Questa cosa di
The Walking Dead, nel tempo, mi ha insegnato un sacco di cose.
Ad esempio è stato molto istruttivo il viaggio negli
States dello scorso anno per partecipare alla
ComiCon di San Diego, il modo più semplice e diretto per toccare con mano come si è trasformata l'industria del fumetto americano in questi anni in cui si sono accorti dell'esistenza del fumetto a Hollywood e a... c'è un equivalente videoludico di Hollywood?
Ovviamente, tornando a
The Walking Dead, una grande lezione (o, meglio, tante piccole lezioni) l'ho avuta dalla messa in onda della serie televisiva tratta dal fumetto creato da
Robert Kirkman.
The Walking Dead prodotto da
AMC è una serie televisiva di grande successo tratta da un fumetto di altrettanto grande successo.
Questa semplice verità è sempre in primo piano in tutta la comunicazione che, negli USA, viene fatta attorno al marchio
TWD, sia che si parli di televisione oppure di videogiochi, di romanzi, di giochi da tavolo e via dicendo: il fumetto è il centro di tutta l'operazione.
Da questo punto di vista di assoluto
comic pride, la serie televisiva ha prima tirato a bordo tutto il pubblico dei lettori del fumetto (che non ha tradito con una produzione furbetta di qualità mediocre come fanno in molti quando ci sono in ballo i fumetti: e quando leggerete il nostro
The Walking Dead Chronicles – già, quando? – capirete meglio di che cosa sto parlando) e poi tutti quelli che in una produzione televisiva cercano intrattenimento, trama, storia, tensione e possibilmente qualcosa che fino a quel momento non hanno ancora visto (tipo gli zombie).
Da lì il circolo virtuoso che, dalla tv, ha rimandato al fumetto, con sempre nuovi lettori – spesso nuovi lettori di fumetto
tout court – che, grazie alla serie tv di
AMC, scoprono la serie pubblicata mensilmente da
Image Comics.
L'equazione è tanto semplice quanto efficace: crescono gli spettatori, crescono i lettori.
Insomma, da un punto di vista di assoluta e orgogliosa onestà (quello che vedrete in tv è tratto da un fumetto, dichiara costantemente la produzione) l'operazione di
TWD si è rivelata un assoluto successo. Per capirlo basta il dato di domenica scorsa, quando negli States è andata in onda l'ottava puntata, ovvero quella della ripresa di stagione:
8 milioni di spettatori che, contando le repliche, sono arrivati a 10 milioni (la seconda stagione aveva debuttato a 7,2 milioni e si era fermata alla settima puntata a 6,6 milioni. In Italia, gli spettatori sono stati 330 mila, ovvero appena 30mila sotto il debutto del 2010 che era stato un vero e proprio record per
Sky).
Non male vero?
La cosa interessante, però, è anche che, subito dopo la puntata di
The Walking Dead, domenica
AMC ha mandato in onda la prima puntata di
Comic Book Men, una nuova serie prodotta da
Kevin Smith che racconta della varia umanità che ruota attorno a un negozio di fumetti. La puntata, grazie anche alla volata tiratagli da
The Walking Dead, ha totalizzato 2 milioni di spettatori.
Il punto è proprio che, pur con tanti problemi, di là dell'Oceano hanno capito non solo che il fumetto può diventare un tassello importante dell'industria dell'intrattenimento ma anche che, se si vuole che quel tassello funzioni (= generi introiti per gli investitori)
1. non deve essere celata la sua natura di fumetto (perché un fumetto che vende è comunque un prodotto editoriale che vende, ovvero qualcosa che porta soldi a librai, edicolanti, distributori, grafici, impaginatori, tipografi, produttori di carta e via dicendo;
2. si deve fare sistema attorno a quel prodotto, magari, come nel caso di
The Walking Dead/Comic Book Men, facendo seguire ad una serie di successo tratta da un fumetto un'altra serie che abbia al suo interno qualcosa di riconducibile al fumetto e che mantenga su quel canale tv i lettori/spettatori interessati all'argomento "fumetto".
