martedì 14 febbraio 2012

San Valentino.

Riflettevo oggi su questa mia capacità innata di ricordarmi le cazzate, pezzettini di memoria che rimangono immobili esattamente lì dove si sono piantati decenni prima e che, ogni volta che riemergono in una qualche conversazione, fanno esclamare al mio interlocutore sempre la stessa frase: "Ma come fai a ricordarti 'ste cazzate?".

Probabilmente la mia è solo la manifestazione più evidente di quella cultura del rimbalzo cognitivo che permea tutta la mia generazione, propria quella che il sor Baricco ha perfettamente descritto nel suo I barbari.
O forse, davvero, io riesco a ricordarmi solo le cazzate...

Fatto sta che, se mi si dice San Valentino, a me, che evidentemente sono un uomo dal cuore arido, automaticamente viene in mente la canzone di Massimo Priviero, ma soprattutto – "ma come fai a ricordarti 'ste cazzate?", appunto –  mi ricordo come un faro dritto nella memoria di me diciassettenne la frase di lancio con cui, nel 1988, il geniale marketing di Warner decise di mettere un bel piombo alla carriera del giovane rocker: "Ho visto il futuro del rock italiano e il suo nome è Massimo Priviero".

La frase, che mi dicono campeggiasse allora sui manifesti che tappezzavano mezza Milano, era una riproposizione di quella usata 15 anni prima dal critico musicale Jon Landau in un suo celebre pezzo, quello che sancì la nascita dell'astro di un signor nessuno come Bruce Springsteen.
Roba che spezzerebbe le ginocchia a chiunque, dico io.
Nonché una roba che, aldilà delle qualità musicali del cantante (un mix tra Ligabue e Luca Carboni, viene da pensare riascoltando oggi il pezzo), lo pone di diritto nel mio olimpo personale del PARFAC!, etichetta che i miei 5 lettori e 1/2 conoscono già da tempo.

Già, Ligabue...

Nel 1988 la Warner lancia anche il Lucianino nazionale che, con il suo album d'esordio, automaticamente, va a collocarsi in quella nicchia rock'n'rolla dal sapore cantautorale (al tempo era una nicchia) dentro cui c'era anche l'imberbe Priviero.
Lucianino che, senza il piombo di qualcuno che lo presentasse come il nuovo Springsteen, ha tutta l'agilità per sbattere fuori da quella nicchia chiunque avesse ambizioni al trono di rocker italiano.
Luciano che, a dirla tutta, al tempo condivideva con Priviero non solo il genere musicale ma anche un taglio di capelli ugualmente improponibile.



Insomma, una storia questa di Priviero che, riflettendoci a posteriori, la dice lunga sulla capacità di fare sistema che ha la nostra industria dell'intrattenimento (argomento su cui tornerò in uno dei miei prossimi post).

Scopro oggi, scrivendo questo pezzo, che Massimo Priviero non è scomparso e che, in culo a quel marketing capace solo di ragionare in termini di "se non sei una star, non ci servi" (come se un catalogo, musicale, cinematografico o letterario che sia, avesse bisogno solo di star...) , ha continuato a scrivere, suonare e cantare, mettendo in piedi una carriera musicale di tutto rispetto e avendo poi come produttore di uno dei suoi album nientepopodimeno che l'amichetto con la bandana di Springsteen "Little" Steven Van Zandt.
E questo senza contare che, una volta all'anno, chi a San Valentino cerca su Youtube una canzone a tema da linkare, molto probabilmente trova la sua.

Ora, premesso che diffido a priori della qualità musicale di qualunque italiano che si definisca rocker, quella di Priviero mi sembra una parabola interessante (forse soprattutto perché, come già detto, le personalità PARFAC esercitano su di me un grande fascino).
Ecco, diciamo che una biografia di Luciano Ligabue farei una certa fatica a leggermela, mentre su questa qua di Priviero potrei farci un pensierino (dopo il trasloco, però).

Intanto però, visto che oggi è San Valentino, beccatevi il video (e, come dice Jacopo Masini, "fate rosicare i cinici:  amatevi tantissimo").


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