mercoledì 31 marzo 2010

Coperture.


Dal giornale di oggi: "Nuove accuse a Ratzinger: coprì un sacerdote in Florida".

Perplessità da parte dell'Associazione Veterinari Vaticani.

lunedì 29 marzo 2010

Con l'amore nel cuore.

Ieri da buon cittadino anche io mi sono recato alle urne e, con quell'amore nel cuore che ci ha più volte raccomandato il nostro glorioso Premier, non mi sono limitato a votare un solo partito (o conglomerato di partiti o deriva democratica in forma di coalizione di interessi comuni) ma, proprio perché l'amore deve vincere sull'odio e l'invidia, li ho votati tutti.
Dal primo all'ultimo.

Solo ad uno scrutatore comunista (che quindi non vuol far trionfare l'amore) potrebbe venire in mente che la mia amorevole scheda elettorale debba essere considerata nulla.

Che vinca il meno peggio (se esiste).

giovedì 25 marzo 2010

"Elimineremo il cancro!"

Per decreto, dai gemelli si passerà direttamente al leone.

Nell'attesa, canti e balli per allietare il popolo sovrano.



mercoledì 24 marzo 2010

A single man.

A single man, regia di Tom Ford, tratto dal romanzo di Christopher Isherwood.
95 minuti tristi, stilosissimi e assolutamente queer.

Che poi, pensavo ieri, se c'hai Julianne Moore che te la tira con la fionda e tu le dici di no, te lo meriti di morire.

martedì 23 marzo 2010

Dottore! Dottore!



Grandissimo rispetto per Tim Roth ma, secondo me, se, per qualche strano evento catodico, il Dr. Weston incontrasse il Dr. Lightman, sarebbero cazzi amarissimi per il Dr. Lightman che se ne andrebbe a casina con la proverbiale coda tra le gambe.

E senza nemmeno potersi difendere con una scrollata di spalle asimmetrica.

Questo solo per dire che la prima stagione di Lie to me è una cagata pazzesca e che, invece, ho appena iniziato a vedere la seconda di In Treatment (lo scorso anno, con la prima, fu amore a prima vista).

(che poi, sempre parlando di dottori, se entrambi si imbattessero nel Doctor Who, allora davvero non ce ne sarebbe per nessuno. Potere al Tardis!).

(no, il Dr. House non lo contiamo proprio…)

lunedì 22 marzo 2010

Unità di misura.

Perché sono state create le unità di misura?
Probabilmente perché le maestre elementari avessero un po' di tempo impegnato e perché si potesse trovare un accordo tra le persone. Se dico "tanto" o "poco", magari i miei concetti di "tanto" o "poco" non coincidono con i tuoi e si fa fatica a capirsi.
Però anche "metri" e "chili" sono entità abbastanza astratte che non sono rese meno astratte dal fatto che in qualche caveau svizzero siano depositati il metro e il chilo ufficiali a cui tutti facciamo in realtà riferimento quando parliamo.
Che poi il problema non nasce con le unità di misura di media grandezza (metri, chili e litri, tanto per intenderci) ma piuttosto quando entra in ballo il molto piccolo o il molto grande.
E questo perché se di un chilo, di un litro o di un metro abbiamo un'esperienza quotidiana (e quindi sappiamo di che cosa stiamo parlando, ossia riusciamo a figurarcelo), le cose si fanno più difficili se parliamo di 100mila metri, litri o chili.
Sì, sappiamo che sono tanti ma, come si diceva prima, quando entra in ballo il "tanto" abbiamo finito di capirci.

Quindi il segreto è soggettivare l'esperienza astratta, ricondurla a qualcosa che noi conosciamo.

Per esempio, io ho un amico, Cippi (che, tra parentesi, se legge mi piacerebbe tanto sapere che fine ha fatto) e Cippi è alto due metri. Il fatto che sia alto 2 metri ha portato tutti o quasi a chiamarlo Cippone.
Bene, per me 2 metri equivalgono a 1 Cippone.
Quanto è alta quella casa? Otto metri. 4 Cipponi.
Quanto è lungo quel corridoio) 7 metri. 3 Cipponi e mezzo.
Moltiplico per tot volte l'immagine di Cippi che conosco e (oltre ad ottenere un'immagine mentale abbastanza surreale) rendo per me tangibile misure che, più si fanno grandi e meno riuscirei  a ricondurre a qualcosa che conosco.

