lunedì 21 febbraio 2011

Note in margine al giusto costo dei fumetti.

Esiste un giusto costo dei fumetti?
Non lo so e, a dirla tutta, nemmeno mi interessa molto.

So che però esiste un giusto costo della carta (che il mio tipografo mi ricorda ad ogni preventivo, facendomi notare che il costo di quella buona non ha mai smesso di crescere), un giusto costo della rilegatura (che, se ben fatta, garantisce che domani potrai ancora leggere il libro che hai acquistato senza che le pagine ti restino in mano), un giusto costo della stampa (che, oltre a rendere bene l'immagine sulla pagina, tiene conto delle materie prime utilizzate e di dove vanno a finire gli scarti di produzione), un giusto costo dei diritti che si pagano nell'edizione di un libro (che, essendo una percentuale, aumentano con l'aumentare della tiratura) e, soprattutto, un giusto costo del lavoro di chi il libro lo sceglie, lo progetta e lo realizza.

Tutti questi costi, insieme, vanno a formare il giusto costo di un libro a fumetti che quindi, come capirete, è proporzionale al tipo di libro che il lettore tiene in mano.
E che, in sostanza, hanno poco a che fare con il fumetto.

È questa la riflessione che mi è venuta in mente leggendo l'editoriale di Paolo Guiducci sul numero di febbraio di Fumo di China (il 189, che vi linkerei volentieri... se ne trovassi traccia in rete).

L'analisi di Guiducci mi sembra tutta spostata concettualmente sul versante edicola, come se l'edicola dovesse automaticamente essere considerato il contenitore naturale di qualcosa che, come il fumetto, ha da sempre una vocazione popolare, quindi, in sostanza, confondendo il linguaggio-fumetto con il formato editoriale-fumetto.
Come se il fumetto in libreria dovesse essere considerata in fondo un'eccezione e non una regola tra le tante.

Su questo errore concettuale di fondo sono anni che si consuma un dibattito infinito che, con il fenomeno degli allegati a Repubblica e via dicendo, ha raggiunto il suo apice, infilandosi in un angolo da cui ormai non se ne esce più.

L'errore di fondo è che l'edicola ha prodotti editoriali da edicola che, quindi, hanno prezzi da edicola e, soprattutto, caratteristiche editoriali da edicola. Che, a parità di fumetto che c'è sopra stampato (Corto Maltese come Born again), non possono essere le stesse di quelle del volume da libreria.

Per cui, dal mio punto di vista, conta poco il pensiero di Gianni Brunoro citato da Guiducci (dall'articolo: "Il decano dei critici del fumetto, Gianni Brunoro, non ha dubbi: le edizioni economiche lo hanno sempre fatto innamorare. Lo ha dichiarato apertamente da queste colonne: niente estetismi e purismi, viva gli economici. Perlomeno  quando la dignità editoriale è fatta salva. Pur di leggere, avanti tutta."), perché non chiarisce, numeri alla mano, come siano fatte queste edizioni economiche che Brunoro e Guiducci avrebbero in mente.

Se infatti parliamo di prodotti a fumetti con caratteristiche editoriali da libreria e non da edicola (ovvero, la maggior parte dei volumi a fumetti che circolano oggi in Italia), siamo di fronte ad una proposta che, praticamente da sempre, è SOLO in edizione economica.

In libreria – pesco a caso – un tascabile Einaudi di 120 pagine oggi costa 15,50 euro.
E stiamo parlando di un prodotto di piccolo formato (14 x 22 cm), stampato a 1 colore su carta ad alto contenuto di lignina (quindi destinato ad ingiallire e macchiarsi velocemente), rilegato senza cuciture a filo (quindi più soggetto a scollarsi e a perdere pagine una volta che la colla si secca) e che l'unico lusso che si permette è quello di avere la copertina con le bandelle.

Oggi anche un volume come quello di Manuele Fior che ha vinto ad Angouleme (un piacere da guardare e da leggere), ha 144 pagine stampate a colori, un formato un po' più grande del tascabile di cui sopra (ma stampato su carta migliore e rilegato con cucitura a filo: ovvero destinato a durare nel tempo) e costa solo 1 euro e mezzo in più del tascabile di cui sopra.
E quindi, a conti fatti, esiste solo in edizione economica.

Ed è qui l'errore di fondo.
Il fumetto avrà sì caratteristiche popolari abbondantemente espresse da tutto quello che da sempre è acquistabile in edicola, ma è ora di togliersi dalla testa che il fumetto, quando mira a raggiungere il prezzo e la qualità standard del prodotto editoriale da libreria (il libro), debba essere considerato automaticamente costoso.

Perché è anche la reiterazione di questo pensiero (sbagliato, sbagliatissimo) che non ha permesso al mercato del fumetto di crescere, che non ha mai educato i lettori (e i librai) al fatto che, a prescindere da quello che c'è stampato sopra, libri e giornali (o giornalini) sono due cose diverse e che, se è vero che editorialmente esistono ottimi libri e pessimi libri, con buona pace dei decani della critica del fumetto, gli ottimi libri non si fanno gratis e, soprattutto, l'edizione degli stessi è parte integrante del piacere che arriva al lettore.

Tradotto: a fronte di un patto CHIARO tra editore e lettore (io, lettore, ti pago un giusto prezzo per quello che tu, editore, pubblichi e mi vendi e che, fàmo a capisse, è un libro, non è un giornalino e nemmeno una stampa digitale di qualcosa libero da copyright che hai pescato dalla rete), la realtà è che oggi i libri a fumetti, quelli ben fatti, hanno nella maggior parte dei casi un prezzo inferiore a quello che sarebbe giusto che avessero.

