lunedì 28 febbraio 2011

Gli zombie a Reggio Emilia.

E così può capitare che un sabato sera, a Reggio Emilia, esci di casa e ti ritrovi in mezzo a quella che se cronologicamente non è la prima zombiewalk italiana come scrive Wired, sicuramente, se consideriamo che delle1700 persone che avevano aderito all'iniziativa su FB la maggior parte si è presentata davvero sul posto in assetto zombie, è stata la più grande zombiewalk tenutasi finora sul suolo italiano (e quindi tra le prime  europee? Mah...).


E può capitare che, il giorno dopo, su tutti i quotidiani locali la notizia svetti in prima pagina, con foto su foto sulle pagine (e in rete, insieme ai primi video) che documentano l'incredibile colpo d'occhio di un centro cittadino invaso da un'orda notturna di zombie.
Cioè, che se la giochi sulle prime pagine dei giornali – perdendo – con la notizia dell'auto di Nadia Macrì messa a fuoco da ignoti incendiari, il che rende palese lo smarrimento dei giornalisti di fronte a quella strana bestia che è la notizia e le priorità che dovrebbero governarne la scelta.



Ma stiamo divagando...



Vabbè, a parte che nei sei felice (una zombie walk a Reggio Emilia per me è un altro sogno che si realizza), ti domandi: ma come mai così tanta gente per una zombiewalk?
Probabilmente il merito è dell'idea vincente dei bravi organizzatori di reggiozombies.com che hanno deciso di ricorrere a questo tipo di flashmob per concretizzare un problema molto sentito in città – e conosciuto anche nelle province limitrofe –, ovvero che il centro di Reggio Emilia per tantissimi motivi oggi... è un mortorio.

È stato questo sentimento condiviso dai cittadini (e quindi trasversale rispetto alle età anagrafiche) ad aver chiamato in centro ieri un vero e proprio fiume di persone che, con la loro partecipazione, hanno scelto di mandare un messaggio all'amministrazione cittadina dando vita a quella che, alla fine, è stata soprattutto un'allegra festa celebrata attorno alla figura degli zombie.



Una lunga passeggiata, bei costumi e trucchi, le fiamme dei mangiatori di fuoco, le pin colorate distribuite ai primi 300 che si sono presentati alla partenza e, soprattutto, la scenografia del centro cittadino e dei giochi di luce della fontana di P.zza della Vittoria, tutti insieme hanno creato un'atmosfera di grande energia che le foto restituiscono solo parzialmente



Per quello che riguarda saldaPress, ci ha fatto molto piacere aver potuto dare una mano ai ragazzi di reggiozombies.com e quindi collaborare all'organizzazione di questa bella iniziativa che, per come la vedo io, candida Reggio Emilia al ruolo di capitale italiana del movimento zombie.



(Altre foto della serata le trovate sulla
pagine FB di zetacomezombie e su quello dell'evento).

mercoledì 23 febbraio 2011

Gianni e le donne.

Parte sornione come il suo protagonista e regista questo nuovo film di Gianni Di Gregorio ma poi, piano piano, ti arriva dentro e finisci per voler un gran bene al film e ai suoi personaggi.
Un po' perché ti fa passare quell'aria unica di Roma in tarda primavera che, ci puoi fare poco, ti apre il cuore e ti fa sentire vivo.
E un po' perché non ridi mai veramente (vero: le vecchiette irresitibili di Pranzo di Ferragosto erano una gag continua, anche se qui Valeria De Franciscis, la terribile mamma quasi centenaria che ritorna, si conferma gigantesca) ma – e te ne accorgi solo alla fine – sorridi per tutto il film.
E far sorridere il pubblico senza rinunciare a delle punte di malinconia mi sembra sempre un atto di grande generosità.



ps: ad un certo punto del film c'è una scena con protagonista la famosa pillola blu – il seguito della clip qui sotto – e, vedendola, non ho potuto fare a meno di immaginare il traffico capitolino tenuto in pugno da questi sessantaequalcosenni che, in numero sempre maggiore, guidano con un occhio alla clessidra (e l'altro... a qualcos'altro) per arrivare "a destinazione" prima che il tempo scada.



lunedì 21 febbraio 2011

Vedi alla voce disonestà intellettuale.

