giovedì 29 luglio 2010

Generalizzando.

Firefox, del 1982.



Tuono Blu, del 1983.



Al limite, Il giorno della luna nera del 1986.



Mi domandavo, esiste un genere cinematografico che racchiuda questo tipo di film?
E se sì, quali altri titoli ci potrebbero rientrare?

lunedì 26 luglio 2010

Qui in Emilia è normale.

Ieri sera, insieme a un migliaio di persone – a occhio e croce –  ero a Casa Cervi, tra Campegine e Gattatico, dove si celebrava la famosa pastasciuttata del 1943 (e una foto della serata documenta che non dico balle).



In pratica il 25 luglio del 1943 la famiglia Cervi si inventò un modo per festeggiare il crollo del Fascismo e l'arresto di Mussolini: portare sulla piazza della vicina Campegine una grande pentola di pastasciutta per festeggiare insieme alla popolazione la caduta del regime.
Il più bel funerale del Fascismo, per usare le parole di Alcide Cervi a cui, pochi mesi dopo, quei simpaticoni dei nazifascisti fucilarono in un colpo solo 7 figli.

E così ancora oggi, per ricordare quella storica data, il 25 luglio si fa una festa in cui c'è un piatto di pasta per tutti e il piacere è quello di mangiare tutti insieme nel grande parco di Casa Cervi (che oggi, oltre che luogo di grande valore simbolico della Resistenza e sede del museo della famiglia Cervi, è anche istituto dedicato allo studio della civiltà agricola).

Qui in Emilia Romagna è normale ricordare che in Italia ci fu per vent'anni il Fascismo e che, un bel giorno di luglio, il Fascismo cadde col botto.
È normale tenere viva la memoria di questo avvenimento e ritrovarsi tutti insieme per farlo.
Ed è anche normale creare dei parallelismi tra chi, ieri, combattè per liberare l'Italia dai nazi-fascisti e chi, come le associazioni di Libera, oggi lavora per diffondere la cultura della legalità e del rifiuto del potere mafioso.

Ma la sensazione fortissima è che, una cosa normale (e bella) come questa, in altre parti dell'Italia non esista, che in altre parti dell'Italia non ci si veda niente da ricordare e da festeggiare nel fatto che il 25 luglio del 1943 il Fascismo se ne andò a gambe all'aria, dando così la possibilità all'Italia di incamminarsi nella via della Democrazia.

D'altra parte se non mantieni vivo il ricordo di quello che è accaduto, l'ignoranza prenderà sempre più piede. E le persone, quando sono nell'ignoranza (soprattutto nell'ignoranza della loro Storia) sono deboli e più facilmente controllabili.

Sono fermamente convinto che l'Italia avrebbe bisogno di più feste "allegre e pensose insieme" come questa, magari a scapito di qualche inutile e vuota Notte Bianca di Veltroniana memoria.

martedì 20 luglio 2010

Toy Story 3.


Vorrei avere un po' di tempra per scrivere una recensione come si deve di Toy Story 3 - La grande Fuga. E invece non ce l'ho. Forse non ce l'avrò mai più perché, se mi metto a sentire il polso della pigrizia disattenta, mi accorgo che, giorno dopo giorno, si è fatta ormai cronica.
O forse è solo il caldo e il ventilatore che ruota e che, quando è rivolto verso me, mi fa diventare scemo con lo svolazzo di foglietti sul tavolo.

Fatto sta che la pigrizia mi impedisce di recensire e, addirittura, mi porta a rubare l'immagine a corredo del post dal blog del Sor Voglino. La pigrizia fa l'uomo ladro.

Eppure durante il film avevo iniziato una bozza di riflessione sul socialismo utopico (la stanza farfalla dell'asilo Sunnyside), quello reale (la stanza bruco) e Cuba (la casa di Bonnie), ma ammetto che è restata lì a metà quando è arrivato il clown triste con la voce di Giorgio Faletti che è perfetto nella parte. Gerry Scotty invece sono stato felice quando l'hanno pestato. Fabio De Luigi l'ha scoperto Linda che c'era nei titoli di coda. Di Claudia Gerini me l'ha detto adesso Wikipedia.

Però, come facciamo spesso noi pigri cronicizzati, vi dirò una cosa con nonchalance fingendo che sia una cosa da niente che però nasconde dentro l'universo. Oppure bluffando come spesso mi capita di fare perché il mio è un universo fatto di niente. Decidete voi.
Toy Story 3 è un film perfetto sul distacco e sui meccanismi che lo governano, a partire da quelli di rifiuto (l'orso Lotso) fino ad arrivare a quelli di accettazione (Woody).
I distacchi sono parte integrante della nostra vita e accettarli come tali fa parte del crescere.
E un interessante libro del 1987 sull'argomento – libro letto, riletto, consigliato e regalato –  è quello della giornalista e ricercatrice in psicologia Judith Viorst, intitolato appunto Distacchi (ma il titolo originale Necessary Losses: The Loves, Illusions, Dependencies, and Impossible Expectations That All of Us Have to Give Up in Order to Grow mi sembra molto più descrittivo del punto di vista della scrittrice).
Il mio consiglio è di guardare Toy Story 3 e poi leggersi il libro della Viorst così da capire quanto sono avanti John Lasseter e soci ad affrontare a 24 fotogrammi al secondo argomenti simili.