Per esempio nel 2005, non avendo mai partecipato per ragioni cronologiche a uno di quei bagni di folla egomaniacali dei nazisti celebrati dai libri di storia, decisi di provare l'esperienza acquistando un biglietto per il concerto al Campovolo di Ligabue.
Mi sono detto: "come sarà stare in uno spazio occupato da oltre 200 mila persone? Boh? Proviamo".

Esperienza interessante e, grazie ad essa, ora so come è fatto uno spazio occupato da 200 mila e più persone. E questo non tanto perché c'ero (difficile rendersi conto degli spazi e delle persone che li occupano mentre ci sei dentro: e in effetti per me Campovolo è stato impressionante quando, a fine concerto, l'ho visto vuoto e ho pensato "Minchia, questo sì che è un modo di affrontare i dubbi e le incertezze di una crisi di mezzaetà". Quella di Ligabue: la mia sarebbe venuta qualche anno più tardi e senza nemmeno un cazzo di concerto a celebrarla) quanto perché il concerto è stato più e più volte inquadrato dall'alto (anzi, si apriva proprio con una Googlemappata trasmessa su tutti gli schermi dell'area e abbastanza chiarificatrice).

Questo per dire che cosa?
Per dire che, come con il Cippone, quando mi devo rendere conto di uno spazio occupato da tante persone, mi rifaccio a un'esperienza che conosco, cioè quella di Campovolo.

Beh, qui sotto trovate alcune sequenze del concerto Campovolo (presenti 220 mila persone. Io sono quello in fondo a destra):



E questa invece è la manifestazione di sabato scorso del PDL a Roma (anch'essa, a pensarci bene, frutto di una crisi, stavolta non da mezza ma da terza età):



Ora, mettendo da parte invidia e odio e con tutto l'amore che mi è possibile quando si parla del PDL e lasciando da parte pure il milione di partecipanti (come commenterebbe Ghedini un'affermazione del genere? Mavalà…), ma come si fa a dire che fossero 150 mila quelli di sabato in Piazza S. Giovanni ad ascoltare le promesse di Berlusconi?

Detto questo, mi domando quand'è che qualcuno si decidera a fare impresa tirando fuori il modo per contare ufficialmente (ergo, certificare) quante persone ci sono in un posto.
Foto dall'alto e software che legge e trasforma le capoccette in unità?
Biglietti per la partecipazione (tipo i militari che, quando entrano in un teatro di guerra, hanno un badge da consegnare così si sa sempre in quanti sono e dove)?
Non lo so come.
Quello che so invece benissimo è che ad ogni manifestazione, mi sento preso per il culo sia dalla politica (di qualunque colore essa sia) che dalla Questura, entrambe interessate a non far sapere esattamente quante persone sono coinvolte in qualcosa che accade in un posto.

"Siamo in tanti!"
"No, siete in pochi."

E quindi, con buona pace di Paul Virilio, il reale per l'ennesima volta va a farsi benedire.

mercoledì 17 marzo 2010

Simmetrie.


Una voce dal buio mi segnala questa curiosa simmetria.
Sì, ne rido anche io con pacata risata.

Shutter Island.

Interpellato qualche giorno addietro su Shutter Island, il mio guru così aveva sentenziato: "un film di Scorsese piccolo piccolo".

Confermo le parole del mio infallibile guru.
Non un brutto film, ma un film piccolo piccolo (e, per carità, lasciamo stare lo Shining di Kubrick: non basta il pallido cadavere parlante di una bambina e qualche psicosi ad accomunare le due pellicole).

Per cosa ricorderò questo film?
Per Max Von Sydow: l'età e la conformazione della capoccia ne farebbero infatti un perfetto nonno Simpson in un'eventuale trasposizione con attori della fortunata serie tv.

lunedì 15 marzo 2010

Rocketeer vola ancora!


Chi tra voi, miei 5 lettori e 1/2, mi conosce un po' meglio e da un po' più di tempo, sa bene che ho uno strano senso della giustizia e che, in fondo, credo che certe cose – ovviamente solo quelle che dico io – meritino qualcosa di speciale.

