lunedì 21 febbraio 2011

Boardwalk Empire.

Dunque, 12 puntate da un'ora l'una.
La serie tv creata per HBO da Terence Winter (quello dei Soprano), prodotta insieme a Martin Scorsese e premiatissima agli ultimi Golden Globe (miglior serie drammatica e miglior attore a Steve Buscemi) ci propongono 12 ore di full immersion nel mondo della malavita di Atlantic City del 1920, quindi in pieno proibizionismo.

Ma stiamo parlando di un telefilm?
Direi di no, perché la costruzione cercata da Scorsese e co. è volutamente spostata verso quella cinematografica, non solo per ciò che riguarda costumi e scenografie (ricchi come pochi altri nel panorama tv) ma proprio per la struttura narrativa che, al singolo episodio, preferisce la continuità della narrazione che, appunto, alla fine costituisce un'unica storia raccontata in 12 ore.

Questo per dire cosa?

Per dire che, tolta la cura scenografica, di Boardwalk Empire resta davvero poco dal punto di vista della narrazione dedicata al piccolo schermo (e anche Steve Buscemi. Ok, è Steve Buscemi ma, francamente, qui non stiamo parlando di una recitazione da spellarsi le mani ad applaudire. Anche perché il solito mediocre doppiaggio italiano cancella il tratto caratteristico della voce di Buscemi).

E che se andiamo a paragonare BWE con altri prodotti cinematografici, 12 ore di film di questo tipo annienterebbero chiunque (proprio perché in una narrazione così lunga non c'è nessuna tensione) e non ci sarebbe nessuna competizione con prodotti simili (penso a Gang of New York, Quei bravi ragazzi o Casinò sulla cui scia narrativa BWE mira ad inserirsi).

Credo che siamo di fronte alla dimostrazione che se prendi dei soldi e li investi in tv la critica grida al capolavoro (perché è questa la cosa che emerge maggiormente con BWE: che HBO ci ha investito dei gran soldi), mentre se gli stessi soldi li investi al cinema è quasi sicuro che il tuo prodotto scompaia.

Tradotto: anche se è vero che, negli ultimi anni, la tv più che il cinema è stato il vero serbatoio di idee (e che BWE è anni luce avanti rispetto a qualsiasi cosa che la tv italiana abbia prodotto negli ultimi 30 anni), quella spinta propulsiva sembra ormai conclusa e oggi, in periodo di crisi economica, quello che interessa di più ai produttori è che la tv, ad un costo minore del cinema, permette di raggiungere un pubblico maggiore e, per la felicità degli sponsor, maggiormente individuabile come target per i messaggi pubblicitari.

ps: qualcuno che ha seguito la serie su Sky ha capito perché, a differenza da quello che mostra il filmato qui sotto, il tanto strombazzato pilot diretto – detto onestamente, con la mano sinistra – da Martin Scorsese, nei titoli di testa della messa in onda italiana aveva accreditato un altro regista?

2 commenti:

  1. io ho visto il primo episodio, coi sottotitoli (impaurito dal doppiaggio italiano più che mai), ma poi non ho proseguito la serie, l'ho trovato un prodotto ben confezionato ma senza appeal. non ha i tempi narrativi del telefilm, e come film è troppo lungo. L'esperimento di portare il cinema sulle serie tv per me è fallimentare

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