(Che poi, durante la visione del film, per un attimo il pensiero del distacco "dall'illusione, dalla dipendenza e dalle aspettative impossibili" aveva anche fatto un po' lingua in bocca con la riflessione sul socialismo di cui sopra ma, davvero, è stato un attimo che la pigrizia ha scancellato con furor di scancellino come polvere di gesso su nero di lavagna che nulla lascia che sia più di confuso alone)

Comunque sia, io tutto il film l'ho visto con un groppo in gola – giuro, mi è partito all'inizio e me lo sono portato fino alla fine – che verso il finale confesso che è diventato pure una mezza lacrimuccia sfuggita al controllo che però gli occhiali scuri del 3D hanno celato al mondo.
Certo, un po' sarà stata la cosa dei distaccchi che a me mi frega sempre (come alcuni dei miei 5 lettori e 1/2 sanno bene, quello della Viorst è uno dei miei libri cardine), ma un po' anche la regia per-fet-ta.
Quando i personaggi, in cima all'inceneritore, si prendono per mano, la regia gioca di campi e controcampi sui loro sguardi e, con un tocco di eleganza ineguagliabile, per un attimo inquadra di quinta il cavallo mentre fa un gesto con le zampe per cercare di rallentare lo scivolamento verso il fuoco.
È un attimo soltanto ma è perfetto (e lì mi sono accorto che il cavallo è l'unico personaggio muto del mondo di Toy Story: perchè?).
Che anche a costruire il meccanismo narrativo che suscita la commozione bisogna essere bravi.
E in questo Pixar non la batte nessuno.

venerdì 16 luglio 2010

Pachistano Reggiano.

Taver – al secolo Fabrizio Tavernelli – è un visionario.
E, come tale, lo mette già in conto che, qualunque cosa farà, prenderà sempre delle gran sberle dalla realtà.
Ma, negli anni, ad ogni sberla, Taver ha restituito con grande generosità al mondo un pezzetto di poesia – qualunque cosa voglia dire questa fin troppo abusata parola – lo ha inoculato con il virus della sua visione trasversale sulle cose e le persone e, con un sorriso, l'ha consegnato al suo sventurato avvitarsi sulle proprie miserie.
E quindi, oltre che visionario, Taver è anche un pericoloso untore del pensiero. Ovvero un terrorista.
E come tutti i veri terroristi, lui lo sa bene che l'invisibilità è un bene prezioso.

L'invisibile Taver.
Prometto all'universo che, prima di morire, ce la farò a mettere in piedi una space opera (sì, lo so: ho obiettivi altissimi). E quando sarà, a parte una rotoballa in locandina/copertina che mi garantirà l'amore eterno di 1/2, dentro ci vorrò Taver con la sua musica a cavallo tra l'agrospace e lo splatterfolk, fatta di mondine, onirici pesci siluro, vendicativi partigiani zombie, sciamani padani, saponificatrici danzanti e tecnovillani onanisti (e ci scommetto che quel giorno entrambi i F.lli Nazzaro, Sergio e Giona, saranno entusiasti di essere della partita).

Che poi, ora che ci penso, un piccolissimo passo in questa direzione l'ho anche già fatto.
Per i lettori dei libri saldaPress in ascolto, avete presente l'introduzione (pardon, proemio) in stile Omerico all'Oudeis di Carmine Di Giandomenico?
Ecco, quella è tutta farina del sacco di Taver.

Taver ha fotografato come pochi altri con la sua musica questa zona depressa che di nome fa Pianura Padana e, con una precisione che ancora oggi ad ogni ascolto lascia sgomenti, l'ha proiettata in un altrove fantastico dove ogni singolo aspetto dell'afoso loco ameno ha trovato la sua esatta collocazione.
Per capirci, se fate un salto da queste parti e vi date un'occhiata in giro, è più probabile che troviate segni della Provincia Exotica teorizzata da Taver ai gloriosi tempi degli AFA (musica ben scritta e suonata e che quindi, in quasi ventanni, non è invecchiata di un giorno) che non la poetica light del fosso cantata per ogni autogrill da Ligabue.



