lunedì 29 giugno 2009

Tanto tuonò, che… non piovve.



Come da titolo, tanto tuonò che non piovve.
Che poi, letta così, sembra una cosa negativa, mentre invece, se si parla di un festival di fumetto e illustrazione all'aria aperta, il fatto che le minacce di pioggia dei giorni prima del festival si siano invece trasformate, domenica 28 giugno, in una splendida giornata tiepida e soleggiata, be', direi che è una cosa assolutamente positiva.

Quindi Picnic! Festival seconda edizione sembra proprio che sia andato a segno.
Una giornata di sole, tanta ma tanta gente (a occhio, di passaggio qualcuno più di 2000 e qualcuno meno di 2500. Cioè, sempre a occhio, il doppio della prima edizione) accorsa al parco per ammirare i disegnatori al lavoro (questi più facile da quantificare: 23) e farsi fare da loro un disegno, acquistare, leggere e sentir leggere i libri, disegnare seduti per terra, visitare gli stand degli espositori e le installazioni ma, soprattutto, per godersi una giornata all'aria aperta e partecipare al grande picnic sul prato tutti insieme, pubblico e artisti.

Insomma una grande festa che è stato bello organizzare e a cui è stato ancora più bello partecipare.

E anche quest'anno la sfida era… politica.
L'ho detto e lo ripeto: le persone hanno diritto di riprendere possesso dei propri spazi cittadini, hanno diritto di vivere una bella esperienza tutti insieme e di lasciarsi incuriosire in modo piacevole da quella che, a tutti gli effetti, è cultura.
Nei palazzetti, nelle fiere e sotto i tendoni si finisce per respirare, anno dopo anno, sempre la stessa aria.
Fuori! Andiamo fuori!

E così al Picnic! si gioca, si ride, si disegna e si chiacchiera (anche con gli autori) mentre, gironzolando per il parco o seduti sull'erba, si assiste a uno spettacolo che va in scena per la durata di una giornata, uno spettacolo fatto non solo dagli autori che disegnano e che raccontano ma anche –ingrediente imprescindibile per la riuscita del tutto– dalle persone che sorridono e si divertono insieme.

E, come in ogni picnic che si rispetti, al Picnic! si mangia: quest'anno, rispetto all'anno scorso, grazie all'impegno di Coldiretti e del Gruppo di acquisto collettivo di Reggio Emilia coordinato da Mag6, era possibile completare il proprio picnic portato da casa con alcune prelibatezze, come il vino, il miele o il pane più buono che abbia mai mangiato in vita mia, sfornato dall'intrepida Nicoletta la notte prima e andato letteralmente a ruba (una pagnotta fatta solo con grano duro, segale, farro, orzo e, soprattutto, un miscela di 14 varietà di grani antichi, lasciatevelo dire da uno che il pane lo ama, non è qualcosa che si trova tutti i giorni).
Ma, appunto perché organizzare un festival è anche fare politica, la giornata è stata anche l'occasione per sedersi, mangiare insieme e, facendo ciò, parlare di che cosa significa oggi produrre il cibo, venderlo, acquistarlo e nutrirsene.
Chi produce che parla con chi consuma e spiega i suoi motivi. Chi consuma che chiede, si informa e scopre cose che prima non sapeva. Politica, appunto.

Una delle novità di Picnic! di quest'anno era poi Fuorifoglio, un'iniziativa con un nome volutamente ironico per incuriosire le persone sugli infiniti aspetti di ciò che significa disegnare: certo, si può disegnare su un foglio un'illustrazione o un fumetto (ed è bellissimo), ma si può anche disegnare una t-shirt, dei gioielli, dei quaderni o… dei cuscini (di We love 9 però ne parlerò più approfonditamente poi).

E poi, ovviamente, le star del festival, i disegnatori, quelli che ogni volta sanno incantare tutti con la loro capacità di sintetizzare idee, mondi, emozioni e sentimenti con solo una matita, dei colori e qualche foglio a disposizione.
Le gente adora i disegnatori (va detto: più di quanto adori i libri che ospitano i loro disegni), adora guardarli disegnare e si diverte un mondo prima a sfidarli con richieste assurde e poi a rassicurarli di fronte alle loro timidezze.
Perché i disegnatori sono animali strani: il più delle volte sono timidi, poco abituati a rapportarsi con qualcun altro nel momento del disegno (che, come atto in sè, vorrebbero che restasse un piacere infantile e privato: come fare la cacca) ma poi, superato il primo inevitabile imbarazzo, si nutrono delle energie che danno loro le persone, tirano fuori una voglia di fare che è enorme perché corazzata da tante delusioni e da infiniti momenti in cui credevano di non farcela e da cui, invece, ne sono usciti alla grande.
I disegnatori sono persone fragili eppure fortissime, persone che ci mettono un po' a rendersi conto che confrontarsi con il pubblico, in fondo, che paura volete che faccia a chi è abituato a confrontarsi tutti i giorni con il più spietato dei giudici (cioè, se stesso)?

Insomma, una domenica fatta di un sacco di cose che le persone erano invitate a scoprire ed esplorare, coi propri tempi e i propri modi, magari perdendosene anche qualcuna (che smarrirsi, come dice Taver, è il più bel malanno che possa toccare).
Una domenica dove gli amici arrivano con le loro famiglie da tutta Italia (a qualcuno anche da più in là) come se li avessi invitati a una festa a casa tua (e infatti è una festa).
Una domenica dove qualche tensione si scioglie e qualcun'altra no (ma adesso non c'è tempo che c'è da lavorare: ne riparliamo poi a bocce ferme e conti alla mano).
Una domenica che inizia con il sole che sorge e un sacco di cose che mancano (che un po' è inevitabile ma così… diciamo che se ne faceva anche a meno) e che finisce la sera tutti a tavola a mangiare e chiacchierare finché la stanchezza del giorno non prende il sopravvento.
E allora ci si saluta, si fissa qualche appuntamento per le prossime settimane e poi si va tutti a nanna con la soddisfazione di avere fatto insieme un buon lavoro piaciuto un sacco a tutti.

Direi quindi appuntamento riconfermato per fine giugno 2010, no?

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