O anche alla voce "semplice minchiata detto da un minchione con l'occhio fisso sul conto in banca, sullo spunto dato da una poverina che, appena vede un minimo di rischio per la propria carriera, si rimangia subito il minimo di idea che le era venuto in mente".



Detto questo, io sono d'accordo con Sgarbi: lui è come la De Filippi.

Note in margine al giusto costo dei fumetti.

Esiste un giusto costo dei fumetti?
Non lo so e, a dirla tutta, nemmeno mi interessa molto.

So che però esiste un giusto costo della carta (che il mio tipografo mi ricorda ad ogni preventivo, facendomi notare che il costo di quella buona non ha mai smesso di crescere), un giusto costo della rilegatura (che, se ben fatta, garantisce che domani potrai ancora leggere il libro che hai acquistato senza che le pagine ti restino in mano), un giusto costo della stampa (che, oltre a rendere bene l'immagine sulla pagina, tiene conto delle materie prime utilizzate e di dove vanno a finire gli scarti di produzione), un giusto costo dei diritti che si pagano nell'edizione di un libro (che, essendo una percentuale, aumentano con l'aumentare della tiratura) e, soprattutto, un giusto costo del lavoro di chi il libro lo sceglie, lo progetta e lo realizza.

Tutti questi costi, insieme, vanno a formare il giusto costo di un libro a fumetti che quindi, come capirete, è proporzionale al tipo di libro che il lettore tiene in mano.
E che, in sostanza, hanno poco a che fare con il fumetto.

È questa la riflessione che mi è venuta in mente leggendo l'editoriale di Paolo Guiducci sul numero di febbraio di Fumo di China (il 189, che vi linkerei volentieri... se ne trovassi traccia in rete).

L'analisi di Guiducci mi sembra tutta spostata concettualmente sul versante edicola, come se l'edicola dovesse automaticamente essere considerato il contenitore naturale di qualcosa che, come il fumetto, ha da sempre una vocazione popolare, quindi, in sostanza, confondendo il linguaggio-fumetto con il formato editoriale-fumetto.
Come se il fumetto in libreria dovesse essere considerata in fondo un'eccezione e non una regola tra le tante.

Su questo errore concettuale di fondo sono anni che si consuma un dibattito infinito che, con il fenomeno degli allegati a Repubblica e via dicendo, ha raggiunto il suo apice, infilandosi in un angolo da cui ormai non se ne esce più.

L'errore di fondo è che l'edicola ha prodotti editoriali da edicola che, quindi, hanno prezzi da edicola e, soprattutto, caratteristiche editoriali da edicola. Che, a parità di fumetto che c'è sopra stampato (Corto Maltese come Born again), non possono essere le stesse di quelle del volume da libreria.

Per cui, dal mio punto di vista, conta poco il pensiero di Gianni Brunoro citato da Guiducci (dall'articolo: "Il decano dei critici del fumetto, Gianni Brunoro, non ha dubbi: le edizioni economiche lo hanno sempre fatto innamorare. Lo ha dichiarato apertamente da queste colonne: niente estetismi e purismi, viva gli economici. Perlomeno  quando la dignità editoriale è fatta salva. Pur di leggere, avanti tutta."), perché non chiarisce, numeri alla mano, come siano fatte queste edizioni economiche che Brunoro e Guiducci avrebbero in mente.

Se infatti parliamo di prodotti a fumetti con caratteristiche editoriali da libreria e non da edicola (ovvero, la maggior parte dei volumi a fumetti che circolano oggi in Italia), siamo di fronte ad una proposta che, praticamente da sempre, è SOLO in edizione economica.

In libreria – pesco a caso – un tascabile Einaudi di 120 pagine oggi costa 15,50 euro.
E stiamo parlando di un prodotto di piccolo formato (14 x 22 cm), stampato a 1 colore su carta ad alto contenuto di lignina (quindi destinato ad ingiallire e macchiarsi velocemente), rilegato senza cuciture a filo (quindi più soggetto a scollarsi e a perdere pagine una volta che la colla si secca) e che l'unico lusso che si permette è quello di avere la copertina con le bandelle.