A Taver invidio un sacco la capacità di saper fotografare la realtà che lo circonda e di riproporla con intelligenza e ironia in musica.
Come nel caso di questo brano, Pachistano Reggiano, affidato al nuovo progetto trasversalissimo a cui Taver partecipa (Babel) e che, con quell'inizio folgorante in mazurka che sfocia in bangra, ci riporta ai tempi di Core Selvatico, brano del 1993 che partiva come struggente ballata melodica e finiva  in un delirante speed metal in dialetto correggese.
Pakistano Reggiano, nel giro di tre minuti, mentre ti fa ridere e battere il ritmo con il piedino, centra l'argomento di mille polemiche sull'integrazione (e la contaminazione) in terra reggiana che i giornali faticano a raccontare.
Ascoltatelo (insieme a un altro paio di brani dei BabelQUI.

L'altra sera, dopo il concerto dei Babel a Modena, saluto Taver e gli faccio i miei complimenti per la serata: "Grande Taver! Pachistano Reggiano è un grande pezzo, un bel ritorno allo stile divertente degli Afa."
E lui "Però è una canzone seria."
E io "Lo so bene. È proprio quello il suo bello."

Musica d'avanguardia quella di Taver che, purtroppo per lui, suona in un paese che da pochissimo spazio alle idee serie espresse con un sorriso.

PACHISTANO REGGIANO
========================
Sono un casaro con il turbante
original furmai from Mumbai
parmigiano reggiano e spezie d'oriente
ho un caseificio in Bollywood style
vengo dal Panjab, vengo dal Kashmir
sono il più bravo a raccoglier pom e pir
sono tamil, son del Rajasthan
ascolto Nusrat Fateh Ali Khan
voglio una moschea in ogni latteria
voglio un tempio sick vicino a casa tua
voglio andare a Bangalore con un trattore
a Islamabad con la motofalciatrice
uso la forca e la vanga al ritmo di bangra
se entri nella mia stalla ti dico inshallah

Pakistan reggiano pakistan

Il fieno essiccato come the verde
con la mungitrice ho fatto un narghilè
con un drone di tanpura cresce meglio la verdura
devoto sufi alla potatura
sitar e tabla cun i pe sota la tevla
qawwali music from Peshawar
organizzo la vendemmia con un corso d'informatica
con la sharia reggo la tua economia
ballo la mazurka con il burka
la danza kathak e la polka
buddha, shiva e visnù e i tortelli col ragù
cardamomo, coriandolo e cumino nel ripieno del tortellino
se la montagna non va da maometto ecco un po' di gnocco fritto
te lo canto con un raga dammi la busta paga

Pakistan reggiano pakistan

Cricket : se non sai giocare tachet
tigre: balsamo di tigre
bengala ci unisce la risaia
tarana come un canto di mondina
dhol drum bidibidibidibadan
are krishna are krishna krishna are
pastun l'italiano è più ladrun
la croce, la foce, il delta del Gange che inonda quello che ci piace
Dal Po alla Via Emilia, mi sembra il Pakistan, l'India

Pakistan reggiano pakistan

giovedì 8 luglio 2010

Come direbbe Jena Plissken, "Presidente di cosa?"

Come fai a capire chi è il Presidente di una qualunque cosa? Semplice: è sempre quello col cappello.



Nel TG di Telereggio di domenica si parlava del successo di Picnic! Festival 2010 e di… bande disegnate (!!!).

(il filmato QUI, la parte sul festival un po' dopo la metà)

mercoledì 7 luglio 2010

Al cuor non si comanda.

Leggendo Applicando di questo mese mi è saltato all'occhio questa frase del giornalista Antonio Dini:

"L'Italia è un paese strano. Ha praticamente ignorato per anni il tema degli eBook, i libri in formato digitale, e ora decide all'improvviso, quasi nell'arco di una settimana, di innamorarsene e dedicare risorse all'argomento".

Leggevo e ripensavo a tutto il dibattito che vedo in giro sul futuro del fumetto in digitale.

lunedì 5 luglio 2010

Like a snake in Eden 2.0

Dovrei prima parlarvi della terza edizione del Picnic! Festival (che è andata molto bene, sicuramente meglio di quanto tutti ci saremmo aspettati) e, invece, vi parlerò di un aspetto più marginale del Festival in sé: Roberto Recchioni.

