lunedì 7 giugno 2010

Il colore magari lo scegli tu.

Cari i miei 5 lettori e 1/2, con questo post volevo condividere con voi un paio di "note a margine" di una delle pubblicità più rappresentative di questo nostro Belpaese che affonda facendo finta di nuotare a farfalla, ovvero sia questa:

Ora, se è vero quello che c'è scritto qui:



allora quella stracazzo di fabbrica mi appartiene come cittadino italiano perché prima i miei genitori e poi io l'abbiamo pagata e ripagata con le nostre tasse e, avendola pagata, ora è mia.

È, dal momento che sono tra i proprietari, propongo di raderla al suolo, bruciarla, pisciare sulle sue ceneri e, magari, dimenticare che sia mai esistita.

Ma perché tutto questo livore, vi chiederete voi?

Dunque, da dove iniziamo?
Ah sì, iniziamo da quello spot là sopra (e sorvolo sul fatto che fa ridere che qualcuno ci dica che  siamo di fronte a qualcosa che nasce: è sempre Fiat, acrostico del quale le prime due lettere stavano appunto per "Fabbrica Italiana").

Che cosa ci racconta?
Ci racconta che chi tiene le redini di quella baracca (che non dimentichiamo che è nostra: l'abbiamo pagata) non ha nessun problema a vedere noi  italiani come bimbini inconsapevoli che, in fondo, di quello che decide lui e la sua cricca non siamo nemmeno poi così interessati.
Anzi, non ce ne deve fregare niente.
E ce lo dice pure

Sai com'è, ci date una tetta, qualcuno che ci smerdi e un letto dove dormire e noi italiani siamo felici così.
Cioè, fino a un certo punto.
Magari qualche domanda la facciamo, alziamo la testa e, sì, "non vogliamo dormire".
Nessun problema: una storia noiosa e melensa basata sul niente, una voce calda e rassicurante e vedrai che ci dimentichiamo tutti di quanti soldi ci ha ciulato quella che è una fabbrica di famiglia finché guadagna e un fabbrica di tutti gli italiani quando c'è da sborsare.
Funziona meglio del latte caldo col miele.

Italiano, non dormi ancora?
Beh, allora ti dico che le nostre cazzo di automobili che costano assolutamente più del poco che valgono, da qui a cinque anni le andremo a vendere anche negli Stati Uniti (che però, come ai tempi degli emigranti con la valigia di cartone, per farti emozionare la chiamiamo Ameeeericaaa).
E questo mi dovrebbe convincere? No, non  mi ha convinto.

Ah no, aspetta, c'è anche la parte in cui si batte cassa: cittadino, tutta questa bella roba che ti sto prospettando e tu non vuoi fare niente? Cazzo, compra almeno una Punto! Una 500!
Sì, lo so anch'io che le auto giapponesi sono migliori delle nostre da qualunque aspetto le guardi e ora ci si sono messi pure gli indiani a farci concorrenza sul prezzo.
Ma tu, cazzo, sei italiano! Compra italiano e non rompere i coglioni!
Che poi, alla fine, mica compri quella ciofeca di Fiat: compri un auto di quel nobile gruppo industriale che ha dentro, che te lo dico a fare?, Ferrari e Maserati.
Vedi un po' te…

Vabbè, la solita merda per il pubblico che guarda ancora la tv, direte voi…

Però qui il ragionamento merita un grado di approfondimento.
Ora io non voglio stare qui a disquisire sul fatto che le auto Fiat non valgano un tubo.
Voglio invece concentrarmi su un'idea di industria nazionale che, oggi, mi manda a diffusione nazionale uno spot per dirmi che sta puntando ancora tutto sull'automobile. Cioè, su quello che d'accordo che è stato il volano industriale del XX secolo ma oggi, davvero, con l'esaurirsi dei combustibili fossili e con l'innalzamento dei costi delle materie prime, non ha più nessun senso di esistere. O almeno non così.
E se il mio Paese accondiscende a una logica suicida come quella di impostare il suo futuro su un'industria che ha come perno l'automobile, questa è una roba da scendere in strada e fare le barricate.

Una rivoluzione industriale c'è stata qualche anno fa ed è quella che è passata per la rivoluzione tecnologica e le sue numerose declinazioni (la comunicazione, l'informazione, l'intrattenimento, il medicale, etc.)
Anni fa noi abbiamo avuto la possibilità di lasciarci alle spalle ruderi del secolo scorso come l'industria dell'automobile (o almeno di ridimensionarne l'impatto sulla nostra economia) e di abbracciare un'industria che poteva essere più alla portata di un Paese come il nostro che non ha le materie prima, che non ha le infrastrutture e che ha invece un forte know how creativo e che, se ci fossimo mossi per tempo e non avessimo fatto morire quel poco che avevamo già creato, aveva pure quello tecnologico (tipo con Olivetti).

Noi quel treno l'abbiamo consapevolmente (e colpevolmente) mancato di brutto e la cosa terribile è che nessuno ha pagato per questo.

Pensate solo a qualcosa di lmitato all'interno dell' "industria tecnologica" come il mondo dei videogames.