Oggi anche un volume come quello di Manuele Fior che ha vinto ad Angouleme (un piacere da guardare e da leggere), ha 144 pagine stampate a colori, un formato un po' più grande del tascabile di cui sopra (ma stampato su carta migliore e rilegato con cucitura a filo: ovvero destinato a durare nel tempo) e costa solo 1 euro e mezzo in più del tascabile di cui sopra.
E quindi, a conti fatti, esiste solo in edizione economica.

Ed è qui l'errore di fondo.
Il fumetto avrà sì caratteristiche popolari abbondantemente espresse da tutto quello che da sempre è acquistabile in edicola, ma è ora di togliersi dalla testa che il fumetto, quando mira a raggiungere il prezzo e la qualità standard del prodotto editoriale da libreria (il libro), debba essere considerato automaticamente costoso.

Perché è anche la reiterazione di questo pensiero (sbagliato, sbagliatissimo) che non ha permesso al mercato del fumetto di crescere, che non ha mai educato i lettori (e i librai) al fatto che, a prescindere da quello che c'è stampato sopra, libri e giornali (o giornalini) sono due cose diverse e che, se è vero che editorialmente esistono ottimi libri e pessimi libri, con buona pace dei decani della critica del fumetto, gli ottimi libri non si fanno gratis e, soprattutto, l'edizione degli stessi è parte integrante del piacere che arriva al lettore.

Tradotto: a fronte di un patto CHIARO tra editore e lettore (io, lettore, ti pago un giusto prezzo per quello che tu, editore, pubblichi e mi vendi e che, fàmo a capisse, è un libro, non è un giornalino e nemmeno una stampa digitale di qualcosa libero da copyright che hai pescato dalla rete), la realtà è che oggi i libri a fumetti, quelli ben fatti, hanno nella maggior parte dei casi un prezzo inferiore a quello che sarebbe giusto che avessero.

Poi, da qui, possiamo anche ragionare se il mercato ha più bisogno di libri fatti meglio ad un prezzo più alto o di più libri fatti peggio ad un prezzo più basso ma, per quello che riguarda me e la mia casa editrice, l'esperienza di dieci anni di lavoro mi ha insegnato che la corsa al ribasso alla lunga non paga e che, come lettore, sceglierò sempre e comunque un libro in cui la qualità dell'edizione non sfiguri accanto a quella della storia in esso contenuta.

Boardwalk Empire.

Dunque, 12 puntate da un'ora l'una.
La serie tv creata per HBO da Terence Winter (quello dei Soprano), prodotta insieme a Martin Scorsese e premiatissima agli ultimi Golden Globe (miglior serie drammatica e miglior attore a Steve Buscemi) ci propongono 12 ore di full immersion nel mondo della malavita di Atlantic City del 1920, quindi in pieno proibizionismo.

Ma stiamo parlando di un telefilm?
Direi di no, perché la costruzione cercata da Scorsese e co. è volutamente spostata verso quella cinematografica, non solo per ciò che riguarda costumi e scenografie (ricchi come pochi altri nel panorama tv) ma proprio per la struttura narrativa che, al singolo episodio, preferisce la continuità della narrazione che, appunto, alla fine costituisce un'unica storia raccontata in 12 ore.

Questo per dire cosa?

Per dire che, tolta la cura scenografica, di Boardwalk Empire resta davvero poco dal punto di vista della narrazione dedicata al piccolo schermo (e anche Steve Buscemi. Ok, è Steve Buscemi ma, francamente, qui non stiamo parlando di una recitazione da spellarsi le mani ad applaudire. Anche perché il solito mediocre doppiaggio italiano cancella il tratto caratteristico della voce di Buscemi).

E che se andiamo a paragonare BWE con altri prodotti cinematografici, 12 ore di film di questo tipo annienterebbero chiunque (proprio perché in una narrazione così lunga non c'è nessuna tensione) e non ci sarebbe nessuna competizione con prodotti simili (penso a Gang of New York, Quei bravi ragazzi o Casinò sulla cui scia narrativa BWE mira ad inserirsi).