Così, da quando ho iniziato questo mestiere di editore (e parliamo di quasi 10 anni fa), tra tutte le cose fatte e quelle progettate perché avessero sopra il marchio saldaPress, ce ne sono due che mi sono state sempre particolarmente a cuore: restituire al pubblico italiano quel gioiello della narrativa a fumetti mondiale che è Re in Incognito (e non vi sto a dire quale sia la sua importanza: se vi va, potete leggerlo QUI) e… fare lo stesso per Rocketeer.

Per cui, visto che Re in Incognito i bravi saldatori (ma soprattutto belli) l'hanno riportato in libreria nel 2006, con l'annuncio di oggi, direi che il cerchio si chiude (e che, quindi, è ora di cominciare a cercare nuove cose da avere a cuore).

Rocketeer è un personaggio creato negli anni '80 dal purtoppo prematuramente scomparso Dave Stevens (1955-2008), un genio del disegno che, tra le sue collaborazioni ha potuto vantare Steven Spielberg (per I Predatori dell'Arca Perduta), George Lucas (per Star Wars) e John Landis (suoi gli storyboard dello storico videoclip girato per Thriller di Micheal Jackson).
Poi un giorno Stevens mette insieme due o tre delle sue passioni (gli anni '30, i romanzi pulp d'avventura, le pinup e gli aeroplani) e si inventa questo fumetto ultra indipendente che, in un attimo, diventa un icona del fumetto USA.

Le vie della fama sono misteriosissime e quella di Rocketeer è stata vera fama: tanto per dire, al culmine del successo del comic book, la Disney acquista i diritti di sfruttamento del personaggio – e, come spesso accade, non si preoccupa che lo sta soffocando – e nel 1991 ne trae un film che anticipa di qualche anno la tendenza di portare al cinema le storie a fumetti.

A chi vi dice che gli anni '80 sono stati anni rozzi, potete rispondere che forse è così, ma basta guardare l'eleganza del lavoro di Dave Stevens per rimettere in discussione l'apparentemente semplice conclusione.
In Italia, oltre alla Comic Art (che pubblicò le uniche due storie e fumetti di Rocketeer create da Dave Stevens più il dimenticabilissimo adattamento a fumetti del film a cui però Stevens non mise mano) fu la Glamour di Antonio Vianovi ad accorgersi del talento di Stevens e a commissionargli per la rivista Glamour International un numero impressionante di pinup, la maggior parte con Bettie Page come protagonista.

E questo perché se è vero che Rocketeer è un personaggio che ha sfondato l'immaginario collettivo, buona parte del merito di questo successo è della fidanzata del protagonista, quella Betty le cui forme ricordano nemmeno tanto velatamente quella della famosa Bettie Page e che, fin da subito, hanno decretato il grande successo del fumetto (tanto per dire, quella che tra gli appassionati è conosciuta come la pagina "Wow!", divenne presto la più famosa pagina della serie).
A livello di pubblico di massa, il recupero di Bettie Page da parte di Dave Stevens tra gli anni '80 e gli anni '90 è una tappa importantissima di quel processo che, oggi, ha trasformato Bettie Page un icona dell'immaginario collettivo (e che, come scrive il sempre attento Mannelli, ha fatto sì che ormai il burlesque lo trovi anche dal cocomeraio).
E se vedete qualche parentela tra il segno di Dave Stevens e quello di Frank Cho (casualmente un altro cavallo di razza della scuderia saldaPress…) non credo che sbagliate di molto (e, quindi, non vi dovrebbe essere così difficile immaginare perché Rocketeer è stato da sempre un mio personalissimo pallino): questa, signori, è gente che sa disegnare, dei veri e propri Maestri del fumetto con la "m" maiuscola il cui lavoro meriterebbe una collana editoriale a parte (mmm…).

Detto questo, come sarà l'edizione targata saldaPress di Rocketeer?
A parte bella (ça va sans dire…), partiremo dall'edizione in grande formato che la IDW, negli States, ha appena pubblicato e nella quale, accanto alle due storie di Rocketeer scritte e disegnate da Dave Stevens, è stato proposto al pubblico un numero impressionate di schizzi, studi preliminari, bozzetti e molto altro mai pubblicato prima e proveniente direttamente dagli archivi personali dell'autore.
E sarà anche un'edizione con dei nuovi colori: prima di morire, infatti, Stevens, dopo aver personalmente supervisionato la digitalizzazione di tutte le tavole originali, aveva incaricato la colorista Laura Martin della rimasterizzazione completa dei colori delle storie che quindi, in questa versione, tornano letteralmente a nuova vita.

