mercoledì 30 settembre 2009

Porca miseria (umana)!



Avevo ragione? Avevo torto?

Beh, ecco QUI com'è finita.

Se volete ve l'affitto la palla di cristallo grazie alla quale ho previsto "un'eventualità che non si era ancora verificata" e una cosa di cui "nulla era stato ancora deciso".
Ma forse non vi servirebbe come non è servita a me.

Permettetemi di dirlo: se vogliamo parlare di miseria umana, quella è solo di certi personaggi che con la verità evidentemente non hanno mai avuto nessuna frequentazione (e infatti, come ciliegina sulla torta, indovinate chi ritorna al timone di BD? Esatto! E chi dice "Perché? Se ne era mai andato?" è il solito comunista).

ps: e visto che non l'avevo fatto tempo fa quando lo avevo letto, ne approfitto adesso per ringraziare pubblicamente Giorgio Messina che QUI aveva dedicato un lungo pezzo per parlare dell'accaduto, inserendolo giustamente nel contesto più ampio dello stato della critica e dell'informazione fumettistica italiana.

lunedì 28 settembre 2009

District 9.


Ieri ho invitato a cena due amici e ho cucinato per loro.
Ho sminuzzato la cipolla e l'ho fatta appassire lentamente nell'olio caldo.
Poi ho preso il vitello e, insieme alla cipolla, l'ho messo a cuocere in abbondante vino bianco, rosmarino, un pizzico di timo, pochi grani di pepe nero e sale.
Il risultato l'ho fatto raffreddare e poi l'ho affettato.
Il fondo di cottura rimasto nel tegame l'ho passato e messo da parte. Non tutto: un po' l'ho lasciato nel tegame e, aggiungendoci due cucchiai di farina e correggendo con acqua (che il vino c'era già), l'ho fatto cuocere per un paio di minuti per ottenere la demi-glace (poi filtrata per eliminare i grumi).
Ho affettato a rondelle due zucchine e le ho passate in padella con un pizzico di sale e, anche qui, con poco timo.
Poi ho preso del formaggio gorgonzola e, aggiungendoci un po' di latte, l'ho fatto sciogliere in un pentolino a fiamma bassa.
A questo punto, ho impiattato: stesa una leggera base di demi-glache al centro del piatto (grande, che a me piace così), ci ho adagiato sopra le fette di vitello. Sul vitello ho appoggiato le rondelle di zucchine e sopra, a coprire (e a decorare), il gorgonzola fuso.

Non avevo una ricetta da seguire ma solo un punto di partenza (la voglia di cucinare) e uno di arrivo (la cena con gli amici) e, tra i due, una serie di ingredienti da lavorare in modo che i sapori si amalgamassero senza confondersi o annullarsi.

Il cibo e i modi in cui si prepara hanno a che fare con il linguaggio. Ogni linguaggio ha molteplici punti di svolta che ci permettono di dire (e far vedere) una cosa piuttosto che un'altra.
Scelte, percorsi che possiamo seguire ma che diventano interessanti soprattutto per il modo in cui ognuno di noi li percorre. È il percorso che crea il senso narrativo.
Dati gli stessi ingredienti, una volta cotti, potevo frullare il tutto e servire in tavola quello.
Ma sarebbe stato lo stesso?

Mi è venuta in mente questa considerazione ripensando all'atteso District 9 e a tutti i registri linguistico-narrativi che il regista Neill Blomkamp ha voluto ficcarci dentro. Questo che ci mostra sarà anche il futuro del cinema, ma questo cinema che di scelta alla fine ne fa una sola (ossia, non scegliere tra le infinite possibilità del linguaggio visivo ma proporle tutte a chi guarda simultaneamente) non è cinema che fa per me.

venerdì 25 settembre 2009

Citare Altan.

Niente di particolare. Pensavo semplicemente che a volte, nella vita, c'è solo una soluzione per fare immediatamente chiarezza: citare Altan.

mercoledì 23 settembre 2009

Il fatto quotidiano.


Oggi prima uscita in edicola per Il fatto quotidiano.
C'era molta attesa per questo quotidiano che ha dentro firme prestigiose come quella di Padellaro, Colombo, Travaglio, Beha (soprattutto da parte dei lettori di centrosinistra, credo, che più o meno si sono abbonati in 30 mila nei mesi scorsi e che, stamattina, hanno fatto sparire quasi subito le copie distribuite), però, se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, la vedo un po' buia per tutta l'operazione.

La grafica generale è bruttina, ma questo è il meno (però è bruttina lo stesso).
Il problema è tutto l'impianto del giornale che, alla fine, sembra una versione con redazione ridotta de L'Unità. La sensazione che si ha leggendo è proprio quella che manchi una visione d'insieme che, per come la vedo io, è quella che da una redazione permette di creare un quotidiano e che, alla fine, l'unico collante sia il fatto che si deve fare qualcosa concretamente per arginare il dilagare di Berlusconi e della sua Weltanschauung.
Tipo fondare un quotidiano indipendente.