Credo che siamo di fronte alla dimostrazione che se prendi dei soldi e li investi in tv la critica grida al capolavoro (perché è questa la cosa che emerge maggiormente con BWE: che HBO ci ha investito dei gran soldi), mentre se gli stessi soldi li investi al cinema è quasi sicuro che il tuo prodotto scompaia.

Tradotto: anche se è vero che, negli ultimi anni, la tv più che il cinema è stato il vero serbatoio di idee (e che BWE è anni luce avanti rispetto a qualsiasi cosa che la tv italiana abbia prodotto negli ultimi 30 anni), quella spinta propulsiva sembra ormai conclusa e oggi, in periodo di crisi economica, quello che interessa di più ai produttori è che la tv, ad un costo minore del cinema, permette di raggiungere un pubblico maggiore e, per la felicità degli sponsor, maggiormente individuabile come target per i messaggi pubblicitari.

ps: qualcuno che ha seguito la serie su Sky ha capito perché, a differenza da quello che mostra il filmato qui sotto, il tanto strombazzato pilot diretto – detto onestamente, con la mano sinistra – da Martin Scorsese, nei titoli di testa della messa in onda italiana aveva accreditato un altro regista?

martedì 15 febbraio 2011

lunedì 14 febbraio 2011

Tante persone in piazza contano eccome.

"Quando Berlusconi ha preso il 30% dentro c’era An con il 12% e quindi Berlusconi ha preso il 18%, il 18% del 67% che sono andati a votare è l’11% di quelli che hanno votato, che hanno dato il voto a Berlusconi. L’ 11%, quindi 4 milioni di persone, un partitino del cazzo, un piccolo partitino. È un perdente quest’uomo, è un vecchio senza prostata, senza cappelli che ha perso politicamente, 4 milioni di persone con dieci televisioni, cento giornali, miliardario e senza opposizione è un fallito, è il passato." (Beppe Grillo)

Capite perché minimizzano la manifestazione di ieri? 290 piazze piene piene di persone (1 milione? Non lo so quante, ma comunque tante) che dicono "vattene" contano eccome.
E glielo danno qualche pensiero ad un uomo che ieri - ieri, non certo oggi – lo votavano 4 milioni di persone.

domenica 13 febbraio 2011

Note in margine di 17 anni di fumetto assente.

11 anni di Governo Thatcher hanno portato il fumetto inglese a produrre capolavori che ancora oggi tutto il mondo legge con ammirazione. Ammirazione nei confronti delle opere e degli autori che quelle opere le hanno scritte e disegnate anche come reazione ad uno stato di cose opprimente.

Mi domando allora: nel fumetto italiano, quali sono i segni che possiamo cogliere di questi 17 anni di costante presenza berlusconiana nella vita politica e sociale italiana?

A differenza degli autori inglesi e salvo pochissime eccezioni (penso al DD di Tiziano Sclavi), per i nostri autori sembra davvero che tutti questi anni siano passati inutilmente.

sabato 12 febbraio 2011

Più forte del fuoco.



Solo per consigliare "Torno a casa a piedi", il nuovo album di Cristina Donà, una delle voce più interessanti e originali della canzone d'autore italiana.

Capitan Mutanda trionferà!

Questa sì che è una destra di governo che produce idee e contenuti!

Domanda: "Oh Governo illuminato e ingiustamente perseguitato, di fronte a una crisi di tale portata, io cittadino che cosa posso fare?"
Risposta: "Semplice: mettiti in mutande per manifestare il tuo assenso al tuo arzillo Premier".

Non ci credete? Toh!

(...e, visto il tono delle ultime dichiarazioni di Giuliano Ferrara, direi che mai nome di location per questo tipo di manifestazione fu più adatto.)

ps: e vorrei anche citare Beppe Severgnini: "Volete che gli italiani smettano di guardare dal buco della serratura? Basta aprire la porta per mostrare loro che c'è dentro".

venerdì 11 febbraio 2011

L'evoluzione del topo.

Noto un'insolita convergenza tra il design applicato all'elettronica di consumo


e quello applicato all'industria dei pleasure objects.