La differenza con la realtà italiana salta all'occhio.
Qui da noi, tranne in alcuni casi illuminati di cui spero di potervi parlare presto (stiamo lavorando per voi... e per noi), che un prodotto X sia derivato da un fumetto non è assolutamente un valore aggiunto.
In generale, in una campagna di comunicazione per un prodotto di questo tipo, questa informazione bene che vada viene messa in secondo piano. Più spesso viene omessa proprio.
E non è un caso che proprio qui da noi si sia assistito al maggior grado di abuso del termine
graphic novel, salvo poi scoprire che quel termine disinfettante applicato al fumetto non è servito a vendere una copia in più di quelle pubblicazioni a fumetti che ce lo portavano appiccicato addosso, con ovvio malcontento di tutta la catena editoriale di cui sopra.
Eppure qui da noi, esattamente come negli USA (ma con numeri ovviamente più piccoli), i lettori del fumetto
TWD aumentano man mano che la serie tv prosegue e, man mano che i lettori del fumetto crescono, crescono gli spettatori della serie tv (quelli ufficiali di
Sky e quelli non ufficiali del popolo del
download). Ma, nonostante ciò, far dialogare questi due mondi portandoli a fare sistema pare impossibile, con il risultato che la programmazione tv e la pubblicazione del fumetto vanno ognuno per la propria strada.
Il problema è che, come si diceva nel post precedente a questo, è proprio il concetto di "fare sistema" che in Italia non è mai esistito.
In Italia esistono – e sono fortissime – la cultura che ognuno possa fare tutto per conto proprio e la tendenza monopolistica a considerare chi è più piccolo come un'inutile complicazione.
Non esiste minimamente la consapevolezza del fatto che fare sistema sposta da un sistema additivo a uno moltiplicativo.
Non sempre è così (e non è stato sempre così nel nostro caso, ci tengo a sottolinearlo), ma spesso sì.
E dal discorso generale, ritorno al fumetto.
Il fumetto oggi, in maniera assolutamente naturale, dialoga con il cinema, la televisione, i
videogame (ma anche con l'industria del
merchandising, dei giocattoli e della gadgetistica) e raggiunge una fascia di pubblico/consumatori dall'età molto ampia.
Roba che i reparti
marketing che studiano le possibili collocazioni e declinazioni di prodotto si sognano di notte, soprattutto in questo periodo di vacche più che magre direi tendenti all'anoressico.
Eppure, anche intorno al fumetto, zero sistema e – chiusura dolente – solo il macro esempio di
Repubblica che dopo centinaia di volumi passati al colore di
Tex non riesce ad azzardare niente di più di un'altra badilata di volumi di
Zagor passati al colore.
Esiste qualcosa di peggio di due realtà che non dialogano per fare sistema? Certo: due realtà che dialogano per non farlo.
E' anche vero che per avere tutti i volumi arretrati di walking dead in vendita in fumetteria ci vogliono settimane di attesa, non arrivano mai tutti insieme e per un aserie in stretta continuity è abbastastanza castrante.
RispondiEliminaperchè il lettore occasionale o nuovo ch eentra e chiede il primo volume, se non lo trova è molto probabile che non torni.
C'è sempre la speranza che il lettore occasionale il volume che cerca lo acquisti su IBS, Amazon o BOL, eliminando così alla radice questa assurda faida tra i distributori che fa sì che gli ordini viaggino più lenti di un bradipo con i reumatismi.
RispondiEliminasu amazon mancano 2-3-4-8
RispondiEliminasu bol.it ci sono 4 volumi spediti in 20 giorni lavorativi, che l'unica volta che ho ordinato un libro con la stessa attesa alla fine non me lo spedirono
su ibs tutti disponibili
quindi anche dai giganti non sono tutte rose e fiori.
Non sono mai tutte rose e fiori. Ma almeno, quando si tratta di librerie online, la preclusione ideologica la si può escludere dalla lista delle cause ostative.