In realtà, nel suo editoriale, Oliviero Beha ci tiene a dire che sbaglia chi pensa che il fatto quotidiano sarà IL giornale anti-berlusconi ma, basandosi solo sulla lettura del primo numero, salta all'occhio che il numero delle volte in cui nello spazio delle 16 pagine del giornale viene nominato Superbanana è imbarazzante.
Chiariamoci: sono convinto anche io che il problema nasca soprattutto dall'invadenza creata dalla figura di Berlusconi (il che porta a nominarlo spesso), ma è anche vero che, di questo passo, si rischia la saturazione anche nei lettori che, come me, sono già d'accordo (e che, diciamocelo, in buona parte andranno a coincidere con gli acquirenti del giornale).
Tradotto: 7,20 euro a settimana per leggermi centinaia di volte che il problema è Berlusconi, non è proprio il mio ideale di buon investimento.

Altro passo falso (dal mio modesto punto di vista): inaugurare un quotidiano con la notizia che la Rai non vuole Travaglio ad Anno Zero (e che in realtà, a sentire quello che dichiara il direttore di Rai 2, farebbe proprio a meno di Anno Zero tout court).
Capisco il problema (e lo condivido), ma diciamo che come prima notizia di una prima uscita di un quotidiano mi sembra un po' mal collocata.

Ci sarebbero anche altre osservazioni da fare (tipo sulla pagina della cultura e quella degli spettacoli) però, visto che ho concesso a Il Fatto Quotidiano la fiducia di una settimana di acquisto e lettura (sono un uomo d'altri tempi), magari vale la pena tornarci su in seguito.

ps: la foto in alto l'ho pescata dalla rete: io infatti dopo Animals, questo mese ho deciso che non me ne frega niente nemmeno di Wired e quindi il nuovo numero l'ho comodamente lasciato all'edicolante che mi ha detto già che farà una fatica boia a venderlo.

giovedì 17 settembre 2009

Facciamo finta che…

Stasera questa me la dedico da solo e per rispondere a chi mi chiede "Come va?"
Con una punta di nostalgia per un tempo lontano in cui non avevo altro fare oltre a sedermi davanti alla tv e attendere che fosse pronto in tavola.

martedì 15 settembre 2009

L'osservatore.

Beh', diciamo che una parte di me continua a credere che si tratti dell'ennesima arma di distrazione di massa, mentre un'altra (quella più acciaccata dalla vita e dalle sue vicissitudini) comincia a pensare che la piena abbia ormai scavalcato gli argini e che il senso del reale sia ormai comodamente dalle parti dell'assurdo. E quindi, perché no?

Comunque sia, se la notizia si confermasse vera, credo che ci sarebbe da appenderlo per gli alluci.

(ma poi, perché stupirsi se anche la Lega si fa gli affaracci suoi con i soldi pubblici? Questo non lo capisco proprio.)

giovedì 10 settembre 2009

…e per tornare su "Lie to me".


Se avete già visto la prima puntata di "Lie to me" che vi segnalavo 2 post fa, siete in grado di godervi il secondo livello di lettura del momento in cui, durante la conferenza stampa in cui risponde al giornalista del Pais che gli chiede dello scandalo delle escort, Silvio Berlusconi si infila la mano in tasca (seguendo i dettami del look Scognamiglio, potrei dire al mio amico amico Daniele che sarebbe l'unico a capire).

Voi lo sapete che cosa vuol dire. Gli altri? Cazzi loro.

Il video della conferenza lo trovate QUI. Il momento è a 2:56 del video.

E in culo al cordoglio.


Sulla morte di Mike Bongiorno l'unica cosa interessante da leggere l'ha scritta Paolo Villaggio: era un mediocre e, in quanto tale, è giusto che venga considerato un monumento di un paese che negli ultimi 40 anni ha sempre premiato la mediocrità.
È stato anche grazie al lavoro di Mike Bongiorno, da sempre capofila di una tv intesa come fabbrica del consenso, che il nostro paese ha raggiunto livelli di cultura che oggi letteralmente spaventano. Non solo, ma certamente anche.
Può dispiacere che se ne sia andato (ma un po', senza esagerare), ma è giusto sottolineare – come fa Villaggio – che sarebbe ora di smetterla di considerare l'espressione "molto famoso" come un sinonimo di "grande". I grandi sono Pasolini, Fellini, Moravia, non Mike Bongiorno.
Il pezzo di Villaggio lo potete leggere QUI.

ps: medaglia d'oro al titolo del pezzo che Andrea Voglino ha postato sul suo blog per segnalare la scomparsa del celebre presentatore tv: una sintesi degna di Cuore (appunto…).

lunedì 7 settembre 2009

Cortocircuito.


La droga per noi (quasi) quarantenni ha un nome preciso: serie tv.
Delusi dal cinema, stanchi di aspettare i maestri che fanno quello che possono ma più di tanto non riescono a produrre (tranne Woody Allen, per cui però, visti gli ultimi risultati, basterebbe pure meno), ci siamo buttati a corpo morto sulle serie tv americane.