L'edizione saldaPress sarà in due volumi, uno per ognuna delle due storie che compongono la saga di Rocketeer e ognuno con a corredo un numero impressionante di extra che rendono omaggio all'arte di Stevens.
Il primo dei due volumi (di 112 pagine ognuno ed entrambi tradotti dal bravo Stefano Menchetti) uscirà il prossimo giugno (già prenotabile sui cataloghi di questo mese) e il secondo a settembre.
Il formato sarà quello di Liberty Meadows.

Rocketeer vola ancora (e sia chiaro che quest'anno, se si tratterà di premiare la miglior riedizione di un classico, voi e i giurati lo sapete già per chi dovete votare).

venerdì 12 marzo 2010

Momentaneamente lontano.

Guardami ora, guardami adesso,
appoggiami la mano sul cuore
per sentire se sono ancora lo stesso:
guardami bene,
dimmi se questo è ancora il mio sorriso,
quello che tu conosci a meraviglia,
quello che ti assomiglia...
no, perché io sono lontano,
come se un altro uomo mi parlasse dei figli
mi chiedesse canzoni
di entrare nel tuo letto
lontano
come se fuori piovesse non ci fosse mai il sole
e mi mancasse il cuore di avere un nuovo giorno;
lontano
come se mi sognassi in un tremendo sogno
che non mi sveglio mai
e ricomincia sempre
da dove non ci sei.

Guardami ora, guardami con tenerezza
il tempo non mi passa mai,
è di una smisurata lentezza:
guardami ancora, anche se non ti rispondo,
e se mi cerca qualcuno, digli che lo richiamo,
e che sono momentaneamente andato lontano,
a cercare il mio cane, l'albero dei fagioli
il soldato di stagno, l'uomo del tiro a segno,
lontano,
dove se vinco o perdo ora non ha importanza
perché questo lontano è solo un'altra stanza
lontano
come un pesce in acquario, la fine di un binario
per non sapermi mai in fondo alla paura
in questa notte scura.

Dio com'è difficile
vedermi così lontano lontano lontano,
non riconoscermi più nell'uomo che sognava,
e che teneva tutto il mondo stretto nella sua mano;
lontano come se io non fossi più
quello che io amo
e rivivessi all'infinito un'infinita sera,
così tremendamente lontano.

Guardami ora, guardami adesso,
appoggiami la mano sul cuore,
per sentire se sono ancora lo stesso;
guardami dentro,
perché qui dentro tu sei la sola
che puoi entrare e inventare
l'unica possibile parola
perché io torni da lontano:
come se all'improvviso s'illuminasse il cielo,
riconoscessi il sole, vedessi il mio dolore,
lontano,
piccolo come un punto lo strappo di quel pianto
che ricucì mia madre con un filo d'argento,
lontano,
non sentire più il tempo che non mi passa mai,
non aver più paura,
in questa strada scura.

Dio com'è difficile
vedermi così lontano, lontano, lontano
senza le mie parole
che non vengono più come mi venivano prima;
senza le mie canzoni
che morivo per farle nelle notti di luna;
senza un biglietto da quell'uomo che io sono
e che io amo,
e salutarmi allo specchio quando non bevo
e non fumo,
così tremendamente lontano.


(…e così, alla fine ci rincontriamo caro il mio Professore).

Basta invidie!

Un agile libercolo del premier appena dato alle stampe da Mondadori ci insegna finalmente come fare.


Solo 15 dei vostri proletari euro per goderne senza invidie.

"A sembra un disegno molto ben pensato".

Il che, Silvio, scagiona automaticamente la sinistra italiana.

giovedì 11 marzo 2010

V come Voglino.


A differenza del sottoscritto, l'amico Andrea Voglino vuole ancora credere che non tutto sia perduto e così, per evitare di sprofondare nel malmostoso baratro, ha appena fondato un movimento progressista il cui simbolo (by Ale Giorgini di MondoPopToons) è quello che vedete qui sopra (maggiori notizie sul movimento, QUI).

Lo segnalo volentieri a voi 5 lettori e 1/2 e alla Digos (che è pregata di non presentarsi a casa Voglino prima delle 9 di mattina, che il nostro prima di quell'ora fa fatica a gestire la consecutio).