(Nota: nella prima immagine del post possiamo vedere il mouse wireless multitouch Magic Mouse prodotto da Apple e, nella seconda, il massaggiatore clitorideo Yva prodotto da Lelo).

mercoledì 9 febbraio 2011

La pacca sulle spalle al supermercato!

Mentre ignari fate la spesa al supermercato il pericolo è sempre in agguato sotto forma di uomini che, avvicinandosi a te, ti danno una pacca sulle spalle somministrandoti strane sostanze.
Ce l'ha rivelato Sara Tommasi in questa intervista e io ora ho paura...



Però non dobbiamo arrenderci alla paura. Mai!

E così ho appena aperto una pagina FB dedicata al pericoloso fenomeno in espansione, così da tenerlo monitorato via via che le persone vengono informate del pericolo che ogni giorno corrono mentre spingono il carrello tra i succhi di frutta e le melanzane.

ANDATECI ORA CLICCANDO QUI!!!!!!

ps: cos'è un lungometraggio di donne? Un famoso film di Fellini del 1980?

The External World.

Ma quant'è bravo David OReilly (di cui parlammo già QUI)?

Prendetevi un quarto d'ora di pausa e guardatevi il suo ultimo short film, The External World: devo decidere se la mia gag preferita è quella del frisbee, quella di Gesù che sfreccia sulle acque con la sedia a rotelle o la casa di riposo per personaggi ACME.

Ma forse il bello è come tutte le situazioni in qualche modo si intrecciano.

(su segnalazione dell'altro Davide).

lunedì 7 febbraio 2011

Aloe Vera.

Una volta l'aloe non c'era. Come la rucola dell'omonima biografia di Enrico Vaime.

Una volta l'aloe era un segreto custodito da chi veniva dal sud del nostro Paese e che, a volte, se la portava appresso sotto forma di foglie tranciate direttamente dalla sacra pianta di famiglia.
"Prova a metterci dell'aloe" ti poteva capitare di sentirti dire dopo un'intensa giornata di sole. Spalmavi e il bruciore spariva. E anche chi ti aveva consigliato quella sconosciuta pianta dalla linfa appiccicosa e densa, lasciandoti con il dubbio che si trattasse di antica magia.

Adesso entri in farmacia e l'aloe è ovunque.
Ci fanno gel. Ci fanno shampoo, saponi, detergenti, doposole, colluttori e sciroppi.
Puro l'aloe si usa anche per curare le gengitivi. Te la spalmi sulle gengive e il fastidio sparisce.
Se hai qualcosa di infiammato, puoi stare sicuro che esiste un prodotto a base di aloe che lo cura alla grande.

L'aloe è la vera rockstar dell'erboristeria, l'unica che, dopo la camomilla – però finita velocemente tra i prodotti non-trendy da scaffale della Coop acquistati dai pensionati – ha saputo abbandonare con stile e grandeur i vasi giganti dell'ambito officinale del primo novecento ed approdare in un tempo brevissimo nel magico mondo dell'industrializzazione.
L'altra che se la gioca più o meno sullo stesso piano dell'aloe e l'arnica. Ma sulla validità della medicina omeopatica il dibattito è ancora aperto.
Per cui non c'è storia. Come dicono i giovani, l'aloe rulla a manetta.

Insomma, tonnellate di aloe che l'industria cosmetica e quella farmaceutica divorano con un picco dei consumi che, negli ultimi 5 anni, si è impennato più velocemente del grafico del rilevatore di cazzate in presenza di Berlusconi.

Però, considerando che per raggiungere la sua massima efficacia, la pianta dell'aloe deve crescere indisturbata per 3 o 4 anni – tempi da universo parallelo per la nostra industria – stamattina, mentre ero in farmacia e ci pensavo, mi è venuto improvvisamente un dubbio: non è che, idratati e rinfrescati, ci stiamo rendendo complici dell'equivalente erboristico dello sterminio della balene e che, passata questa abbuffata verde e appiccicosa, non ce ne sarà più per i posteri?

Comunque sia, lo sappia chi deve saperlo, se avrò una figlia, la chiamerò Aloe.
Aloe Ciccarelli. O anche con due nomi, che fa very important person: Aloe Vera Ciccareli,
Con un nome così, spero vivamente per lei che nasca e cresca figa. Ossia che prenda più dalla mamma che dal papà (patetica captatio benevolentiae la mia, ovvio).

venerdì 4 febbraio 2011

Ci vorrebbe un evento.

Forse in Italia leggiamo ovunque tante chiacchiere intorno al fumetto – troppe chiacchiere – perché da troppo tempo nel fumetto italiano non avviene un vero evento che porti le chiacchiere a zero.
Mi sforzo di pensare qual è stato l'ultimo evento che, come lettore, mi ha coinvolto veramente e mi rendo conto che devo andare indietro con la memoria di tanti anni. Troppi anni.

Nell'inconsciente non c'è negazione.



Anche se è pressoché certo che il terzo capitolo di Manuale d'amore sarà la solita commedia insipida e sciacquetta per tempi insipidi e sciacquetti – cioè, esattamente come gli altri due capitoli che l'hanno preceduto – la canzone di Morgan che hanno utilizzato per il trailer (Altrove) è proprio bella, sia come musica, sia come testi (ma in realtà è tutto l'album La canzoni dell'appartamento ad essere bello).

Quel canuto ragazzo ci aveva fatto sperare bene, ma poi lo sappiamo tutti com'è finita...

giovedì 3 febbraio 2011

Ausmerzen-Vite indegne.

Marco Paolini in tv, su La7, porta in scena l'ennesimo tassello del suo grande progetto di teatro civile (un'operazione quasi disperata in un Paese sempre più incivile), frutto di due anni di ricerche, riflessioni, incontri con testimoni e specialisti (sì, c'è modo e modo di fare le cose).

Ausmerzen è un grande spettacolo, difficile da abbracciare completamente (per la sua complessità, per l'enorme numero di temi e dati che Paolini riversa al suo interno e, soprattutto, per l'argomento che tratta) ma nello stesso tempo costruito con grande attenzione alla grafica, alla regia e alla costruzioni degli spazi teatrali cuciti e tenuti insieme dal corpo e dalla voce dell'attore
Un ragionamento lungo oltre 2 ore sull'eugenetica nazista ma, soprattutto – e ben più importante – su come ogni orrore non sia mai lontano dalla natura umana e, soprattutto, quando avviene è sempre il frutto di un ragionamento, di una cultura, che si è messa in moto molto tempo prima.
E se non si capisce questo, gli errori (e gli orrori) sono destinati a replicarsi all'infinito.

Quello share del 6,44% portato a casa da Ausmerzen (1,7 milioni di spettatori, il 2,8% dei cittadini italiani) è senza dubbi un grande risultato per la rete (che, esempio quasi unico in Italia, ha dimostrato per l'ennesima volta che una tv differente è possibile: nessuna interruzione pubblicitaria, semplicemente perché non avrebbe avuto senso), ma a me sale una sorta di rabbia inconsolabile quando leggo, nella stessa serata, del 18,91% di share degli spettatori di Paperissima o del 26,73% di quelli di Napoli-Inter.

Entrambe quelle percentuali, se confrontate a quelle dello spettacolo di Paolini, ci mostrano che se è vero che la libertà significa che ogni scelta è legittima (anche quella di non sapere, anche quella di non pensare), è anche vero che il nostro è e resta un Paese sostanzialmente ignorante.

(se non avete visto Ausmerzen, lo potete vedere QUI)

Diego says.

Parlando di Angoulême. Perfettamente d'accordo con lui.

(...anche perché, come mi disse una volta il mio Guru – non quello, l'altro – "Diego ha sempre ragione".)

mercoledì 2 febbraio 2011

But I'm gnocc and come from Marocc!

Aspettando la superstoria.

A quando un bel filmino made in Medusa che ribalti in maniera eroica le vicende giudiziarie del nostro Presidente e che ci racconti in un profluvio di fotografia charoscurata i 6 miliardi di processi che ha dovuto affrontare negli ultimi 20 anni per combattere le migliaia di toghe politicizzate capitanate da Ilda la rossa? Una roba tipo un uomo solo impegnato in una lotta titanica per difendere la giustizia e la libertà. Con molta fica.

