venerdì 4 giugno 2010

I miei capelli.

Nonostante il titolo, questo post non sta qui in riferimento al celebre brano di Niccolò Fabi



ma solo per raccontare che, ultimamente, la situazione dei miei capelli era andata un po' fuori controllo. Anche quella della barba ma, come da aggiornamenti twitter, a quella avevo già posto più o meno rimedio ieri.

Ma che significa fuori controllo?
Significa che l'ultima visita al flemmatico barbiere Mario e alla sua socia sovietica Alex (io: "Alex, ma come mai non sorridi mai?" e lei, guardandomi: "Non vedo niente di piacevole") era stata più o meno a ottobre e, quindi, se a gennaio (ultima documentazione fotografica sul web) ero più o meno così:



da allora, nel giro di qualche mese avevo finito per trasformarmi in una strana e bizzarra creatura tricotica.
Tanto che Zironi, una delle ultime volte che mi incontra, sente il bisogno di raccontarmi a grandi linee la storia di Frate Mitra, che a Napoli Carmine mi viene incontro gridandomi: "Noooo!!!! Lo Zeus di Scontro di Titani!" (quello del '81) e che mia madre, al telefono, mi dice che ha già rinnegato più volte il grado di parentela con il sottoscritto di fronte alle vicine che le chiedevano notizie di quel figlio barbuto che di tanto in tanto le capitava a casa.

Ora, l'obiettivo nemmeno tanto celato – dopo quella di dare simbolicamente una forma fisica al naufragio di cui nei mesi scorsi mi trovavo nel bel mezzo – era quello di fare crescere i capelli in modo tale da potermeli legare, anche se, è inutile dirlo, ogni volta che pensavo a questa cosa, in mente una voce mi sussurrava "Miiimmoooo… Miiimmoooo…".

Mimmo.
Negli anni della mia tarda adolescenza fanese, Mimmo era il mio fornitore ufficiale di software nonchè personaggio di riferimento di tutto il panorama videoludico locale. E su questa fatto non aggiungerò altro (che non vorrei mai che qualche procedimento penale a suo carico fosse ancora in corso).

Però, ai fini del nostro racconto, cari i miei 5 lettori e 1/2, a voi è sufficiente sapere che Mimmo è un signore che amava suonare la chitarra elettrica (una Fender Stratocaster da vecchio rocker nostalgico), chitarra che collegava al suo amplificatore e che, per non rompere le balle alla famiglia, si ascoltava lui da solo in cuffia.
Probabilmente sognando di fuggire via da Fano.
Al tramonto.
A cavallo di un chopper.

Così un giorno arrivo a casa di Mimmo e la moglie mi dice "È di là che suona. Te lo vado a chiamare".
La moglie, una signora simpatica che di Amiga e Dos non ne sapeva un tubo e che quindi si accontentava di capire solo il redditto generato dalla numerose ore serali spese dal marito a copiare vagonate di floppy disk che poi code di adolescenti passavano a ritirare in blocchi di dieci legati da un elastico (i floppy: che nostalgia…), si affaccia alla camera da letto dove, seduto sul letto, Mimmo sta suonando la chitarra in cuffia e, con un accento fanese che qui non tenterò nemmeno di riprodurre, si rivolge a lui così: "Mimmo, c'è Andrea. Mimmo? MIMMO! MIMMOOOOOO!!!!! MA CHE CAZZO SUONI LA CHITARRA CHE NON C'HAI PIÙ I CAPELLI?!".

Il problema infatti è che, in un simbolico ritorno al tempo che fu (inutile nascondersi dietro un dito, no?), io i capelli posso anche farmeli crescere (è automatico: aspetti del tempo e loro crescono) ma, per quanto loro possano crescere, al centro della mia testa non ce ne sono più.
Non ce ne sono più dietro e non ce ne sono più davanti e, mese dopo mese, la striscia ancora fertile che separa queste due zone si fa sempre più sottile, come se le due aree disboscate si volessero riunire in un simbolico abbraccio come nel '90 Berlino ovest con Berlino est.

Insomma, niente più capelli sulla cima della cucuzza. È il marchio dei Manotta, il 50% di corredo genetico portata da mia mamma. Una sorte a cui non si sfugge.
"Sono andati via. E non torneranno mai."



Peggio ancora. Quando a me crescono i capelli, c'è sempre una fase in cui la somiglianza con il Gufo del Devil di Gene Colan si fa imbarazzante:



O, vista anche la mia forma non propriamente snella e le tempie incanutite, quella con la Cariatide del Gruppo TNT:



Cioè, mi spuntano sulle tempie questi strani ciuffi che puntano verso l'alto e che, finché i capelli non sono cresciuti, non c'è un cazzo da fare: loro puntano verso l'alto.
E voi non potete immaginare quanto io li odi.

Così, raggiunta una certa soglia di lunghezza, io comincio a contare i giorni che mi separano dal momento in cui le maledette ciocchi sulle tempie saranno abbastanza lunghe per poterle legare dietro la testa e allora, prova, riprova, riprova ancora ma le maledette non sono mai abbastanza lunghe e se ne stanno giù in un ordine esteticamente per me accettabile solo dopo la doccia.
Ma asciugo i capelli e tac! rieccole lì.

Insomma, passano i giorni e poi ieri, in tv, girando, mi imbatto in quell'italico coacervo di vuota contemporaneità che è Roberto D'Agostino:


Ok, decisione presa.
Oggi pomeriggio, sono già da Mario e Alex.
- Come li vuoi?
- Solo una spuntata, Alex. È che vorrei farmeli crescere.
- L'orecchio lo scopro. (sembra una domanda. Non lo è. E infatti sta già tagliando)
-Ok (la mia risposta che brilla da quanto è superflua)
- Dietro li sfoltisco.
- Ok. Falli anche più corti se credi. Accetto consigli, Alex.
- Meglio.

5 commenti:

  1. 1/2 (autoliberatosi)5 giugno 2010 alle ore 00:12

    se sei fanatico...

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  2. Massimo sostegno! Ho sempre portato i capelli lunghi da metallaro fino all'età di venticinque anni. Poi purtroppo devi fare i conti con i geni ereditari di famiglia e sono cazzi amari.
    In ogni caso alla fine tu non l'hai presa a male! E' la vita! Se si decideranno a puntare sulle cellule staminali sarebbe anche ora...Tutto il resto (fiale ecc...) sono solo un ottimo business e basta.

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  3. Somigli anche un po' a Stanley Kubrick.

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  4. Io dico Orson, col il piglio minaccioso e le mani a pagnottella --->http://distrettocinema.com/media/orson-welles.jpg

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  5. Rotoballe? Reimprigionatela pure.
    Nessuno qui opporrà resistenza.

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