RispondiEliminaComunque ci tengo a dirlo: questo pezzo sul "fare sistema" va letto in senso più generale sul fumetto in Italia, non limitandosi quindi a riferirlo a TWD che, alla fine, potrebbe comodamente essere solo un punto di partenza di tutto il ragionamento.
RispondiEliminaIl tuo ragionamento è giusto, ma è anche vero che per fare sistema serve un sistema funzionante… e non è il caso del sistema Italia (in generale) e del sistema fumetto in Italia.
RispondiEliminaSì, chiaro, il post parla proprio di questa incapacitá di fare sistema raccontandolo dal punto di vista di qualcosa che conosco meglio di altro, cioè l'editoria a fumetti.
RispondiEliminaTemo sia dura qui, fare sistema. Parlando di fumetti:
RispondiEliminaper venderli, li han dovuti chiamare "graphic novel". Appena un autore (di fumetti) passa a un altro medium (tipo il cinema) cambia all'istante pure il nome. Se uno sceneggiatore si dà al romanzo evira dal suo curriculum il fumetto. Altri si danno alla satira.
Facciamo il Comic Pride?
Catacchio
Ci sto! Ma Fumettorgoglio mi piace di più.
RispondiEliminadi' la verità, quando l'altra sera hai visto Letterman citare TWD ti sei offeso perché non ha citatao il fumetto ;-)
RispondiEliminasul fare sistema, sai bene che in Italia lo si fa solo contro gli sporchi comunisti cattivi... un veloce riassunto lo vedi anche su http://davidebarzi.blogspot.com/2012/02/ma-tu-nella-vita-esattamente-cosa-fai.html
Letterman ha citato TWD? Non sapevo. Mo' lo cerco sul Tubo.
RispondiEliminaSul fare sistema (meglio, sul NON fare sistema) del fumetto ho sempre più l'impressione che sia qualcosa di molto simile a una profezia che si auto-avvera.
E, nello stesso tempo, non posso fare a meno di pormi la domanda: ma chi è che ci guadagna da questo stato perenne di immobilità di tutto il sistema fumettistico?
Dunque.
RispondiEliminaFinalmente, ieri sera, mentre andava in onda Sanremo, ho letto i volumi 9 e 10, con tutti gli apparati intorno.
Impressionante.
Ed è impressionante anche tutto il fiorire di opere collaterali o di sviluppo che stanno uscendo. Telefilm, romanzi, guide, raccolte di copertine... E' tutto sfruttamento commerciale. Eppure sono tutti spunti plausibili, emozionanti, interessanti. Insomma, al centro ci sono delle idee e le opere relative ne sono il prodotto.
Il centro di tutto questo non è l'Italia.
l'Italia è uno dei tanti mercati dove il fenomeno TWD si può espandere. Già questa è una spiegazione del perché non si riesce a fare sistema su questo.
A ognuno il suo. Anzi, a ognuno i suoi (diritti) e via andare (e guadagnare).
Veramente peccato, perché la forma fumetto di TWD (che è quella originaria) dice delle cose in un modo che le altre non possono dire.
Il telefilm mi ha colpito, lo sai. Ma il fumetto quasi mi sconvolge. Le situazioni immaginarie sono però spaventosamente realistiche se pensassimo a come ci comporteremmo noi in situazioni analoghe. E qui mi viene da pensare alla guerra, che è una situazione simile, dove può agire quell'interruttore di cui si parla a pagina 79 del 10.
In Italia cmq è difficile in generale fare sistema. Ma quando ci si riesce, possono arrivare risultati validi. Almeno questa è la mia esperienza.
Si deve insistere.
Credo che si possa (e si debba) fare sistema anche attorno a qualcosa che originariamente è prodotto altrove (anche perché la maggior parte di quello che pubblichiamo/trasmettiamo/proiettiamo/giochiamo qui da noi – e quindi non limitando il discorso ai fumetti – è prodotto altrove).
RispondiEliminaLo sfruttamento commerciale è di vitale importanza per una qualsiasi attività imprenditoriale (quella editoriale compresa) perché è ciò che consolida ciò che si fa e che permette di fare dei passi successivi.
Sono però d'accordo con te che, da lì, si debba passare a fare sistema attorno a una produzione che sia tale (e, quindi, non più qualcosa prodotto su licenza), fosse solo perché lo sfruttamento commerciale che ne deriverebbe in caso di successo sarebbe certamente maggiore (ma, chiaro, non è solo per quello).
Io credo che la vera "maledizione" in cui siamo più o meno tutti immersi è che oggi sono pochissimi i fumetti che si producono per essere venduti (e quindi letti). È come se il venderli fosse qualcosa di assolutamente secondario; come se, in una lettura banalmente freudiana della cosa, il denaro che se ne potrebbe ricavare fosse equivalesse ad avere a che fare con la merda.
Se vogliamo che l'industria del fumetto sopravviva (non il linguaggio del fumetto: quello gode di ottima salute) dobbiamo quanto prima superare questo ostacolo tutto interno al sistema.
Non ho capito a cosa ti riferisci, in questo tuo ultimo commento. Tipo Steve King che scrive i suoi romanzi solo perché poi verranno acquistati (anzi, sono già prelazionati prima di essere scritti!) dalle major cinematografiche? E quindi sono scritti con la mano sinistra? Una cosa del genere?
RispondiEliminaEsattamente il tuo commento che c'entra con quello di cui si stava parlando?
RispondiElimina"Io credo che la vera "maledizione" in cui siamo più o meno tutti immersi è che oggi sono pochissimi i fumetti che si producono per essere venduti (e quindi letti)."
RispondiEliminaPuò darsi che non abbia capito, infatti. Anzi, sicuramente non capisco. Per questo chiedo lumi.
Cosa ti fa capire che i fumetti non sono fatti per essere letti? Perché di scarsa qualità? Perché si vuol vendere l'oggetto e non il contenuto?
È una sensazione che ho per la maggior parte dei fumetti che mi capitano sotto mano, una cosa che mi sembra trasversale rispetto alle dimensioni della casa editrice che li pubblica e alla qualità oggettiva delle opere pubblicate.
RispondiEliminaSembra che certi libri si pubblichino solo perché è possibile pubblicarli, fregandosene poi se quegli stessi libri sono sempre gli stessi quattro gatti a leggerli (meglio, non domandandosi nemmeno più perché sono sempre gli stessi quattro gatti a leggerli) e se ciò che i libri incassano non copre nemmeno i costi di produzione.
In questo ci vedo tanto di quel "son artista e quindi mi esprimo" però traslato dal lavoro che ha veramente una connotazione artistica (scrivere e disegnare) a quello imprenditoriale. Il lavoro editoriale, insomma, come un'espressione di un qualche talento artistico inespresso che, paradosso nel paradosso, esprimendosi nel pubblicare libri se ne frega della serva e dei suoi conti.
Il risultato è che, mai come oggi, abbiamo avuto tanti libri a fumetti in circolazione e, in parallelo, mai come oggi le vendite dei singoli volumi sono state così basse.
Qualcuno dice che tutto ciò è un problema di proposta eccessiva che il pubblico del fumetto non può assorbire.
Io dico, invece, che il problema è che tutti questi "progetti editoriali", sono semi aridi che, buttati per terra, non producono niente.
Sono libri fatti non per essere venduti (e letti) ma soprattutto per soddisfare l'ego di chi li ha prodotti che nel libro stampato trova il suo piacere (e, quindi, non ha bisogno di nessun pubblico).
Chiaro, questa componente di piacere nel lavoro di un editore non può (e non deve) scomparire perché è sempre il piacere motore che ci spinge a fare le cose. Il problema nasce quando questa componente travalica le altre che compongono il lavoro di un editore.
E secondo me anche tutto questo brulicare di case editrici che non sono case editrici (e quindi aziende) ma associazioni culturali (e quindi promotori di cultura... ma che si muovono come case editrici a tutti gli effetti) è un po' un effetto secondario di tutto ciò.
Il discorso è amplissimo, porterà via un sacco di spazio e tempo. Secondo me il primo passo da compiere per sbrogliare un po' la matassa è capire se viene prima l'uovo o la gallina, cioè se il "pubblicato senza pubblico" è causa o conseguenza. E causa o conseguenza di che cosa? Per rimanere a casa nostra, guardiamo alle varie Lucche. Perché tanta gente che presenta libri che non si copriranno neanche le spese? Sia l'editore (o associazione culturale), sia l'autore sono lì per incontrare la gente, per avere un riconoscimento, per comunicare, insomma. Il prodotto da vendere è una scusa. Ecco perché ho imparato a capire i cosplayer: loro sì che hanno un senso e uno scopo: si fanno vedere, si esibiscono, è un'esigenza primaria dei giovani.
RispondiEliminaPurtroppo molti addetti ai lavori come te tendono ad aggirare uno scoglio, quasi a non voler vedere: nessuno legge più. Potete anche dire finché vi pare che è una "storia vecchia" o una scusa banale, o un modo per scagliare lontana la responsabilità. Ma è vero. Punto. L'industria culturale non può più basarsi sulla carta stampata. Già ti va grassa se un produttore alla ricerca di uno script decente si accorge di Walking Dead. Spero che le vendite del fumetto abbiano beneficiato del telefilm, altrimenti è finita davvero.
RispondiEliminaCommento interessante e condivisibile il tuo, anonimo.
RispondiEliminaNegli ultimi anni avete fatto un passo importante, siete usciti dal solo circuito delle fumetterie per approdare alle librerie "vere". Mi fa piacere, perché potete confrontarvi con il mercato "vero". Il che significa che potreste anche accorgervi che dei vostri libri la gente se ne frega. Ora, se un'azienda lavora in perdita, meglio che chiuda. Ma è davvero questo il vostro scopo? L'utile? O è "comunicare", dire agli sconosciuti "mi chiamo Andrea e faccio l'editore di fumetti", mentre in realtà fai un altro mestiere, e i fumetti li pubblichi la domenica mattina. "lo faccio perché sono ostinato, credo in quello che faccio, in quello che pubblico". Sì? O lo fai per incontrare altre persone che abbiano la tua stessa passione, per farti amici e conoscenze?
RispondiEliminaTu dici: "facciamo sistema, così ne beneficiamo tutti". Dietro questa frase potrebbe essercene nascosta un'altra? Tipo: "Oh, io da solo non ce la faccio. Se qualcuno acquista i diritti del mio fumetto per fare telefilm o per tradurlo all'estero, forse ci salto fuori. Ma così, da solo, no"!
RispondiEliminaMa se un fumetto non cammina con le sue gambe... Ecco che torniamo al discorso che ho fatto all'inizio: certe pubblicazioni sono fatte con il solo scopo di farsi notare da altri media. O diventano fil, telefilm, cartoons, oppure non vale la pena. Ecco perché vengono realizzate su standard "altri".
Il mio discorso però, se rileggi bene il pezzo, dice esattamente il contrario: fare sistema x me significa dire che il fumetto vende perché è fumetto, senza vergognarsi della sua natura. I film (o altro), in un sistema avviato, fanno vendere più fumetti e più fumetti venduti portano più pubblico allo spettacolo.
RispondiEliminaSe ho fatto l'esempio di TWD è solo perché, in questo momento, il fumetto di TWD cammina benissimo con le sue gambe e quindi i vantaggi che deriverebbero al nostro TWD dal fare sistema OGGI sono esattamente gli stessi che avrebbero altri che decidessero di fare sistema con il nostro TWD.
Anonimo, tu dici: "certe pubblicazioni vengono fatte solo x farsi notare da altri media". Io non credo che possa esistere questa volontá a priori. I nostri problemi sono diversi da quegli degli americani che devono scrollarsi di dosso l'eredità ingombrante dei supereroi che, davvero, sono x il grande pubblico yankee il sinonimo di fumetto. Qui da noi anche zagor potrebbe diventare un prodotto altro dal fumetto (scegli tu quale) ma qui da noi, dove è proprio l'idea di fare sistema che fa una fatica boia a nascere, se di zagor si decide di fare altro rispetto al fumetto, ecco che nella comunicazione di quell'altro scompare il fumetto. Che senso ha tutto questo?
RispondiEliminaPer fare sistema, l'editore dovrebbe far uscire i volumi inediti con una certa cadenza, in modo da fidelizzare il pubblico; magari far uscire il "compendio" prima della fine del mondo.
RispondiEliminaPotrebbe chiedere -invece di invocare fantomatiche guerre- al distributore di mandare i volumi prontamente; se fa un espositore, progettarlo in modo che possano entrarci, i suoi volumi, senza doverli accartocciare o piegare.
Sbaglio?
Se fossi onesto, Francesco, sottolineeresti anche come le nostre scelte editoriali hanno fatto sempre guadagnare a te e ai tuoi colleghi dei bei soldi. Se vuoi te le elenco, ma non credo serva.
RispondiEliminaPerò forse in fondo hai ragione: non siamo bravi a gestire gli ortimi obiettivi che raggiungiamo. Non abbiamo abbastanza energie per crescere come struttura e passare a un livello organizzativo superiore. E il risultato è quello che elenchi tu qui sopra. Certo, per ogni cosa che scrivi c'è un perchè ma in fondo tu quel perchè, è chiaro, non vuoi saperlo. Ed è giusto che sia così.
E credo che non valga neppure molto ribadire che il discorso che sto facendo andrebbe inteso in generale perchè i discorsi in generale non piacciono a nessuno. E allora mi domando: ma questa mancanza di sistema la vedo solo io? Sono solo io a pensare che è un problema?
Però, a questo punto, mi piacerebbe anche sapere quali sono le carenze tue e dei tuoi colleghi, qual è la vostra parte di "colpa" nella mancanza di siatema.
Sono sicuro che saprai elencarmi punto per punto anche quelle.
se vogliamo parlare delle mie carenze, e di quelle dei miei colleghi, ne parliamo per ore. Al bar a mantova comics, o su un altro post. Ma non qui, perché qui si parla d'altro.
EliminaI bei soldi che ho visto con la salda, li vedo con tanti altri editori. Solo, mi piacerebbe che le cose migliorassero, e certe storture che, da addetto, segnalo, fossero viste...
Sì certo, ne parliamo al bar (ma anche no) però qui tu sei intervenuto dicendo "ok fare sistema, ma le carenze della tua casa editrice sono questa, questa e quest'altra". Potevamo parlare al bar anche di queste allora, no?
EliminaCome mai questo doppiopesismo?
Se nel bilancio finale (e nel discorso che si sta facendo) contano le carenze della casa editrice (e contano), quelle della rete di vendita (che pure non sono da poco) non contano nulla?
(e, a scanso di equivoci, lo ripeto: le nostre carenze che hai segnalato tu ci sono tutte)
"doppiopesismo"? tu sei editore e lamenti dei problemi, io ti dico che sei anche tu a far parte del problema.
EliminaSe tu intervieni su un mio post e mi dici che, nel contesto, io potrei fare qualcosa per risolverlo, non ti parlo dei problemi che causi tu, no?
IT:
quello che dice mc gin:
- il tema della professionalità nella lunga filiera autore-editore-distributore-punto/rete vendita-lettore
questo è un punto nodale.
In quella lunga filiera il punto finale è il punto vendita. Non nascondiamoci dietro un dito.
Eliminacerto!