Questo per dire che, a fumetti, è una storia che ho già letto quest'anno: l'ha scritta Matt Fraction e disegnata Carmine Di Giandomenico per l'Annual 2010 di Iron Man (nota a margine, primo albo Marvel ad essere pubblicato contemporaneamente su carta e in digitale per Ipad)
È la storia del Mandarino, l'acerrimo nemico di Iron Man che, dopo 40 anni di umilianti batoste, capisce che è ora di cambiare marcia: costringerà un regista a girare un film che racconti la sua versione della storia, dove lui è l'eroe difensore della patria (e non lo spietato malvivente di cui parlano le malelingue) e l'uomo in armatura è l'occidentale, rozzo, violento, massacratori di indifesi e usurpatore delle libertà di ognuno che – ed è qui la grandezza – il Mandarino sconfiggerà come ha sempre fatto.

È una storia perfetta, scritta da Fraction con grande stile narrativo (e conoscenza dei personaggi) e disegnata dal nostro Carmine con una bravura che strappa applausi ad ogni pagina.
Ed ho pochi dubbi che sarà questa la storia che quest'anno si porterà a casa l'Eisner.

L'amore va oltre.

E così pare che Nicole Minetti, 25 anni, abbia dichiarato ai magistrati di aver avuto (di avere ancora?) un'amicizia affettuosa con il nostro sorridente ed ultra-settantenne Premier, liason pare nata dopo che il nostro era stato costretto a letto dall'incontro ravvicinato tra il suo labbro e una statuetta del duomo di Milano (e quindi niente baci per un po' nell'amicizia affettuosa).

(Che sia dunque lei la misteriosa fidanzata a cui Silvio accennava nel suo primo video messaggio del 2011, quella del "era presente anche lei a queste feste e quindi figuriamoci se avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa di sconveniente e..."? Ok, tutto chiaro.)

Ma in fondo, povera stella, come non comprenderla?
Il suo tenero cuoricino ventenne e madrelingua non avrà potuto resistere di fronte a quel culone flaccido celebrato con amore dalle intercettazioni telefoniche.
E se non credete che tra un settantaquattrenne e una ventincinquenne possa esistere un'amicizia affettuosa (anche detta "relazione schiumettata e linguaiola") allora siete i soliti comuuuunistiiii!!!!!

martedì 1 febbraio 2011

Eventi epocali per la cultura.

È una grande notizia. Una di quelle per cui se in Italia esistesse davvero una parvenza di industria culturale, ieri l'avremmo letta su tutti i quotidiani nazionali. Ad Angoulême, l'italiano Manuele Fior si è aggiudicato il premio per il miglior libro a fumetti con "Cinquemila chilometri al secondo". E per contare gli italiani che negli anni si sono aggiudicati quel premio così prestigioso, bastano le dita di una mano.

Ora, se non sbaglio, il libro di Fior si era già aggiudicato nel 2010 il premio come miglior libro a Lucca.
Ma se è vero che i premi sono sempre premi (quindi con un loro valore in quanto espressione del plauso di una comunità), è vero anche che i due premi non sono nemmeno lontanamente confrontabili.

Perché? Perché quello della Fiera di Angoulême è, appunto, un premio che matura all'interno di un Paese che da sempre possiede un'industria culturale e, nello specifico, ne ha una dedicata al fumetto.
L'Italia non ha mai avuto nulla di tutto questo, al massimo alcuni momenti di grande vivacità, pochi esempi di artigianato di grande valore e altrettanti di riuscita imprenditorialità. Ma manca assolutamente un collante che tenga insieme tutto questo perché negli ultimi 30 investire nella cultura è sempre stata l'ultima delle priorità di noi italiani (e quindi, a tutti i livelli della vita sociale, la prima da scartare di fronte a qualunque evenienza).

Applaudo con grande felicità al premio che la giuria del Festival di Angoulême ha voluto tributare al 35enne autore di fumetti italiano e consiglio a tutti di acquistare QUI il suo bellissimo libro pubblicato in Italia da Coconino/Fandango.