Lost, Mad Men, On treatment, Battlestar Galactica, Doctor Who, True Blood, Dexter (e prossimamente pure The Walking Dead): ce n'è abbastanza per tenersi impegnati mesi e mesi (e ho citato solo quelli che seguo io) e, mediamente, con una qualità narrativa che sta comodamente accanto a quella cinematografica.
È stato questo che, alla lunga, ha finito per renderci dipendenti, veri tossici che non solo guardano ma acquistano, scaricano, masterizzano e scambiano, con un gergo tutto nostro fatto di parole come "stagione", "torrent", "mulo", "subITA", "FTP", "cofanetto" e via dicendo.
E quelli della tv lo sanno che ormai ci hanno in pugno.

Ma perché il post si intitola "cortocircuito"?
L'ultima mossa di FoxTV Italia riguarda il lancio di una nuova serie: Lie to me.
La serie inizia ad andare in onda stasera (su Fox, quindi a pagamento su Sky), ma la prima puntata si può guardare interamente gratis online (cliccando QUI).
Cioè, come dire: visto che lo sappiamo che sei un tossico, possiamo permetterci di darti gratis la prima puntata, dal momento che tanto lo sappiamo che, vista quella, non potrai più farne a meno. E allora, comunque sia, pagherai.

E hanno ragione loro.
Ora Lie to me non è niente di cui non si potrebbe fare comodamente a meno, se non fosse che:
a. l'interprete principale della serie è Tim Roth
b. il motore della vicenda sono tutti quelli studi che, dalla "semplice" osservazione, ci permettono di stabilire se la persona che abbiamo di fronte ci sta dicendo la verità o se invece mente.

Praticamente tutti avrete un amico che almeno una volta vi ha detto che i ricordi veri sono quelli che si raccontano guardando verso la propria sinistra (chi vi guarda negli occhi mentre ricorda o guarda a destra, sta mentendo o, comunque, sta inventando), che tenere gambe e braccia incrociate mentre si parla è segno di chiusura, che toccarsi i capelli rimanda a un desiderio sessuale così come scegliere gusti cremosi di gelato invece che alla frutta.

Tutta fuffa? Ma che. Roba da farci pacchi di soldi (tranne che per quella cosa del gelato, penso).
Il protagonista principale di Lie to me è infatti a capo di uno studio che si occupa proprio di questo: di studiare il comportamento delle persone per capire, tramite vari indici, quando stanno mentendo ("il corpo non mente" è il mantra della serie) e, ovviamente, mentre fa questo, il personaggio di Tim Roth svela al pubblico tanti piccoli segreti da mettere in pratica nella vita di tutti i giorni parlando con amici, parenti, colleghi e partner.

Insomma, la carta vincente di questa serie è l'eterna illusione di controllo nei confronti delle persone che ci circondano (ovvia espressione di disagio generazionale) e, insieme a questa, un messaggio secondario ma commercialmente non meno importante: per cogliere tutti i segni bisogna guardare da vicinissimo, ingrandire, vedere bene e cogliere ogni minima sfumatura espressiva.
Ergo, compratevi una tv HD.

Ma dicevamo del cortocircuito.
Fino a stamattina la notizia del lancio della nuova serie era sulla home-page di Repubblica, accanto a quella dell'intervista rilasciata a Sky da Noemi Letizia (mezz'ora di vuoto che si può guardare qui):



Ora provate a fare questo gioco:

1. guardatevi la prima puntata di Lie to me (tanto è gratis…)
2. guardatevi l'intervista alla tenera bionda
3. decidete voi se la giovane sta mentendo oppure no.

E poi provate a pensare che lancio pubblicitario sarebbe per questa serie se qualcuno degli esperti in materia cominciasse ad esercitarsi sui video delle interviste di Berlusconi ("ecco, in questo brevissimo istante… non sta mentendo.")

E questo senza voler notare che uno dei temi della prima puntata –SPOILER in arrivo!!!!– sostiene che un uomo anziano che paga per frequentare una donna più giovane lo fa solo per due motivi: o ci va a letto o è il padre. Nel marketing non esistono coincidenze…

venerdì 4 settembre 2009

Wes Anderson's commercials.

Grazie a Youtube e alla rivista Duellanti (che questo mese dedica un articolo all'argomento) scopro la produzione pubblicitaria del regista Wes Anderson (Rushmore, I Tenenbaum, le avventure acquatiche di Steve Zissou).

In ordine cronologico, ecco gli spot che Anderson ha girato nel 2002 per IKEA:





nel 2005 per Dasani (l'acqua bluff di Coca-Cola) di cui però, dei tre spot girati, sono riuscito a trovare solo questo:



nel 2006 per American Express:



nel 2007 per AT&T:



e nel 2009 per Softbank:



Manca lo spot girato nel 1999 per Sony ma, dato che lo stesso Anderson lo definisce poco più che una marchetta, sembra proprio che nessuno abbia mai avuto interesse a metterlo sul web.

giovedì 3 settembre 2009

Continua l'infatuazione.

Continua l'infatuazione per i bravissimi Oblivion e così, visto che l'altro giorno se ne è andato un altro del Quartetto Cetra (Virgilio Savona, che era… quello con gli occhiali), vi propongo questo pezzo con protagonisti cinque anacronistici viaggiatori alle prese con i trasporti del ventunesimo secolo che ne cita lo stile.