Ora dovete sapere che il sottoscritto, già dalla prima edizione del Festival, aveva proposto ai suoi Picniccari consociati di aprire lo spazio disegno dei bambini a nuove esperienze illustrative che coinvolgessero non solo carta e matita ma anche il famigerato e temutissimo mondo dell'elettronica.
La mia idea era che, dal momento che i bambini girano h24 con il Nintendo DS in tasca, se lo sarebbero potuto portare anche lì nel parco e, sfruttando Pictochat (software per chiacchierare e disegnare montato su tutti i DS) e la comunicazione wi-fi tra gli apparecchi, avrebbero potuto provare una curiosa esperienza di disegno di gruppo en plein air.
Ovviamente la mia idea fu bocciata dalla maggioranza degli altri associati al grido di "Alla carta! Alla carta! Che questi bambini davanti uno schermo ci passano già troppo tempo" e a nulla servì il mio tentativo di far capire che quello con il DS poteva essere uno dei tanti metodi con cui far disegnare i bambini (anche perché il sottoscritto è quanto di più lontano ci sia da un tecno-entusiasta): la voce della maggioranza divenne legge e i bambini che vengono al Picnic! Festival continuano a disegnare sul prato con carta e pennarelli.
Nell'Eden delle caprette la tecnologia è bandita.

Roberto Recchioni dicevamo.
Ho scoperto che Roberto sa fare un'imitazione strepitosa dell'imperatore Palpatine. Ed è pure assai orgoglioso dei punti di contatto tra sè e il mentore oscuro di Anakin Skywalker.

Nei giorni scorsi ci sentiamo con Roberto e gli dico "Perché domenica non vieni qui a Reggio Emilia al Festival?". E domenica, con mio grande piacere, Roberto arriva e, mentre sulle sue lunghe leve si fa un giro per il parco, noto che in mano ha un Ipad.

Com'è, come non è, nel giro di pochi minuti Roberto raduna sul prato un po' degli autori presenti al Festival (quelli in programma e quelli fuori programma, che il bello del Picnic! è che se ogni anno gli autori invitati sono una ventina, in giro ne trovi sempre un'altra decina venuti al Festival semplicemente perché è divertente passarci una giornata) e li coinvolge in una divertente esperienza di disegno su Ipad, invitandoli hardware alla mano a cimentarsi con questo nuovo mezzo espressivo targato Apple (lo racconta anche Michele Ginevra nel suo resoconto della giornata QUI).

Di più: mentre la gente fa la fila con il foglio in mano per avere il disegno dell'autore, Roberto se ne sta seduto sul prato e ci fa vedere un angolino di futuro in cui gli autori, oltre a disegnare su carta e a dedicare i libri, disegneranno per il pubblico anche su uno schermo portatile.
E infatti ecco QUI parte del suo bottino della giornata campestre.

La morale della storia è che se io ho chiesto di aprire il disegno all'elettronica – e sono stato cassato – Roberto è stato molto più furbo di me: l'ha fatto senza bisogno di chiedere niente a nessuno, dimostrando concretamente che il futuro non ha senso demonizzarlo e che i due mondi (quello del disegno su carta e quello del disegno su schermo) possono convivere senza che l'avvento di uno segni la cessazione dell'altro.
(E questo – e lo dico ai miei consociati – potrebbe essere interessante per noi e per quello che facciamo farlo sapere anche a Apple, così come ieri sarebbe stato interessante renderne partecipe Nintendo. Ma so già che sto parlando di qualcosa che non vi interessa…)

Ma, d'altra parte, se Roberto riesce ad imitare Palpatine così bene un perché ci sarà.
Chapeau.

giovedì 1 luglio 2010

Oggetti del desiderio.


Evvai! È arrivato il nuovo set di pin del Picnic! Festival.
Bellebellebelle! Vogliovogliovoglio!

Nanni in treatment.

Ricordate che vi ho parlato di In Treatment, una delle mie serie tv preferite che gli americani hanno tratto da un serial tv di successo israeliano (Be'Tipul)?
Ne scrivevo tempo fa QUI.

Bene, dopo gli USA, sono ormai diversi i paesi in giro per il mondo che hanno acquistato i diritti della serie per farne una versione locale e, tra questi, pare che ci siano anche gli italiani di Rai 4 che – si dice per un'idea di Carlo Freccero – vorrebbero nel ruolo del dottor Weston (negli USA interpretato da Gabriel Byrne), nientepopodimeno che… Nanni Moretti.
Che, se fosse vero, il prossimo anno Moretti rischierebbe la saturazione da ruolo psicanalitico: infatti, a parte questo, nel suo prossimo film come regista interpreterà il ruolo dello psicanalista del Papa depresso.

Comunque sia, io al momento sono sulla seconda serie (ma arranco per qualche problema di sincro nei sottotitoli. Che io In Treatment, invece di scaricarmelo, lo acquisterei anche in DVD se non fosse che l'Italia è la periferia della periferia dell'Impero e quindi da noi certa roba non arriva) mentre negli USA si apprestano a girare la terza, che sarà poi la prima originale (nel senso che le prime due stagioni di In Treatment erano riscritture di quelle israeliane).

Vabbè, così. Tanto per rendere voi, miei 5 lettori e 1/2, un po' partecipi dei cazzi miei ma senza esagerare.