venerdì 12 marzo 2010

Momentaneamente lontano.

Guardami ora, guardami adesso,
appoggiami la mano sul cuore
per sentire se sono ancora lo stesso:
guardami bene,
dimmi se questo è ancora il mio sorriso,
quello che tu conosci a meraviglia,
quello che ti assomiglia...
no, perché io sono lontano,
come se un altro uomo mi parlasse dei figli
mi chiedesse canzoni
di entrare nel tuo letto
lontano
come se fuori piovesse non ci fosse mai il sole
e mi mancasse il cuore di avere un nuovo giorno;
lontano
come se mi sognassi in un tremendo sogno
che non mi sveglio mai
e ricomincia sempre
da dove non ci sei.

Guardami ora, guardami con tenerezza
il tempo non mi passa mai,
è di una smisurata lentezza:
guardami ancora, anche se non ti rispondo,
e se mi cerca qualcuno, digli che lo richiamo,
e che sono momentaneamente andato lontano,
a cercare il mio cane, l'albero dei fagioli
il soldato di stagno, l'uomo del tiro a segno,
lontano,
dove se vinco o perdo ora non ha importanza
perché questo lontano è solo un'altra stanza
lontano
come un pesce in acquario, la fine di un binario
per non sapermi mai in fondo alla paura
in questa notte scura.

Dio com'è difficile
vedermi così lontano lontano lontano,
non riconoscermi più nell'uomo che sognava,
e che teneva tutto il mondo stretto nella sua mano;
lontano come se io non fossi più
quello che io amo
e rivivessi all'infinito un'infinita sera,
così tremendamente lontano.

Guardami ora, guardami adesso,
appoggiami la mano sul cuore,
per sentire se sono ancora lo stesso;
guardami dentro,
perché qui dentro tu sei la sola
che puoi entrare e inventare
l'unica possibile parola
perché io torni da lontano:
come se all'improvviso s'illuminasse il cielo,
riconoscessi il sole, vedessi il mio dolore,
lontano,
piccolo come un punto lo strappo di quel pianto
che ricucì mia madre con un filo d'argento,
lontano,
non sentire più il tempo che non mi passa mai,
non aver più paura,
in questa strada scura.

Dio com'è difficile
vedermi così lontano, lontano, lontano
senza le mie parole
che non vengono più come mi venivano prima;
senza le mie canzoni
che morivo per farle nelle notti di luna;
senza un biglietto da quell'uomo che io sono
e che io amo,
e salutarmi allo specchio quando non bevo
e non fumo,
così tremendamente lontano.


(…e così, alla fine ci rincontriamo caro il mio Professore).

5 commenti:

  1. le parole e leggerezza poi tornano, e con loro tutto quello che sembrava di non riuscire più a dire o a provare... [io me lo ripeto da un pezzo, quanto sia vero ancora non ho avuto modo di appurare]

    RispondiElimina
  2. Quindi bazzica nel campo della teoria anche lei, cara la mia 1/2?

    RispondiElimina
  3. Non si è mai più gli stessi.
    Crescere è accettare che dopo l'estate viene l'autunno. E che - una volta arrivati in fondo - non potremo ripercorrere di nuovo tutte le stagioni.

    RispondiElimina
  4. Più che bazzicare... annaspo... ma son dettagli. Comunque quando sto giù alcune cose di vecchioni (tipo questa) le evito come la morte... fortuna che ci pensi tu a farmici intruppare contro :)

    RispondiElimina
  5. Eppure quell'annaspare mi sembra così famigliare (anche se questo dettaglio di Vecchioni, in effetti, non lo è). Mah…

    RispondiElimina