Creativita, tecnologia e marketing: quella è un industria che era assolutamente alla nostra portata e che invece nel nostro paese – che pure di quel tipo di tecnologia è consumatore – non esiste.
Qualcuno dei nostri politici si è mai mosso per incentivare corsi di studio che preparassero persone pronte ad operare in questa direzione?
Sono mai stati stanziati fondi (o creato sgravi fiscali) per far nascere software house o aziende mirate a questo tipo di business?

Niente. Nulla.

E perché? Perché la nostra industria riesce a immaginarsi solo in funzione dell'automobile.

E allora è proprio in funzione di questo pensiero unico ed ossessivo noi, come proprietari di quella industria, la dovremmo togliere di torno, eliminare, fosse solo per obbligarci a pensare un futuro industriale diverso.

E poi, cazzo, tornando alla fabbrica Italia: è roba mia, pago pure e tutto quello che posso fare è magari scegliere il colore?
Ma andatevene a vaffanculo!

9 commenti:

  1. Ah, i credits:

    Agenzia: Leo Burnett
    Direzione creativa: Riccardo Robiglio -Paolo Dematteis
    Copywriter: Julie Carpinelli
    Direttore artistico: Marco Ontano
    Casa di produzione: Filmmaster
    Regia: Luca Lucini

    Prego solo che la "voce narrante" non sia di Filippo Timi.

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  2. Sono d'accordo con te per quanto riguarda l'industria automobilistica.
    Per quanto invece riguarda la creatività degli italiani... Lascia stare.
    La creatività degli italiani si riduce a dare la colpa al governo e a chiedere sgravi fiscali. Come fai anche tu in questo post.

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  3. L'avvocato di Timi ha rilasciato un comunicato con cui informa l'universo mondo che la voce è di Ricky Tognazzi che imita il suo assistito.
    Tognazzi, raggiunto sul set di uno spot dove rimpinza un infante di sottaceti, ha rigettato l'accusa - il piccolo ha fatto la stessa cosa con le cipolline, ma questa è un'altra storia -ipotizzando si tratti di Costantino della Gherardesca che imita il compianto Ugo.
    Un freelance ha tentato del sano, pericoloso, spregiudicato giornalismo investigativo ed a chiesto alla signora Fenech se era ancora in contato con il suo ex Montyzemolo e se aveva qualche informazione per il pubblico, ma la bella Ed ha detto soltanto che Monty è in pensione e che anche prima poteva decidere solo il colore dello striscione dell'annuale raduno delle Duna taroccate. Il mistero si infittisce.

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  4. Alt, ferma i cavalli Anonimo (ma ancora gli anonimi vanno in giro?).

    Due punti.

    Il primo in Italia ci sono eccellenti esempi di creatività, sia a livello scolastico sia a livello lavorativo/imprenditoriale.
    Solo un paese cieco e allo sbanndo non li vede e non li valorizza.

    (e qui ci aggiungo anche il pistolotto morale: ma davvero dobbiamo ancora pagarla noi la "creatività" di quel vuoto a perdere di Lapo Elkan?)

    Il secondo: non si tratta di dare la colpa al governo (di turno) quanto di pretendere che i miei e i tuoi soldi pagati con le tasse vengano investiti per creare qualcosa.
    Un governo, nella mia idea, non è la vacca da cui munge chi chiagne meglio ma solo il collettore di soldi che vanno poi ridistribuiti per migliorare la vita dei propri cittadini e, quindi, investiti per creare maggiori introiti.
    Oggi, quello spot mi dice che il mio governo pensa di reinvestire quei soldi nell'automobile e questa, per me, è una stronzata con il fischio.

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  5. Ciliegina sulla abbondante torta di questo post: qualcuno ricorda ai più l'interpretazione che gli americani medi, a suo tempo, avevano affibbiato all'acronimo Fiat? Era "Fix It Again, Tom".
    Un classico.

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  6. Mi piace quando ti infervori così. ^__^
    Più spesso, per Crom.

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  7. Scusa, sono anonimo ma non sto scherzando: Fiat o non Fiat, non sappiamo far altro che lamentarci del governo che non ci dà finanziamenti e sgravi fiscali, siamo cretivi o industriali o insegnanti o che so io. La solfa è sempre identica (provare per credere: quel cretino di Bottero che, davanti a una crisi economica senza precedenti vorrebbe finanziamenti statali per i fumetti! Ti rendi conto? la gente crepa di fame e lui vuole finanziare i fumetti!).
    Tu, che appartieni alla classe dei creativi, chiedi sgravi fiscali per i creativi. Come se io chiedessi sgravi per gli anonimi.

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  8. Scusa, non starai scherazando ma se resti anonimo diventi poco credibile. Cosa c'è di strano a dare sgravi fiscali a qualcosa che si vuole incentivare?

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  9. Che poi il ragionamento di Bottero è ben diverso da come lo riassumi tu. Bottero dice che fa ridere mettere in piedi un "Comics day" senza fondi da parte di chi lo mette in piedi, quando non c'è nessuna volontà da parte del ministero che lo mette in piedi di incentivare quello che vorrebbe promuovere con una giornata ad hoc.
    Fai una giornata ad hoc per il fumetto? Ok, allora è segno che ci tieni.
    E se ci tieni fai in modo che chi i fumetti a cui dici di tenere li produce, continui a poterli produrre.
    Come? Ad esempio renditi conto che aver tagliato le tariffe agevolate per l'editoria è stata una cazzata immane.

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