Eliminaquindi
E quindi avrebbe senso che, visto che si sta parlando di un problema (l'incapacità di fare sistema in generale e non l'incapacità di fare sistema attorno a TWD: TWD diciamo che è solo una case history che ho usato per chiarire meglio di che cosa stessi parlando), venisse identificato il ruolo della rete di vendita in questo problema.
EliminaSe ti va. Se non ti va, pazienza.
Eliminacmq, una volta tirato fuori il problema, non è certo la discussione che lo risolve. sono processi che vanno al di là delle singole persone o dei singoli soggetti (fumetteria o editore). gli interessi vanno gestiti attraverso forme di rappresentanza. quando questa cosa banale sarà capita, allora forse potrebbe migliorare qualcosa. oltre al discorso sulla professionalità, certamente.
EliminaEcco. il problema generale si è manifestato in questo scambio di battute.
Eliminaovviamente avete ragione entrambi. Ognuno dal proprio punto di vista.
Ma allora, fare sistema che vuol dire? Vuol dire ANCHE (ma non solo ovviamente) cercare di risolvere i problemi quando vengono posti. In vece di continuare a punzechiarvi a vicenda e fare l'offeso, una volta individuato un problema cercate di risolverlo ASSIEME. Fat in modo che non si ripresenti più. Altrimenti questa cosa non si sbloccherà mai.
Diciamo che se il problema consistesse in me e Francesco che ci punzecchiamo qui (ma poi, a Mantova, abbiamo avuto modo di fare 2 chiacchiere di persona), allora avremmo svoltato. ;-)
EliminaIn realtà, per la nostra parte, io (a rappresentanza dei piccoli editori) e Francesco (a rappresentanza della rete di vendita) facciamo molto per rendere più fluida tutta la catena di vendita.
Certo, è un "molto" che va considerato rispetto alle nostre possibilità che sono innegabilmente limitate per tantissimi motivi.
Il difficile, Luca, è fare entrare in questo meccanismo forze di altro tipo, forze maggiori che inneschino (ed alimentino) un cambiamento più grande e, da parte mia (lo ammetto senza nessuna remora), evitare che dopo che ci si è sbattuti per attivare tutto ciò, arrivi il grande editore che, senza essersi minimamente impegnato per "fare sistema", raccolga i frutti della fatica altrui, arrivando a proporsi come alternativa editoriale dalle spalle larghe e quindi più affidabile rispetto al piccolo editore che continua a investire il suo tempo a sfanculare Nirvana e a punzecchiarsi con Francesco.
È un equilibrio delicatissimo che si cerca di mantenere e portare avanti come meglio si può.
riepilogo alcuni ottimi spunti venuti fuori in questa serie di commenti:
RispondiElimina- il tema della lettura e in subordine la lettura dei fumetti: è un calo reale e indipendente dal valore delle opere?
- il tema dell'autorialità fine a sé stessa: l'autore che vuole pubblicare per una propria necessità, indipendentemente da una remunerazione economica, che se c'è bene, ma se non c'è non importa.
- il tema della professionalità nella lunga filiera autore-editore-distributore-punto/rete vendita-lettore
- il caso TWD che infrange una serie di luoghi comuni e solleva il tema del "fare sistema" in Italia.
Grazie della focalizzazione, Michele. Mi sembra che gli argomenti in ballo siano esattamente quelli che hai elencato tu.
RispondiEliminaCome fai a fare sistema se è tutto un fiorire di categorie, l'una contro l'altra armate?
RispondiEliminaCon grossissime difficoltà, credo. E con la speranza che ci si renda conto che, in molti casi (fumetto italiano compreso), è l'unico modo che ci resta per tirarci fuori le gambe.
RispondiEliminail problema è che: i piccoli (in generale) sono troppo, appunto, piccoli per cambiare il mondo, e stupidi per coalizzarsi.
RispondiEliminai grandi non hanno interesse.
Proviamo a riflettere su questa idea: i piccoli, per non essere stupidi, in che cosa potrebbero coalizzarsi?
RispondiElimina