato e progettato da loro stessi.
Cosi facendo si annulla la logica dello stand classico che ormai rischia di rendere le fiere tutte uguali: lo stand dell'espositore invitato a partecipare è TUTTA l'area SpazioTempo e, cosa più importante, sono le sinergie tra gli espositori e i modi in cui esse vengono coordinate dagli organizzatori che diventano la vera forza della proposta al pubblico.

Per chi frequenta il Salone del Mobile di Milano non sto dicendo nulla di nuovo ma, credetemi, il pubblico di Casa & tavola sabato pomeriggio (quando inaugurerà la Fiera) avrà davvero una sorpresa trovandosi di fronte a questa vera e propria scatola bianca che contiene ambienti allagati, pareti in cemento armato e divani fatti di lastre di pietra sovrapposte, ambientazioni quasi oniriche per tavoli, cucine, poltrone, letti e librerie.
Una struttura imponente che faccio fatica a pensare che fino a 10 giorni fa ancora nemmeno esisteva se non in forma di progetto.

Ecco, è montare una fiera di questo tipo che ho scoperto che per me è affascinante.
Il rumore delle martellate e di chi taglia il legno, il vociare di chi lavora, l'odore di polvere e vernice fresca, quel misto di frenesia e "abbiamo noi tutto sotto controllo, perché montare questa roba è il nostro mestiere" insieme alle cose che si inseriscono una nell'altra e diventano giorno dopo giorno concrete, è qualcosa che ho scoperto che mi meraviglia e mi affascina.
Forse perché lavoro tutto il giorno al telefono e davanti a uno schermo e in questo campo non saprei proprio dove cominciare.
O forse perché mi rendo conto che, se prima non ci fosse un lavoro fatto al telefono e davanti a uno schermo, tutto questo non esisterebbe.
Credo che sia l'unione delle due cose che mi meraviglia, la dimostrazione concreta che la diversità e la collaborazione sono alla base di ogni cosa ben fatta.

Ad ogni modo, tutto questo per dire che stamattina sono rimasto 10 minuti buoni ad ammirare i tecnici di Valcucine che stavano montando la loro Vitrum: 8 metri di cucina in vetro e alluminio, tutta illuminata da luci led interne al vetro. Pura fantascienza per me (sì, è quella dell'immagine che apre questo post e dal vivo ti fa veramente rendere conto che c'è ancora chi progetta le cose con la testa, che si può fare arte e avanguardia anche creando arredamento).

Insomma, se sabato siete da queste parti, fate un salto a Casa & tavola e veniteci a trovare a SpazioTempo (o, se non riuscite sabato, tenete conto che la Fiera dura una settimana).
Io sarò quello che vedrete girare incredulo per l'Area che potete vedere nei rendering qui sotto: