mercoledì 7 aprile 2010

Adorabili anguille.

Ma quanto mi piacciono gli Eels?
Eoni fa mi imbattei in un loro video (Novocaine for the soul) che proveniva dritto dritto dal loro primo album (Beautiful Freak). Lo trasmetteva a manetta Carlo Massarini quando, in un'Italia assai diversa da questa, tornavi da scuola e, a pranzo, accendendo la tv ci trovavi Massarini che ti parlava di nuove tecnologie.
Bei tempi. Il programma tv era Mediamente (cliccate sul link per vedere chi ci bazzicava dentro e ditemi se oggi, all'ora di pranzo, qualcuno trasmette un'offerta simile).
Il video era questo:



Un po' l'apertura con gracchiare di vinile e batteria sciocca, un po' quegli archi che piombano all'inizio e ti fanno capire subito che si prenderà una strada insolita, un po' la band che vola (e il perfetto momento dello stop) e un po', ovviamente, l'intuizione che l'anima a volte abbia bisogno di un analgesico…beh, gli Eels da quel momento mi si sono ficcati in testa senza più cavarsene.

Pochi mesi dopo, sempre Mediamente, propone il video di Last stop: this town (dal secondo album Electro-shock Blues) in cui il cantante dona la sua faccia a una carota (e in cui, per la prima volta, ho pensato che Mark Everett, il cantante, assomigliasse in modo impressionante al mio amico dell'Isia Daniele Pampanelli, che tra parentesi, gli Eels li amava un sacco).
Questo video:



Non ho problemi ad ammettere che, se non ci fosse stato Novocaine for the soul, questo brano mi sarebbe comodamente scivolato addosso (somiglianza con Pampanelli a parte).
E invece sta dentro un album pieno di bellezza (e tristissimo nei suoi retroscena) che avrei apprezzato solo molti anni dopo (cioè oggi).

Sì, perché a parte Beautiful Freak, io di album degli Eels non ne avevo sentiti altri.
Avevo letto ovunque che Blinking Lights and other revelations era una capolavoro da ascoltare as-so-lu-ta-men-te, che gli Eels per la grafica dei loro album collaboravano più o meno con tutti i fumettisti USA che contano (tipo Seth, Daniel ClowesChester Brown e Adrian Tomine), che il cantante ora si faceva chiamare solo E e che si era fatto crescere una barba imperiale (la mia, in fondo, è un omaggio alla sua anche se credo che ora E la sua se la sia tagliata).
Però non avevo sentito altro degli Eels.
Perché? Credo che fosse una di quelle cose tipo i romanzi di Salinger o i film di Kieslowki: ti dici sempre che prima o poi, nella vita, arriverà quel momento in cui prenderai, ti metterai lì con la pazienza con cui i maschi annaffiano un'ossessione e li leggerai/vedrai tutti.
Non so a voi, ma a me funziona così.

E infatti, complice un lungo articolo di Pulp Libri che, recensendo l'autobiografia di E (Rock, amore, morte, follia e un paio d'altre sciocchezze che i nipotini dovrebbero sapere), elencava (e raccontava) la discografia degli Eels, ho deciso che quel momento era arrivato.
Così il mese scorso, in coincidenza con il mio compleanno, mi sono regalato la discografia degli Eels con cui ora sto martoriando il povero Martino qui in studio (Martino che già teme la metà di Aprile, quando, come già detto un paio di post fa, uscirà il nuovo album dei Gotan Project).

E com'è questa discografia?
Bella, molto bella.
Per adesso ho capito che c'è un primo periodo electro-blues che corrisponde più o meno ai primi tre album, poi un secondo più rock che gira intorno a Soul Jacker (che è un gioiello) e un terzo che più o meno arriva a oggi con End Times e che però non ho ancora affrontato seriamente (per adesso, tra lo studio e gli spostamenti in auto, sto metabolizzando i primi due).

Magari vi dico/scrivo meglio ad ascolto completato.
Per adesso vi rendo partecipi solo di questo pensiero che mi rendo conto che è bizzarro (e in buona parte suggerito dal titolo del loro terzo album, Daises of the galaxy): vorrei vedere un film di fantascienza con la colonna sonora degli Eeels. Fantascienza come quella del fumetto Lupus (e dico Lupus tanto per non intenderci visto che Lupus lo abbiamo letto in tre e, di quei tre, io non l'ho nemmeno finito).

Nel frattempo, se vi va, ascoltatevi la title track dal loro ultimo album.

4 commenti:

  1. Mediamente mi sa che non l'ho guardato, però ricordo di aver visto e ascoltato un sacco di bella musica su D.O.C. all'epoca della scuola. Adesso non saprei, io NON guardo la TV. Bene con gli Eels, approvo :)

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  2. D.O.C. (come appunto Mediamente) credo facessero parte di un progetto di comunicazione televisiva il cui obiettivo era quello di allargare la conoscenza del proprio pubblico (stesso discorso per Mister Fantasy e, in fascia notturna da 4 gatti, Fantasy Party).

    Come in certe trasmissioni radiofoniche, il bello era lasciarsi andare al mare magno di informazioni che ti venivano fornite su cose che per la maggior parte non conoscevi. L'informazione fornita era sicuramente più di quella che potevi (e volevi) gestire ma, sul lungo tempo, io mi rendo conto che quell'offerta ha generato in me una sedimentazione dal punto di vista culturale.

    Credo che se non fosse esistito Mediamente avrei frequentato molto meno (e con molta meno passione) Internet e le tecnologie che ci stanno dietro.

    Il progetto televisivo oggi è molto cambiato, anche in funzione di una netta divisione dei ruoli tra la tv "in chiaro"e quella che trovi sui canali a pagamento.
    Da questo punto di vista, la tv in chiaro sembra aver rinunciato al suo ruolo diciamo "pedagogico" per abbracciare un ruolo commerciale abbastanza basso come qualità.
    Il fatto che le stesse aziende vendano su tutti i canali "in chiaro" la stessa merda (pardon my french) mirata ad abbassare la percezione del mondo da parte di chi la guarda mi pare che la dica lunga sul fatto che, oggi, un programma come Mediamente che insegna a una generazione a usare e a fare domande sulle nuove tecnologie non interessa a nessuno di quelli che i palinsesti li fanno.

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  3. …e aggiungerei che un programma come "TV Talk" (Rai 3, sabato mattina) è uno dei pochi che, analizzando e insegnando ad analizzare la tv, ancora danno un senso al guardarla la tv.

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  4. me lo hanno detto in diversi. grazie cicca per la citazione.
    Pampa

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