Poi, da qui, possiamo anche ragionare se il mercato ha più bisogno di libri fatti meglio ad un prezzo più alto o di più libri fatti peggio ad un prezzo più basso ma, per quello che riguarda me e la mia casa editrice, l'esperienza di dieci anni di lavoro mi ha insegnato che la corsa al ribasso alla lunga non paga e che, come lettore, sceglierò sempre e comunque un libro in cui la qualità dell'edizione non sfiguri accanto a quella della storia in esso contenuta.

10 commenti:

  1. è un ragionamento correttissimo ma fatto da appassionato di fumetti. L'acquirente occasionale invece ragiona in termini di costo/tempo, per cui un libro permette più ore di svago in tempo di lettura rispetto a un fumetto (che però, almeno per me, si presta più spesso a riletture).
    Questo ragionamento lo vedi nelle edizioni pubblicate da libreria: i best seller sono sempre volumi corposi di almeno 300 pagine, che poi se vai a contare il numero per battute per pagina, l'impaginazione ecc.ecc. sono molte ma molte meno. Ma perché il lettore acquisti ci vuole un'opera corposa

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  2. Il mio è un ragionamento editoriale che io, come editore, è giusto che faccia ma che, in parallelo, mi aspetto che chi fa informazione tenga in considerazione, senza che automaticamente ogni dibattito sul pensiero "ma i fumetti in edicola da sempre costano poco e hanno tante pagine" come se ogni cosa fosse uguale all'altra.

    Da lettore, leggo libri a fumetti e non a fumetti ma, quando si parla di libri, non ho mai usato come criterio di scelta "quanto mi durerà questo libro?". Perché per me non avrebbe molto senso.

    Negli esempi che ho citato, il libro di Fior, a parità di numero di pagine, è molto più denso di tanti altri tascabili non a fumetti. però, come dici tu, questo è riscontrabile se sei un lettore informato delle caratteristiche (narrative, grafiche ed editoriali) dell'oggetto che ha in mano.

    E quindi, in ultima analisi, il tutto si riconduce ad un problema di informazione e cultura.

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  3. Ragionamento corretto ma la questione durata di lettura sarebbe da analizzare. E lo dico da autore che spesso ha subito critiche (anche motivate) per questo. Lo faccio sul mio blog…

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  4. Mancava un pezzo nel mio primo commento:

    Il mio è un ragionamento editoriale che io, come editore, è giusto che faccia ma che, in parallelo, mi aspetto che chi fa informazione tenga in considerazione, senza che automaticamente ogni dibattito SI APPIATTISCA sul pensiero "ma i fumetti in edicola da sempre costano poco e hanno tante pagine" come se ogni cosa fosse uguale all'altra.

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  5. Come, alla fine, avete voi stessi estrapolato da questa discussione, il problema è culturale. Ma non è necessariamente legato al solo fumetto.

    È un atteggiamento sbagliato verso quelle forme di comunicazione o industria il cui risultato finale è il prodotto di un grande lavoro nascosto.

    Si pensi alla programmazione, ad esempio. Noi vediamo finestre che si muovono, oggetti 3D e videogiochi con effetti incredibili e spesso non ci rendiamo conto che dietro ci sono migliaia di ore di lavoro (senza contare le ore di studio che sono state necessarie per maturare quelle competenze). E per questa ragione che spesso, quando un committente chiede ad un programmatore un lavoro resta "sconvolto" quando sente il giusto prezzo (spesso tirato al massimo nel tentativo di non spaventarlo troppo) per un applicazione che ai suoi occhi non fa un gran che in rapporto al prezzo che dovrebbe spendere.

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  6. Guiducci parte dal presupposto che l'edicola sia il luogo ideale per il fumetto perché in edicola si vende di tutto, c'è un maggior accesso e quindi maggior visibilità. L'esperienz ci dice che questo non è vero. Il fumetto non è più popolare, chi va in edicola a comperare il gratta e vinci non rimane incuriosito dalle copertine dei fumetti.
    Questo spiega anche l'accanimento sui prezzi: chi pensa che i fumetti siano soggetti alla concorrenza di mercato è rimasto un po' indietro. I prezzi bassi non fanno vendere più fumetti. Il fumetto è un prodotto di nicchia, chi lo vuole lo paga 5 euro come 10 euro, lo vuole e lo compera.

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  7. @ Simone:
    non esiste più il lettore occasionale.

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  8. Aggiungo che l'80% del fatturato l'edicola lo fa con i quotidiani (senza allegati che ormai vengono comodamente venduti a parte anche se non si potrebbe) e la decina di riviste scandalistiche.
    Il resto è lì solo per fare l'interesse economico del distributore, che sceglie cosa mandare all'edicola (praticamente un suo punto vendita) e si fa pagare anticipatamente x quello che manda (non x quello che l'edicolante effettivamente vende).
    In questo stato di cose è facile capire come i fumetti, tolti i soliti 3/4 titoli storici, ormai contino poco o niente.

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  9. ragionamento giustissimo che rispolvera anche una questione quasi "filosofica": quando io spendo 15€ per un'opera, quanto di questa somma pago per l'opera fisica (carta+rilegatura+diritti d'autore ecc.) e quanto per il suo contenuto? Come si stabilisce il prezzo del contenuto?

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  10. Non credo che ci sia una regola matematica per farlo. Alcuni usano la regola del 4 per farlo (se produrre materialmente mi costa 2, allora il libro deve costare 8) ma, la stessa regola, altre volte l'ho vista diventare del 3 o del 5.
    Importante è anche la voce distribuzione (che come costo oscilla tra il 50% e il 60% del prezzo di copertina, in virtù di una percentuale che oscilla tra il 30% e il 40% che li distributore gira come sconto alla libreria)

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