È tempo che l'Italia si svegli: portiamole il caffè a letto.

lunedì 8 marzo 2010

Felicità è…

Felicità è ricevere due pacchetti per posta, aprirli e trovare, all'interno di uno, la sua prima raccolta di racconti (A Mon Dragone c'è il diavolo)


che, fresca di stampa, Giona A. Nazzaro ha autografato per te e ti ha spedito;

e, nell'altro, la ristampa di Mostri (anch'essa eppena uscita)


per cui Tiziano Sclavi ha fatto esattamemente la stessa cosa.

Commoso per entrambi, pubblicamente ringrazio gli autori (e ovviamente me ne vanto).

Èlis in uònderlend.

Vedi alla voce film insignificante girato da regista inesistente (c'erano dubbi? Non c'erano dubbi.)

E per quelli tra di voi, miei 5 lettori e 1/2, che scetticamente potrebbero avere ancora in testa che "vabbè, ma non potrà mai essere infimo quanto il Pianeta delle Scimmie", beh, sappiate che con il momento della Deliranza, Tim Burton pareggia tranquillamente quello degli scimmioni che giocano a basket ascoltando la musica rap.

(buona norma da tenere sempre presente: quando una casa di produzione vuole accorciare i tempi che separano la proiezione in sala dall'uscita in home video, probabilmente è perché teme che si sparga la voce che il film in questione è una puttanata).

E ora, tutti insieme: aridàtece Bill Osco!

sabato 6 marzo 2010

Può dire "impeachment" solo chi sa anche come si scrive.

Ora che il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto che prolunga l'agonia di questa classe politica che non rappresenta più nessuno (e c'era davvero poco da fare: o trovare un modo per cui entrambi gli schieramenti fossero in campo alle prossime regionali o scegliere di mandare a carte quarantotto tutto il sistema e accettarne le conseguenze), a me interessa capire solo 2 cose:

1. qual è il vero motivo per cui, nel Lazio, il PDL ha presentato in ritardo le proprie liste?

2. come si giustifica il fatto che più di 500 firme, tra quelle presentate da Formigoni per la propria lista, erano false?

Il resto mi sembrano davvero solo particolari irrilevanti per chi, come me, non ha mai abbastanza capi bianchi e colorati per fare una lavatrice come si deve (così, tanto per rendervi un po' partecipi degli affari miei).

giovedì 4 marzo 2010

Stigmate.

Stigmate è un bel fumetto del 1994 scritto da Claudio Piersanti e disegnato da Lorenzo Mattotti, uno dei rari esempi di romanzo a fumetti di grande qualità made in italy (anche se credo originariamente prodotto per il mercato francese).

La storia è quella di un uomo qualunque, un emarginato della società, solitario e bestemmiatore (ma anche capace di grandi slanci di tenerezza) che, un giorno, si risveglia con le stimmate. Da lì i suoi dubbi verso questo "dono" non gradito ma anche il disagio di fronte alla folla di ammalati e curiosi che si presentano alla sua porta e, ovviamente, la diffidenza di chi pensa che sia solo un mitomane e un ciarlatano.
Il segno in bianco e nero di Mattotti è di una bellezza lancinante, capace di una sintesi che con il colore applicato al fumetto Mattotti non sempre trova.

Domani sera alla Cineteca di Bologna (h. 22,00), nell'ambito del festival internazionale di fumetto Bilbolbul, verrà proiettato l'adattamento cinematografico di Stigmate del regista spagnolo Adàn Aliaga

Dal pochissimo che si vede nel trailer sembra interessante per cui, se siete da quelle parti, non perdetevelo (QUI per i dettagli della proiezione).

lunedì 1 marzo 2010

Mainstream d'antàn.

Oggi non la commercializzerebbero mai una merendina alcolica come la Fiesta.
Nessuno degli attori italiani di cassetta (e dei registi) oggi accetterebbe mai di intervenire sul dibattito politico in corso girando un film popolare come Il comune senso del pudore (di cui, purtroppo, seppur bello, il più delle volte si ricorda solamente l'episodio interpretato da Alberto Sordi).
La traduzione di una battuta intraducibile come "Werewolves? There, wolf. There castle." oggi non sarebbe così geniale e, diciamocelo, la vedo abbastanza dura che in edicola oggi spunti fuori qualcosa di amabilmente strambo e genuinamente divertente come Alan Ford.
Perché questo post? Mah…
In ogni caso non prendetela per nostalgia.